Concordato in appello: la Cassazione traccia i confini del ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi limiti entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. Questa decisione offre spunti cruciali per comprendere quando un ricorso può essere considerato ammissibile e quali sono, invece, i motivi destinati a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze significative per l’imputato.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da due imputati avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Tale sentenza era il risultato di un accordo sulla pena, raggiunto ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, comunemente noto come ‘patteggiamento in appello’. Gli imputati, non soddisfatti dell’esito, hanno deciso di portare la questione davanti alla Suprema Corte, lamentando vizi relativi al calcolo della pena concordata.
La Decisione della Corte e il Concordato in Appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, adottando una procedura semplificata e non partecipata. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza: il ricorso in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello è un rimedio eccezionale, esperibile solo in casi tassativamente previsti e non per qualsiasi tipo di doglianza.
Le Motivazioni: I Limiti dell’Impugnazione del Concordato in Appello
Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni. I giudici hanno chiarito che l’impugnazione di una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentita esclusivamente per motivi attinenti a:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo;
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero;
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto;
4. L’eventuale natura illegale della pena comminata.
La Corte ha sottolineato come quest’ultima categoria, quella della ‘pena illegale’, non possa essere interpretata estensivamente. Non vi rientrano, infatti, le censure relative a meri errori nel calcolo della pena o aspetti di illogicità nella sua determinazione. Questi vizi, secondo la Suprema Corte, possono al massimo configurare una ‘illegittimità’ del trattamento sanzionatorio, ma non una ‘illegalità’ tale da giustificare l’accesso al giudizio di legittimità. La distinzione è sottile ma fondamentale: una pena è ‘illegale’ quando non è prevista dall’ordinamento per quel tipo di reato o supera i limiti massimi edittali, non quando è semplicemente il frutto di un calcolo ritenuto errato dall’imputato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione in esame conferma che la scelta di aderire a un concordato in appello ha un carattere quasi definitivo. Chi accede a questo rito deve essere consapevole che le possibilità di rimettere in discussione la sentenza sono estremamente ridotte. Le contestazioni devono riguardare vizi genetici dell’accordo o palesi illegalità della pena, non il merito del calcolo sanzionatorio. In caso contrario, il ricorso non solo verrà respinto, ma comporterà anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna al versamento di 3.000 euro.
Quando è possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso è ammesso solo in casi specifici: se ci sono stati vizi nella formazione della volontà di patteggiare, problemi con il consenso del pubblico ministero, se la sentenza del giudice è diversa dall’accordo, o se la pena applicata è intrinsecamente illegale (ad esempio, una pena non prevista dalla legge per quel reato).
Un errore nel calcolo della pena concordata giustifica il ricorso in Cassazione?
No. Secondo la Corte, i semplici errori di calcolo della pena o la sua presunta illogicità non rientrano nella categoria di ‘pena illegale’ e, pertanto, non costituiscono un motivo valido per presentare ricorso in Cassazione.
Cosa succede se il ricorso contro un concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11330 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11330 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a NAPOLI il 11/06/1980 COGNOME NOME nato a NAPOLI il 20/04/1982
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;)
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letti i ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che i ricorsi sono inammissibili perché ritenuto proposti avverso una sentenza pronunciata a norma dell’art. 599 bis c.p.p. fuori dai casi consentiti atteso che secondo quant affermato da questa Corte, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. solo nel caso in cui si deducano motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice o alla eventua natura illegale della pena comminata e che a quest’ultima categoria non possono ricondursi i vizi prospettati dai ricorrenti che riguardano profili attenenti al calcolo della pena, che danno luo al più ad una illegittimità del trattamento concordato o ad aspetti di illogità della pena irro
Ritenuto che la l’inammissibilità del ricorso, va dichiarata con procedura semplificata e non partecipata in base al combinato disposto degli artt. 599 bis e 610, comma 5-bis, seconda parte, cod. proc. pen. e che alla stessa consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende in forza di quanto previsto dall’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q. M .
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento d e spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in data 7 febbraio 2025.