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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado tramite il concordato in appello, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata valutazione di un possibile proscioglimento. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’accordo sulla pena preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni a cui si è implicitamente rinunciato, come la verifica delle condizioni per l’assoluzione.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Limiti e Inammissibilità del Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che permette di definire il giudizio di secondo grado attraverso un accordo tra le parti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito in modo definitivo quali sono i limiti di un successivo ricorso, soprattutto quando si tenta di rimettere in discussione punti sui quali si è implicitamente rinunciato. Questo provvedimento offre spunti fondamentali sulla natura del negozio processuale e sulla sua irrevocabilità.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato condannato in primo grado dal Tribunale per il reato previsto dall’art. 648 del codice penale. In sede di appello, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte d’Appello, prendendo atto del concordato in appello, dichiarava inammissibili i motivi oggetto di rinuncia e, in parziale riforma della prima sentenza, rideterminava la pena riconoscendo una circostanza attenuante.

Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. L’unico motivo addotto era la violazione di legge per omessa verifica, da parte del giudice d’appello, della sussistenza di eventuali cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte e il Principio del Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo ‘proposto con motivo non consentito’. La decisione si fonda su un principio consolidato: la scelta di accedere al concordato in appello comporta una rinuncia a far valere determinate doglianze, che non possono essere riproposte in sede di legittimità.

L’accordo processuale, una volta stipulato liberamente tra le parti e ratificato dal giudice, non può essere modificato unilateralmente. L’unica eccezione a questa regola è l’eventuale illegalità della pena concordata, circostanza che non ricorreva nel caso di specie.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile?

La Corte ha ribadito la propria giurisprudenza costante sul tema. Un ricorso in Cassazione avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è ammissibile solo in casi tassativamente previsti:

1. Vizi nella formazione della volontà: se l’accordo è frutto di errore, violenza o dolo.
2. Vizi relativi al consenso del pubblico ministero.
3. Contenuto della pronuncia difforme dall’accordo tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, sono inammissibili tutte le doglianze relative a:

* Motivi oggetto di rinuncia: l’accordo implica l’abbandono degli altri motivi di appello.
* Mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento (art. 129 c.p.p.): la scelta di concordare la pena preclude la possibilità di lamentare la mancata assoluzione nel merito.
* Vizi nella determinazione della pena: a meno che la sanzione non sia illegale (es. fuori dai limiti edittali o di specie diversa da quella prevista dalla legge).

Nel caso specifico, il ricorrente tentava di far valere proprio una questione – la potenziale causa di proscioglimento – che la sua scelta processuale aveva escluso dal novero delle contestazioni ammissibili. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rafforza la natura negoziale e definitiva del concordato in appello. Chi sceglie questa strada processuale deve essere pienamente consapevole delle sue conseguenze. L’accordo rappresenta un punto di non ritorno che preclude la possibilità di contestare in Cassazione aspetti che non riguardino la legalità della pena o vizi genetici dell’accordo stesso. La decisione del giudice di appello, che si limita a ratificare l’intesa tra le parti, cristallizza la situazione processuale, rendendo vano ogni tentativo di rimettere in discussione il merito della vicenda o le valutazioni che implicitamente si è scelto di non contestare più.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi specifici e limitati. L’impugnazione è ammissibile se riguarda vizi nella formazione della volontà della parte (es. errore o violenza), il consenso del pubblico ministero, un contenuto della sentenza diverso dall’accordo raggiunto, o l’illegalità della pena applicata. Non è possibile per motivi ai quali si è rinunciato.

Dopo un concordato in appello, si può chiedere alla Cassazione di valutare un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata nel provvedimento, la scelta di accedere al concordato in appello implica la rinuncia a sollevare questioni relative alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento. Un ricorso basato su tale motivo è, pertanto, inammissibile.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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