LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La ricorrente lamentava la mancata valutazione di cause di non punibilità, ma la Corte ha ribadito che l’accordo preclude la possibilità di sollevare tali questioni. La decisione conferma che, dopo un concordato in appello, i motivi di ricorso sono estremamente limitati e non possono rimettere in discussione la responsabilità penale dell’imputato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: I Limiti al Ricorso in Cassazione

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica per la difesa che, pur comportando dei vantaggi, limita drasticamente le successive possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini entro cui è possibile ricorrere contro una sentenza che recepisce tale accordo, dichiarando inammissibile il tentativo di rimettere in discussione la responsabilità penale.

Il Fatto Processuale

Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Rovigo che aveva affermato la responsabilità penale di un’imputata. In secondo grado, davanti alla Corte di appello di Venezia, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., il cosiddetto concordato in appello. La Corte, accogliendo l’accordo, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, procedendo unicamente a una rideterminazione della pena.

Nonostante l’accordo, la difesa decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e vizi di motivazione. In particolare, si sosteneva che la Corte di appello avesse omesso di valutare la possibile sussistenza di cause di non punibilità, come previsto dall’art. 129 c.p.p., che impongono al giudice di pronunciare l’assoluzione in ogni stato e grado del processo.

Il Ricorso e la Disciplina del Concordato in Appello

Il ricorso si basava sull’idea che il dovere del giudice di verificare l’assenza di cause di proscioglimento prevalesse sull’accordo raggiunto tra le parti. Tuttavia, la giurisprudenza, soprattutto dopo un importante intervento delle Sezioni Unite, ha tracciato un perimetro molto chiaro per l’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di concordato in appello.

La Corte di Cassazione ha infatti richiamato il principio secondo cui la disciplina del ricorso in questi casi è assimilabile a quella, molto restrittiva, prevista per il patteggiamento (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.). L’accordo tra le parti cristallizza il giudizio sulla responsabilità e sulla pena, rinunciando implicitamente a sollevare questioni che non siano strettamente legate alla legalità dell’accordo stesso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e fondata su consolidati principi giurisprudenziali. I giudici hanno chiarito che, una volta raggiunto un concordato in appello, il ricorso in Cassazione è consentito solo per un numero limitatissimo di motivi. Questi includono:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo pattuito.
4. L’applicazione di una pena illegale o diversa per specie da quella prevista dalla legge.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è da considerarsi inammissibile. In particolare, la Corte ha specificato che la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. rientra tra i motivi a cui la parte ha implicitamente rinunciato con la richiesta di concordato. L’accordo sulla pena presuppone, infatti, l’accettazione della responsabilità penale e preclude la possibilità di rimetterla in discussione in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione in esame conferma un punto fondamentale: la scelta del concordato in appello è una decisione processuale che comporta conseguenze definitive. L’imputato che accede a questo rito ottiene una rideterminazione della pena concordata con l’accusa, ma al contempo rinuncia alla possibilità di contestare nel merito la propria colpevolezza davanti alla Corte di Cassazione. È un bilanciamento tra il beneficio di una pena certa e la rinuncia a ulteriori gradi di giudizio sul fatto. Pertanto, la difesa deve valutare con estrema attenzione questa opzione, essendo consapevole che le porte della Cassazione, salvo vizi formali dell’accordo o illegalità della pena, saranno sostanzialmente chiuse.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
Sì, ma solo per motivi molto specifici e limitati, come vizi nella formazione della volontà di accordo, un dissenso illegittimo del pubblico ministero, l’applicazione di una pena illegale o una pronuncia del giudice difforme dall’accordo stesso.

Dopo un concordato in appello, si può contestare in Cassazione la mancata valutazione di una causa di assoluzione (art. 129 c.p.p.)?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale motivo è inammissibile. L’accordo tra le parti implica la rinuncia a contestare la responsabilità penale e, di conseguenza, a sollevare questioni relative a possibili cause di proscioglimento che il giudice non è tenuto a valutare.

Quali sono le conseguenze se il ricorso contro una sentenza da concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, ritenuta equa dal giudice, in favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati