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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver accettato un concordato in appello e rinunciato a tutti i motivi, ha tentato di riproporre le stesse doglianze in sede di legittimità. La Suprema Corte ribadisce che il ricorso avverso la sentenza ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per vizi legati alla formazione della volontà, al consenso del P.M. o a una pronuncia difforme dall’accordo, non per i motivi oggetto di rinuncia.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Limiti all’Impugnazione in Cassazione

Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, a fronte della rinuncia ai motivi di impugnazione. Ma cosa succede se, dopo aver raggiunto tale accordo, l’imputato decide comunque di presentare ricorso in Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce i limiti invalicabili di tale facoltà.

I Fatti di Causa

Nel caso di specie, un imputato, tramite il proprio difensore, aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte di Appello. A fronte di tale accordo, l’imputato rinunciava a tutti i motivi di appello, compreso quello relativo alla restituzione di una somma di denaro. La Corte di Appello, prendendo atto della rinuncia e dell’accordo, applicava la pena concordata.

Contrariamente a quanto pattuito, il difensore proponeva ricorso per cassazione avverso tale sentenza, lamentando la carenza di motivazione su questioni che erano state oggetto dei motivi di appello rinunciati, quali la qualificazione giuridica del reato (rapina aggravata), il riconoscimento della desistenza e la conferma della confisca.

Il Ricorso dopo il Concordato in Appello e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza riguardo alla natura e ai limiti dell’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di concordato in appello.

Il Collegio ha ribadito che la possibilità di ricorrere in Cassazione contro una sentenza di questo tipo è circoscritta a specifiche e tassative ipotesi. Non è possibile, infatti, utilizzare il ricorso di legittimità per rimettere in discussione il merito della vicenda o per sollevare questioni che sono state oggetto di espressa rinuncia per poter accedere al patteggiamento in appello.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è netta e si basa sulla logica stessa dell’istituto del concordato. Accettando l’accordo, l’imputato compie una scelta processuale strategica: baratta la possibilità di un riesame nel merito dei motivi di appello con la certezza di una pena concordata (spesso più favorevole). Ne consegue che le doglianze relative a tali motivi rinunciati non possono essere riproposte in una sede successiva.

La Cassazione chiarisce che il ricorso è ammissibile solo se contesta vizi che attengono alla formazione stessa dell’accordo. In particolare, è possibile impugnare la sentenza per motivi relativi a:

1. Vizi della volontà: se la volontà dell’imputato di accedere al concordato non si è formata liberamente e consapevolmente (ad esempio, per errore, violenza o dolo).
2. Vizi del consenso del Pubblico Ministero: qualora il consenso della pubblica accusa fosse viziato.
3. Contenuto difforme della pronuncia: se la sentenza del giudice si discosta da quanto pattuito nell’accordo tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza, specialmente se riguarda il merito delle questioni a cui si è rinunciato, è da considerarsi inammissibile. Nel caso esaminato, l’imputato tentava proprio di ottenere un riesame nel merito (qualificazione giuridica, desistenza, confisca), argomenti che aveva esplicitamente abbandonato per beneficiare della pena concordata.

Conclusioni

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica: la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione che preclude, di norma, un’ulteriore impugnazione in Cassazione sui motivi rinunciati. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che la valutazione sulla convenienza dell’accordo deve essere ponderata attentamente, essendo consapevoli che, una volta formalizzata la rinuncia, non sarà più possibile tornare sui propri passi e contestare il merito di quelle decisioni. Il ricorso di legittimità resta un presidio fondamentale, ma solo per garantire la correttezza procedurale e la libertà del consenso che portano alla formazione dell’accordo, non per aggirarne gli effetti.

È possibile fare ricorso in Cassazione dopo aver accettato un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi specifici. Il ricorso è ammissibile se contesta vizi relativi alla formazione della volontà dell’imputato di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o se la sentenza del giudice è difforme rispetto a quanto concordato.

Quali motivi di ricorso sono inammissibili dopo un concordato in appello?
Sono inammissibili tutte le doglianze e i motivi che sono stati oggetto di rinuncia per poter accedere al concordato. Non è possibile, ad esempio, contestare la qualificazione giuridica del fatto o la valutazione delle prove se si è rinunciato a tali motivi in appello.

Perché la Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso sui motivi rinunciati?
Perché la rinuncia ai motivi di appello è il presupposto fondamentale per ottenere il concordato sulla pena. Permettere di riproporre in Cassazione le stesse questioni vanificherebbe la natura stessa dell’accordo, che si basa su una scelta consapevole dell’imputato di non proseguire nella discussione di merito in cambio di una pena certa e concordata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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