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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello. La Corte ha ribadito che, una volta raggiunto l’accordo, non è possibile impugnare la sentenza per motivi relativi alla congruità della pena, a meno che questa non sia illegale. Il ricorso è ammesso solo per vizi nella formazione della volontà di accordo o per una pronuncia del giudice difforme da quanto pattuito.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Fissa i Paletti per il Ricorso

L’istituto del concordato in appello, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017, rappresenta uno strumento fondamentale di economia processuale, permettendo alle parti di accordarsi sull’esito del giudizio di secondo grado. Tuttavia, quali sono i limiti per impugnare in Cassazione una sentenza che recepisce tale accordo? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce i confini dell’ammissibilità del ricorso, specialmente quando le critiche riguardano la pena concordata.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello. In secondo grado, le parti avevano raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. In virtù di questo patto, l’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello che contestavano la sua responsabilità penale, concentrando l’accordo sulla determinazione della pena.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha successivamente proposto ricorso per Cassazione, lamentando l’incongruità del percorso motivazionale seguito dalla Corte di Appello nella qualificazione del trattamento sanzionatorio applicato.

Il concordato in appello e la sua stabilità

L’ordinanza in esame si sofferma sul principio cardine che governa l’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di concordato in appello. La Corte di Cassazione, richiamando la sua giurisprudenza consolidata, sottolinea come la natura stessa dell’accordo tra le parti limiti drasticamente le successive possibilità di contestazione. L’imputato, accettando il concordato, rinuncia volontariamente a far valere determinate censure in cambio di una definizione più rapida e potenzialmente più favorevole del processo.

Questa rinuncia comporta che non possano essere riproposte in sede di legittimità questioni che sono state oggetto dell’accordo, come quelle relative alla valutazione delle prove o alla ricostruzione dei fatti. La logica del sistema è quella di garantire stabilità e certezza alle decisioni che scaturiscono da un patto processuale liberamente sottoscritto.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata (de plano), senza necessità di udienza. La motivazione si fonda su un principio ormai pacifico: il ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in casi eccezionali e ben definiti. In particolare, è possibile contestare:

1. Vizi nella formazione della volontà: Se la parte dimostra che il suo consenso all’accordo è stato viziato (ad esempio per errore, violenza o dolo).
2. Difformità della pronuncia: Se la sentenza del giudice si discosta da quanto concordato tra le parti.
3. Illegalità della pena: Se la pena applicata, sebbene concordata, è illegale, ovvero esce dai limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato o è di una specie diversa da quella prevista.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è inammissibile. La Corte ha specificato che non è possibile lamentare la mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) né, come nel caso di specie, contestare l’adeguatezza o la congruità della pena concordata. La scelta di accedere al concordato implica l’accettazione del trattamento sanzionatorio pattuito, che non può essere rimesso in discussione in Cassazione sulla base di una mera valutazione di opportunità.

Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione rafforza la natura dispositiva e la stabilità del concordato in appello. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la scelta di percorrere questa strada deve essere attentamente ponderata, poiché preclude quasi ogni successiva possibilità di impugnazione nel merito. L’imputato che accetta un accordo sulla pena deve essere consapevole che tale accordo, una volta ratificato dal giudice, diventa sostanzialmente definitivo, a meno che non sussistano gravi vizi procedurali o un’evidente illegalità della sanzione. La sentenza ribadisce l’importanza di un consenso informato e consapevole come presupposto per la validità e l’efficacia di questi istituti di giustizia negoziata.

Cos’è un ‘concordato in appello’?
È un accordo tra l’imputato e il pubblico ministero, raggiunto durante il processo di appello, con cui le parti concordano sull’accoglimento di alcuni motivi di impugnazione, solitamente relativi alla pena, rinunciando agli altri. Il giudice, se ritiene l’accordo corretto, lo ratifica con una sentenza.

È sempre possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa dopo un concordato in appello?
No. Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici: vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, un consenso non valido del pubblico ministero, o una decisione del giudice diversa da quanto concordato. Non è possibile ricorrere per motivi a cui si è rinunciato o per contestare la congruità della pena pattuita, a meno che non sia illegale.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Come nel caso di specie, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso senza discutere il merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione non consentita dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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