LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un concordato in appello per correggere una pena pecuniaria illegale (inferiore al minimo edittale), ha impugnato la nuova sentenza lamentando la violazione del divieto di reformatio in peius. La Corte ha stabilito che l’accordo sulla pena implica una rinuncia a far valere tale violazione, creando una preclusione processuale che rende il ricorso inammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: l’Accordo sulla Pena Preclude il Ricorso per Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dalla L. n. 103/2017 e disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento che consente alle parti di accordarsi sulla determinazione della pena nel giudizio di secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione successiva a tale accordo, specialmente quando la modifica della pena serve a correggere una sanzione precedentemente inflitta in modo illegale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza di primo grado in cui l’imputato era stato condannato a una pena che includeva una sanzione pecuniaria quantificata in misura inferiore al minimo previsto dalla legge per il reato contestato. In altre parole, si trattava di una “pena illegale”.

L’imputato proponeva appello. Durante il giudizio di secondo grado, la Corte territoriale, rilevata l’illegalità della pena pecuniaria, invitava le parti a trovare un accordo per rideterminarla entro i limiti edittali. Le parti raggiungevano quindi un concordato in appello, accettando una pena pecuniaria più alta di quella originaria ma conforme alla legge, e rinunciando agli altri eventuali motivi di impugnazione.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando la violazione del divieto di reformatio in peius (art. 597, comma 3, c.p.p.), poiché la Corte d’Appello aveva di fatto irrogato una pena pecuniaria più grave di quella stabilita in primo grado.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che la scelta di aderire a un accordo sulla pena nel giudizio di appello comporta una rinuncia implicita a contestare in seguito la pena concordata, anche se questa risulta peggiorativa rispetto a quella del primo grado, specialmente se l’aumento è finalizzato a ricondurre la sanzione nella legalità.

Le Motivazioni della Scelta del concordato in appello

La Corte ha basato la sua decisione su una solida analisi degli effetti processuali del concordato in appello. Le motivazioni possono essere riassunte nei seguenti punti chiave:

1. Natura dell’Accordo e Preclusione Processuale: L’art. 599-bis c.p.p. prevede che, aderendo al concordato, le parti rinuncino agli altri motivi di appello. Questa rinuncia non è un mero atto formale, ma produce un effetto preclusivo. Limita la cognizione del giudice di secondo grado ai soli motivi non rinunciati e, soprattutto, preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni che sono state oggetto dell’accordo o che da esso sono state implicitamente superate.

2. Distinzione tra Pena Illegale e Violazione Processuale: I giudici hanno distinto nettamente tra l’ipotesi di “pena illegale” e la mera violazione di una norma processuale come il divieto di reformatio in peius. Una pena è illegale quando è extra ordinem, cioè al di fuori della cornice edittale prevista dal legislatore (inferiore al minimo o superiore al massimo). Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha agito per correggere proprio una pena illegale. L’accordo delle parti per riportare la sanzione entro i binari della legalità non può essere considerato, di per sé, un vizio impugnabile.

3. Potere Dispositivo delle Parti: Il concordato in appello conferisce alle parti un significativo potere dispositivo. L’imputato, assistito dal suo difensore, ha la facoltà di valutare la convenienza di un accordo che, pur comportando un aumento della pena pecuniaria, potrebbe portare altri vantaggi (come una riduzione della pena detentiva o la certezza della pena). Scegliendo volontariamente di concordare una pena “legale”, sebbene superiore a quella precedente, l’imputato accetta l’esito sanzionatorio e rinuncia a contestarlo.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. La decisione della Cassazione ribadisce che il concordato in appello è un istituto che si fonda sulla volontà delle parti e che tale volontà ha conseguenze processuali definitive. L’imputato che accetta di concordare la pena in appello, specialmente per sanare un’illegalità originaria della sanzione, non può successivamente “pentirsi” e impugnare la sentenza lamentando un peggioramento del trattamento sanzionatorio. Questo principio rafforza la stabilità delle decisioni basate su accordi processuali e chiarisce che la disponibilità dei diritti processuali da parte dell’imputato ha come contropartita l’accettazione irrevocabile dei suoi esiti.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
No, il ricorso è inammissibile per le questioni che sono state oggetto dell’accordo o che sono coperte dalla rinuncia ai motivi di appello. L’adesione al concordato crea una preclusione processuale che impedisce di contestare la pena concordata in un successivo grado di giudizio.

Un aumento della pena pecuniaria in appello viola sempre il divieto di “reformatio in peius”?
Non necessariamente. In questo caso, l’aumento è avvenuto per correggere una pena originaria “illegale” (inferiore al minimo di legge) e sulla base di un accordo volontario tra le parti. La Corte ha stabilito che la scelta di concordare una pena legale, anche se più alta, implica la rinuncia a far valere la violazione di tale divieto.

Cosa si intende per “pena illegale” e perché è rilevante in questa decisione?
Per “pena illegale” si intende una sanzione che, per tipo o quantità, si colloca al di fuori dei limiti minimi e massimi stabiliti dalla legge per un dato reato. È rilevante perché la Corte d’Appello ha agito per correggere questa illegalità. L’accordo delle parti per ristabilire una pena legale è stato considerato un atto dispositivo che prevale sulla possibilità di lamentare un peggioramento della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati