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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata valutazione di una possibile assoluzione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’adesione al concordato in appello comporta la rinuncia a sollevare questioni relative alla colpevolezza, salvo vizi specifici sull’accordo o sull’illegalità della pena.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Ricorso

L’istituto del concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, rappresenta uno strumento processuale di grande importanza per la definizione dei giudizi penali. Esso consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare, evitando i successivi gradi di giudizio. Tuttavia, quali sono i limiti di questo accordo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 548/2024) fa luce su un punto cruciale: dopo aver accettato il concordato, è ancora possibile contestare la propria colpevolezza? La risposta della Suprema Corte è netta e consolida un orientamento giurisprudenziale ben definito.

Il Caso in Esame

La vicenda trae origine dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. In quella sede, le parti avevano raggiunto un accordo sulla rideterminazione della pena ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo, la difesa ha successivamente presentato ricorso in Cassazione, lamentando un ‘vizio di motivazione’ da parte della Corte d’Appello. Secondo il ricorrente, i giudici avrebbero dovuto, prima di ratificare l’accordo, valutare la possibilità di un proscioglimento immediato per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p. (ad esempio, perché il fatto non costituisce reato).

La questione del concordato in appello e la rinuncia implicita

Il nucleo della questione giuridica risiede nella natura stessa del concordato in appello. Accettando di concordare la pena, l’imputato compie una scelta processuale strategica che implica una rinuncia. La Corte di Cassazione si è trovata a dover ribadire quali motivi di doglianza vengono meno a seguito di tale accordo e quali, invece, possono ancora essere fatti valere davanti al giudice di legittimità.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio consolidato, elaborato sin dai tempi del precedente istituto previsto dall’art. 599, comma 4, c.p.p. (poi abrogato e reintrodotto con la legge n. 103/2017). Secondo la Corte, nel momento in cui il giudice d’appello accoglie la richiesta di pena concordata, non è tenuto a motivare il mancato proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

L’accordo tra le parti sulla pena rappresenta una rinuncia a contestare la colpevolezza e a sollevare motivi relativi alla valutazione delle prove o alla sussistenza del reato. Di conseguenza, le doglianze relative a una mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento diventano inammissibili.

I motivi di ricorso ammissibili

La Corte chiarisce che il ricorso in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello resta possibile, ma solo per motivi specifici, quali:

* Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
* Vizi legati al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
* Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.
* L’illegalità della sanzione inflitta (ad esempio, una pena non rientrante nei limiti edittali o diversa da quella prevista dalla legge).

Tutti gli altri motivi, inclusa la mancata valutazione di un’assoluzione, sono considerati rinunciati con l’accordo stesso.

Le Conclusioni

La decisione in esame rafforza la natura dispositiva e definitoria del concordato in appello. Scegliere questa strada processuale è un atto che preclude la possibilità di rimettere in discussione il merito della vicenda. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che la decisione di accedere al concordato deve essere ponderata attentamente, con la piena consapevolezza che essa chiude la porta a gran parte delle contestazioni future. La sentenza non è più un passo intermedio, ma un punto di arrivo, impugnabile solo per vizi che attengono alla correttezza procedurale dell’accordo o alla legalità della pena, e non più alla questione di fondo della colpevolezza.

Dopo aver accettato un concordato in appello, si può ancora ricorrere in Cassazione lamentando la mancata assoluzione?
No. Secondo l’ordinanza, l’adesione al concordato sulla pena implica la rinuncia a sollevare motivi relativi alla valutazione di un possibile proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., rendendo tali doglianze inammissibili.

Quali sono i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza che applica il concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per questioni specifiche, come vizi nella formazione della volontà di accordo, nel consenso del pubblico ministero, difformità tra l’accordo e la sentenza, o illegalità della pena applicata (es. se è al di fuori dei limiti previsti dalla legge).

Cosa succede se il ricorso in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, poiché si ritiene che il ricorso sia stato presentato senza fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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