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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1698/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato dopo un concordato in appello. L’accordo sulla pena, con rinuncia ad altri motivi, preclude la possibilità di sollevare nuove questioni, anche procedurali, se non dimostrano un’effettiva lesione del diritto di difesa. La presunta notifica tardiva della sentenza non è stata ritenuta un valido motivo di impugnazione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Limiti e Inammissibilità del Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena, rinunciando ad altri motivi di impugnazione. Ma cosa succede se, dopo tale accordo, l’imputato decide comunque di ricorrere in Cassazione lamentando un vizio procedurale? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1698/2024, offre un chiaro orientamento sui limiti di tale facoltà, ribadendo la natura quasi definitiva dell’accordo raggiunto in secondo grado.

I Fatti del Caso

Nel caso specifico, la difesa di un imputato e il Procuratore generale avevano raggiunto un accordo in Corte d’Appello. L’accordo prevedeva l’accoglimento del motivo relativo alla misura della pena, con la conseguente rinuncia a tutti gli altri motivi di censura proposti. Successivamente, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, sollevando un’unica doglianza: l’irregolare e tardiva notifica del deposito della motivazione della sentenza d’appello. Secondo il ricorrente, tale ritardo avrebbe pregiudicato le sue prerogative difensive, impedendogli di nominare un nuovo difensore di fiducia per il giudizio di legittimità.

Il Ricorso in Cassazione dopo il Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno colto l’occasione per riaffermare i principi consolidati che regolano l’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di concordato in appello.

La Rinuncia ai Motivi e l’Effetto Devolutivo

L’elemento centrale dell’istituto è la rinuncia ai motivi di appello non inclusi nell’accordo. Questa rinuncia determina una forte limitazione della cognizione del giudice, secondo il principio dell’effetto devolutivo. Il giudice d’appello, una volta ratificato l’accordo, deve limitare la sua analisi ai soli punti concordati, senza essere tenuto a motivare sulle questioni rinunciate, neanche in relazione a possibili cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. Tale rinuncia crea una preclusione processuale che impedisce di rimettere in discussione l’affermazione di responsabilità.

Le Motivazioni della Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato che il ricorso per cassazione avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in casi eccezionali e specifici. Questi includono vizi relativi alla formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, al consenso del Procuratore generale, o un contenuto della sentenza difforme da quanto pattuito.

Nel caso in esame, la doglianza del ricorrente era di natura puramente procedurale e non rientrava in nessuna di queste ipotesi. I giudici hanno ritenuto la lamentela manifestamente infondata. Hanno applicato un principio di presunzione, affermando che, persistendo il rapporto fiduciario tra l’imputato e il suo difensore, si deve presumere che quest’ultimo abbia informato l’assistito del deposito della sentenza. La stessa proposizione del ricorso, redatto dal medesimo difensore, dimostrava che la scelta era stata condivisa e che non vi era stato alcun vulnus (lesione) concreto alle facoltà difensive dell’imputato. Il presunto vizio di notifica, anche se sussistente, non aveva prodotto alcun pregiudizio effettivo.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ribadisce la serietà e la quasi definitività dell’accordo raggiunto con il concordato in appello. Le parti che scelgono questa via devono essere consapevoli che stanno rinunciando in modo quasi tombale alla possibilità di contestare la sentenza su altri fronti. Il ricorso in Cassazione rimane un’opzione residuale, esperibile solo per vizi genetici dell’accordo o per gravi illegalità della pena inflitta, e non per mere irregolarità procedurali che non abbiano causato un danno concreto ed effettivo al diritto di difesa. Questa decisione consolida la funzione dell’istituto come strumento di efficienza processuale, scoraggiando impugnazioni dilatorie e pretestuose.

Qual è l’effetto principale di un concordato in appello sui motivi di impugnazione?
L’accordo comporta la rinuncia a tutti i motivi di appello che non sono stati accolti. Questo crea una preclusione processuale che limita la cognizione del giudice ai soli punti concordati e impedisce di rimettere in discussione l’affermazione di responsabilità.

Un vizio procedurale, come la notifica tardiva della sentenza, giustifica sempre un ricorso in Cassazione dopo un concordato in appello?
No. Secondo la Corte, un vizio procedurale non è sufficiente se non si traduce in un ‘vulnus’, cioè in una lesione concreta ed effettiva delle facoltà difensive dell’imputato. Se, come nel caso di specie, il rapporto fiduciario con il difensore prosegue e l’impugnazione viene comunque proposta, si presume che non vi sia stato alcun pregiudizio.

In quali casi è ammissibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, quali vizi relativi alla formazione della volontà delle parti di accordarsi, al consenso del Procuratore, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, o qualora la pena inflitta sia illegale (ad esempio, perché superiore ai limiti di legge o di specie diversa da quella prevista).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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