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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza di “concordato in appello”. La Corte ha ribadito che, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, non è più possibile contestare nel merito la vicenda, come la presenza di aggravanti o la proporzionalità della sanzione. Il ricorso è ammesso solo per vizi relativi alla formazione dell’accordo stesso.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Limiti e Inammissibilità del Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento importante per la definizione accelerata dei processi. Tuttavia, la sua natura di accordo tra le parti impone precisi limiti alla possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce quali motivi di ricorso sono ammessi e quali, invece, sono destinati a essere dichiarati inammissibili.

I fatti del caso

Nel caso di specie, un imputato aveva presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva ratificato un concordato in appello. L’imputato lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che non vi fosse stato approfittamento della persona offesa, che la pena applicata fosse sproporzionata e che mancassero le aggravanti contestate. In sostanza, il ricorso non contestava la validità dell’accordo raggiunto, ma entrava nel merito delle accuse e della valutazione della pena, come se si trattasse di un appello ordinario.

I limiti del ricorso dopo un concordato in appello

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella sua giurisprudenza. Quando si sceglie la via del concordato in appello, si accetta di rinunciare ai motivi di appello in cambio di una determinazione concordata della pena. Questa scelta processuale ha delle conseguenze precise: preclude la possibilità di sollevare, in un successivo ricorso per cassazione, questioni che riguardano il merito della vicenda.

Il ricorso è ammissibile solo se riguarda:

1. Vizi nella formazione della volontà: ad esempio, se il consenso dell’imputato all’accordo è stato estorto con violenza o inganno.
2. Mancato consenso del Procuratore Generale: se l’accordo è stato raggiunto senza il necessario parere favorevole dell’accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia: se la sentenza del giudice si discosta da quanto pattuito nell’accordo.

Qualsiasi altra doglianza, specialmente se relativa a motivi di merito a cui si è rinunciato (come la valutazione delle prove, la qualificazione giuridica del fatto o la sussistenza di aggravanti), è considerata inammissibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché i motivi sollevati dall’imputato rientravano tra quelli rinunciati con l’adesione al concordato in appello. Contestare la proporzionalità della pena, l’assenza delle aggravanti o la dinamica stessa del reato significa rimettere in discussione il cuore dell’accordo, ovvero la valutazione del fatto e la conseguente sanzione, che le parti avevano già accettato come definitiva. Secondo la Corte, sono parimenti inammissibili le censure relative alla mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento immediato (ex art. 129 c.p.p.), poiché anche questa valutazione è assorbita dall’accordo tra le parti.

Le conclusioni

Questa pronuncia conferma che il concordato in appello è un atto processuale che implica una rinuncia consapevole a far valere determinate contestazioni. Chi sceglie questa strada non può poi, in un secondo momento, tentare di riaprire il dibattito sul merito della causa davanti alla Corte di Cassazione. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: sottolinea l’importanza di una valutazione attenta e ponderata da parte dell’imputato e del suo difensore prima di accedere al concordato, poiché le porte per un’ulteriore impugnazione si chiudono quasi del tutto, rimanendo aperte solo per vizi che inficiano la genuinità dell’accordo stesso. La conseguenza dell’inammissibilità, come nel caso di specie, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
Sì, ma solo per motivi specifici che riguardano la formazione dell’accordo, come un vizio nella volontà dell’imputato, il mancato consenso del Procuratore Generale, o una decisione del giudice non conforme a quanto pattuito. Non è possibile contestare il merito della causa.

Si possono contestare nel ricorso le aggravanti o la proporzionalità della pena decisa con il concordato?
No. Secondo la Corte, tali questioni attengono al merito e si considerano rinunciate con l’adesione all’accordo. Di conseguenza, le doglianze relative a questi aspetti sono inammissibili.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di “concordato in appello” viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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