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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza che aveva applicato una pena concordata tra le parti. L’imputato, dopo aver raggiunto un accordo in appello sulla pena (il cosiddetto concordato in appello) e aver rinunciato agli altri motivi di impugnazione, aveva tentato di contestare proprio quella pena dinanzi alla Cassazione. La Corte ha stabilito che non si può impugnare un accordo liberamente sottoscritto, confermando l’inammissibilità del ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: L’Impossibilità di Impugnare la Pena Concordata

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento fondamentale per la definizione concordata del processo nel secondo grado di giudizio. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cardine di questo istituto: l’impossibilità per l’imputato di impugnare una pena che egli stesso ha contribuito a determinare tramite un accordo. Analizziamo la vicenda processuale e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso Processuale

Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva rideterminato la pena nei confronti di un imputato per reati gravi, tra cui tentato omicidio. Questa nuova quantificazione della pena, pari a cinque anni e otto mesi di reclusione, non era stata una decisione unilaterale dei giudici, ma il risultato di un accordo tra l’imputato e la procura, formalizzato ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. Per ottenere tale accordo, l’imputato aveva espressamente rinunciato ai restanti motivi di appello.

Nonostante l’accordo raggiunto, il difensore dell’imputato ha successivamente proposto ricorso per cassazione, contestando proprio le modalità di determinazione della pena e la sussistenza di un’aggravante, ovvero gli stessi punti che erano stati oggetto del patto processuale e della successiva rinuncia.

La Decisione della Corte di Cassazione: il concordato in appello e l’inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure la necessità di un’udienza, con una procedura definita de plano. La decisione si fonda su una logica giuridica stringente e coerente con la natura dell’istituto del concordato in appello.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è chiara: il ricorso è inammissibile per due ragioni concorrenti. In primo luogo, esso verteva su un trattamento sanzionatorio che era stato concordato tra le parti. L’essenza del concordato in appello risiede proprio nella volontà delle parti di accettare una determinata pena in cambio di una definizione più rapida del processo e della rinuncia ad altri motivi di gravame. Contestare successivamente l’esito di questo accordo volontario è una palese contraddizione che l’ordinamento non può ammettere.

In secondo luogo, il ricorso si fondava su motivi che erano stati oggetto di esplicita rinuncia in sede di appello. La rinuncia ai motivi di impugnazione è un atto processuale con effetti definitivi, che preclude la possibilità di riproporre le stesse questioni in una fase successiva del giudizio. Permettere il contrario significherebbe vanificare la funzione stessa dell’accordo e della rinuncia che ne è presupposto.

La Corte ha inoltre specificato che questa procedura di dichiarazione di inammissibilità de plano è prevista dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta Riforma Orlando (legge n. 103/2017), e si applica a tutte le ipotesi di inammissibilità dei ricorsi contro sentenze emesse ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale della procedura penale: pacta sunt servanda. Gli accordi processuali, una volta liberamente sottoscritti, non possono essere messi in discussione unilateralmente. Il concordato in appello è uno strumento deflattivo che offre vantaggi a entrambe le parti, ma richiede coerenza e serietà nell’assunzione degli impegni. Chi sceglie la via dell’accordo sulla pena rinuncia implicitamente ed esplicitamente a contestarne l’esito. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come in questo caso, non è solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro. Questa pronuncia serve da monito sulla serietà degli accordi processuali e sulle conseguenze di un loro utilizzo strumentale e contraddittorio.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza che applica una pena concordata in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è inammissibile se contesta il trattamento sanzionatorio che è stato oggetto di un accordo volontario tra le parti ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.

Cosa comporta la rinuncia ai motivi di appello per ottenere un accordo sulla pena?
La rinuncia ai motivi di appello è un atto formale che preclude la possibilità di riproporre le stesse questioni in un successivo grado di giudizio, come il ricorso per cassazione. L’accordo si basa proprio su questa rinuncia.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile in questi casi?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene determinato dal giudice (nel caso specifico, tremila euro).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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