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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2607/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un concordato in appello per rapina aggravata, lamentava la mancata motivazione del giudice sull’assenza di cause di non punibilità. La Suprema Corte ha chiarito che l’adesione al concordato in appello implica una rinuncia ai motivi relativi alla responsabilità penale, creando una preclusione processuale. Di conseguenza, il ricorso in Cassazione è possibile solo per contestare l’illegalità della pena e non per rimettere in discussione la colpevolezza.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: I Limiti del Ricorso in Cassazione

L’istituto del concordato in appello, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, consentendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, quali sono le conseguenze di tale accordo sulla possibilità di impugnare la decisione davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte, la n. 2607/2024, offre chiarimenti cruciali, stabilendo limiti precisi alla successiva facoltà di ricorso.

Il Caso in Esame

Un soggetto, condannato per il reato di rapina aggravata, aveva presentato appello. In quella sede, le parti raggiungevano un accordo sulla pena, formalizzato attraverso il meccanismo del concordato in appello. La Corte d’Appello di Genova, in accoglimento della richiesta congiunta, rideterminava la sanzione.
Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, il giudice d’appello avrebbe omesso di motivare in merito all’insussistenza di eventuali cause di non punibilità, come previsto dall’art. 129 c.p.p., che impone al giudice di pronunciare una sentenza di proscioglimento qualora ne ricorrano i presupposti.

La Decisione della Cassazione sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito delle argomentazioni difensive. La decisione si fonda su un principio consolidato, che vede nel concordato in appello un atto che produce effetti preclusivi significativi.

Secondo gli Ermellini, nel momento in cui l’imputato accetta di concordare la pena, rinuncia implicitamente ai motivi di appello che riguardano l’affermazione della sua responsabilità penale (il cosiddetto an della responsabilità). L’accordo si concentra esclusivamente sulla determinazione della pena (il quantum).

Le Motivazioni: Rinuncia e Preclusione Processuale

La motivazione della Suprema Corte è netta e si basa su una logica procedurale stringente. L’adesione al concordato in appello determina una preclusione processuale. Ciò significa che l’imputato perde la facoltà di contestare successivamente la propria colpevolezza o la correttezza della valutazione dei fatti da parte del primo giudice.

Le doglianze relative alla mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., rientrano proprio tra quei motivi a cui si è rinunciato. Di conseguenza, sollevarle in sede di Cassazione costituisce un tentativo di rimettere in discussione un punto ormai definito e coperto dall’accordo. La Corte ha ribadito, citando un proprio precedente (n. 22002/2019), che l’unica via per un ricorso post-concordato è quella legata all’illegalità della pena. Un ricorso sarebbe ammissibile solo se la pena concordata e applicata fosse, ad esempio, di un genere diverso da quello previsto dalla legge, oppure eccedente i limiti edittali massimi.

Poiché nel caso di specie la contestazione non riguardava l’illegalità della sanzione ma un presunto vizio di motivazione su un aspetto coperto dalla rinuncia, il ricorso è stato giudicato inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma la natura essenzialmente negoziale del concordato in appello e le sue importanti conseguenze strategiche per la difesa. La scelta di percorrere questa strada deve essere ponderata con attenzione, poiché comporta un sacrificio significativo: la rinuncia a contestare nel merito la propria colpevolezza in cambio di una pena certa e potenzialmente più mite. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che, una volta siglato l’accordo, le porte della Cassazione si chiudono per quasi tutte le questioni, ad eccezione dei rari casi di pena illegale. La decisione cristallizza il giudizio di colpevolezza, rendendo vane successive recriminazioni sulla valutazione dei fatti o sulla mancata applicazione di cause di proscioglimento.

Dopo aver fatto un ‘concordato in appello’ posso ancora contestare la mia colpevolezza in Cassazione?
No. Secondo l’ordinanza, l’adesione all’accordo implica la rinuncia ai motivi di appello relativi alla responsabilità penale, creando una preclusione che impedisce di sollevare nuovamente la questione davanti alla Corte di Cassazione.

In quali casi è possibile ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo se si contesta l’illegalità della pena concordata. Ciò avviene, ad esempio, se la sanzione applicata è di un tipo diverso da quello previsto dalla legge o se supera i limiti massimi stabiliti per quel reato.

Il giudice d’appello, nell’accogliere un concordato, è tenuto a motivare sull’assenza di cause di assoluzione?
No, l’ordinanza stabilisce che la rinuncia ai motivi di merito, insita nel concordato, rende inammissibile un ricorso basato sulla presunta omissione di motivazione riguardo alle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., in quanto tale questione è coperta dalla preclusione processuale derivante dall’accordo stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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