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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza di patteggiamento in secondo grado, noto come ‘concordato in appello’. La decisione chiarisce che tale accordo non può essere impugnato per motivi rinunciati, per la mancata valutazione di cause di proscioglimento o per vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Limiti all’Impugnazione e Inammissibilità del Ricorso

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del processo penale, consentendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 13475/2025) ha ribadito con fermezza i rigidi limiti all’impugnazione di una sentenza che recepisce tale accordo, chiarendo quando il successivo ricorso debba essere considerato inammissibile.

Il Caso in Esame

Nel caso di specie, un imputato aveva proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva applicato la pena concordata tra le parti. L’imputato, condannato per reati legati agli stupefacenti, contestava la sussistenza di uno dei reati ascritti. Il ricorso mirava a rimettere in discussione elementi che, di fatto, erano stati oggetto dell’accordo raggiunto nel precedente grado di giudizio.

La Valutazione sul concordato in appello e i limiti all’impugnazione

Il cuore della questione giuridica non risiede nei fatti del reato, ma nella natura stessa del concordato in appello. Questo istituto processuale si basa sulla rinuncia delle parti a determinati motivi di appello in cambio di una ridefinizione della pena. Accettando l’accordo, l’imputato accetta anche una limitazione del proprio diritto a impugnare ulteriormente la decisione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile senza neppure procedere a un’udienza formale, ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia. I giudici hanno specificato che, una volta perfezionato il concordato in appello, il ricorso per Cassazione è precluso per una serie di motivi specifici. In particolare, non sono ammesse doglianze relative a:

1. Motivi oggetto di rinuncia: Non si può contestare in Cassazione ciò a cui si è volontariamente rinunciato in appello per ottenere l’accordo sulla pena.
2. Mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento: È inammissibile lamentare che il giudice d’appello non abbia valutato la possibile sussistenza di cause di non punibilità (ex art. 129 c.p.p.), poiché l’accordo stesso presuppone una base di colpevolezza.
3. Vizi nella determinazione della pena: Non si possono contestare errori nel calcolo o nella commisurazione della sanzione, a meno che non si tratti di una ‘pena illegale’. Una pena è considerata illegale solo se non rientra nei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato, o se è di una specie diversa da quella stabilita dalla norma.

Nel caso in esame, le contestazioni del ricorrente non rientravano in nessuna delle eccezioni ammesse, configurandosi come un tentativo di rimettere in discussione il merito della vicenda, superato dall’accordo processuale.

Le Conclusioni della Corte

La decisione della Corte di Cassazione riafferma la natura quasi ‘tombale’ del concordato in appello. Scegliere questa strada processuale comporta una ponderazione attenta dei costi e dei benefici. Se da un lato permette di ottenere una pena potenzialmente più mite e di definire rapidamente il processo, dall’altro chiude quasi ogni porta a un successivo ricorso. L’ordinanza sottolinea che l’istituto funziona come un patto processuale: una volta siglato, le parti non possono unilateralmente rimetterlo in discussione, se non per vizi di eccezionale gravità, come l’applicazione di una pena contra legem. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese e a una sanzione di 4.000 euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza che applica un ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso non è ammissibile se riguarda questioni a cui si è rinunciato con l’accordo, la mancata valutazione di cause di proscioglimento, o vizi nella determinazione della pena, a meno che la sanzione applicata sia ‘illegale’ (cioè diversa per specie o quantità da quella prevista dalla legge).

Quali sono i motivi per cui un ricorso contro un ‘concordato in appello’ viene dichiarato inammissibile?
Secondo la sentenza, il ricorso è inammissibile se le doglianze riguardano: 1) motivi che sono stati oggetto di rinuncia per raggiungere l’accordo; 2) la mancata valutazione da parte del giudice d’appello delle condizioni per un proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p.; 3) vizi relativi alla determinazione della pena che non si traducano in una palese illegalità della sanzione.

Cosa succede se il ricorso contro la sentenza di concordato viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito nel provvedimento, la dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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