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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato contro una sentenza di concordato in appello. La Corte ha chiarito che l’accordo sulla pena implica la rinuncia a contestare la sua misura e il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., limitando drasticamente i motivi di ricorso ammissibili.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: limiti e inammissibilità del ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente all’imputato e alla Procura Generale di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Questa scelta, tuttavia, comporta importanti conseguenze sulla possibilità di impugnare successivamente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini di tale istituto, chiarendo quali motivi di ricorso siano preclusi a chi sceglie questa via.

I fatti del caso

Nel caso esaminato, un imputato aveva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva ratificato un accordo sulla pena. L’imputato, tramite il suo difensore, lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo a due punti specifici: la misura della pena concordata e il mancato proscioglimento per una delle cause previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La decisione della Corte di Cassazione sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile, senza necessità di formalità. La decisione si fonda su un principio ormai consolidato, definito dalla stessa Corte come ius receptum, ovvero diritto vivente e costantemente applicato. Secondo questo orientamento, l’accordo processuale che sta alla base del concordato in appello ha un effetto devolutivo limitato e preclude la possibilità di sollevare determinate questioni nel successivo giudizio di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che, nel momento in cui l’imputato accetta di concordare la pena, rinuncia implicitamente a tutti i motivi di appello che non sono stati esclusi dall’accordo stesso. La scelta di ‘patteggiare’ in appello è un atto dispositivo che limita la cognizione del giudice di secondo grado e, di conseguenza, preclude l’intero svolgimento processuale successivo su quei punti. In particolare, sono inammissibili le doglianze relative a:

1. Motivi rinunciati: L’accordo sulla pena implica una rinuncia a contestarne la congruità e la misura. Non è possibile, quindi, accordarsi su una pena e poi lamentare in Cassazione che sia eccessiva o mal motivata.
2. Mancata valutazione del proscioglimento ex art. 129 c.p.p.: La giurisprudenza è unanime nel ritenere che l’adesione al concordato comporti la rinuncia a far valere l’esistenza di cause di non punibilità. Il potere dispositivo riconosciuto alle parti prevale, limitando il dovere del giudice di verificare d’ufficio tali condizioni.

Il ricorso per cassazione contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per questioni che non sono oggetto della rinuncia, come quelle relative alla formazione della volontà della parte, al consenso del Procuratore Generale, al contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo o all’eventuale illegalità della pena concordata. Poiché nel caso di specie i motivi del ricorso vertevano proprio su questioni rinunciate, l’impugnazione è stata dichiarata inammissibile.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza la natura negoziale del concordato in appello. Le parti che scelgono questa strada devono essere pienamente consapevoli delle sue implicazioni. L’accordo sulla pena non è solo un modo per ottenere una riduzione della sanzione, ma anche un atto che preclude la possibilità di contestare in futuro la decisione su aspetti che si considerano superati dall’accordo stesso. La decisione della Cassazione serve come monito: la strategia processuale del concordato deve essere valutata attentamente, poiché chiude la porta a gran parte delle successive doglianze, cristallizzando l’esito del giudizio di appello, salvo vizi genetici dell’accordo o palesi illegalità.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi specifici che non riguardano l’oggetto dell’accordo. È possibile contestare, ad esempio, vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo, il mancato consenso del Pubblico Ministero, una decisione del giudice non conforme alla richiesta o l’applicazione di una pena illegale. Non è invece possibile lamentarsi della misura della pena concordata.

Accettando un concordato in appello, si rinuncia alla possibilità di essere prosciolti ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
Sì. Secondo la giurisprudenza consolidata, l’accordo sulla pena implica una rinuncia a far valere eventuali cause di proscioglimento. Il potere delle parti di definire il processo attraverso l’accordo prevale sull’obbligo del giudice di verificare d’ufficio tali condizioni, che si considerano implicitamente rinunciate.

Cosa succede se viene presentato un ricorso inammissibile contro una sentenza di concordato?
Come nel caso di specie, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, poiché si presume che non vi sia assenza di colpa nel proporre un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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