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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata contro una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello. La Corte ha ribadito che i motivi di ricorso sono limitati (numerus clausus) e non includono censure sulla determinazione della pena, a meno che questa non si traduca in una ‘pena illegale’, cioè una sanzione di specie diversa da quella prevista o quantificata al di fuori dei limiti edittali.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Fissa i Paletti per il Ricorso

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare nella fase di secondo grado. Ma cosa succede se una delle parti, dopo aver raggiunto l’accordo, decide di impugnare la sentenza che lo ha recepito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti, molto stretti, di questa possibilità, distinguendo tra un semplice errore nel calcolo della pena e una vera e propria ‘pena illegale’.

I Fatti del Caso

Nel caso in esame, la Corte d’Appello di Bologna aveva rideterminato la pena nei confronti di un’imputata, accogliendo la richiesta di concordato in appello formulata dalle parti. Nonostante l’accordo, la difesa dell’imputata proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una serie di vizi, tra cui un’errata qualificazione giuridica del fatto e un illegittimo doppio aumento di pena per delle circostanze aggravanti. In sostanza, si contestava il percorso logico-giuridico seguito per arrivare alla quantificazione della pena concordata.

I Motivi del Ricorso e i Limiti del Concordato in Appello

La difesa sosteneva che la pena, così come calcolata e poi concordata, violasse diverse norme del codice penale e di procedura penale. Il fulcro del ricorso si basava sull’idea che il giudice d’appello, nel ratificare l’accordo, avesse avallato un calcolo errato, dando vita a una sanzione ingiusta. Tuttavia, l’essenza stessa del concordato in appello implica una rinuncia a contestare certi aspetti della sentenza, in cambio di una pena più mite.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: l’impugnazione di una sentenza che recepisce un concordato in appello è possibile solo per un numero chiuso e limitato di motivi (numerus clausus).

Le Motivazioni: la Distinzione tra Pena Errata e Pena Illegale

La Corte ha spiegato che il ricorso è ammissibile solo se riguarda:
1. La formazione della volontà della parte di aderire all’accordo.
2. Il consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto.

Al di fuori di queste ipotesi, le doglianze sono inammissibili. In particolare, non è possibile contestare la determinazione della pena concordata, a meno che non si configuri una ‘pena illegale’.

La Nozione di ‘Pena Illegale’

Qui risiede il punto cruciale della decisione. La Cassazione, richiamando precedenti pronunce, ha chiarito che una pena è ‘illegale’ solo in due casi:
– Quando è di specie diversa da quella prevista dalla legge per quel reato (es. una pena detentiva al posto di una pecuniaria).
– Quando è quantificata in misura inferiore o superiore ai limiti edittali fissati dalla norma.

Un percorso argomentativo viziato, come un erroneo aumento per una circostanza aggravante che parte però da una pena base corretta e rimane all’interno della cornice edittale, non rende la pena ‘illegale’. Si tratta di un semplice errore di calcolo che, aderendo al concordato, la parte ha accettato e a cui ha rinunciato a dolersi.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida l’orientamento secondo cui la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione che cristallizza la pena e preclude future contestazioni sul metodo di calcolo. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che la valutazione sulla congruità della pena deve essere fatta con estrema attenzione prima di firmare l’accordo, poiché gli spazi per un ripensamento in Cassazione sono quasi inesistenti. La porta del ricorso si apre solo in presenza di vizi genetici dell’accordo o di una sanzione palesemente contra legem, ma non per riesaminare la correttezza del calcolo che ha portato alla pena concordata.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza che accoglie un concordato in appello?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per un numero chiuso di motivi, come vizi nella formazione della volontà di aderire all’accordo, nel consenso del PM, o se la sentenza è difforme dall’accordo. Non si possono sollevare censure relative a motivi rinunciati o alla determinazione della pena.

Cosa si intende per ‘pena illegale’ che giustifica un ricorso in Cassazione in questi casi?
Per ‘pena illegale’ si intende una sanzione che non è conforme alla legge o perché è di una specie diversa da quella prevista dalla norma (es. una pena detentiva invece di una pecuniaria) o perché la sua quantità è stata fissata al di fuori dei limiti minimi e massimi stabiliti dalla legge per quel reato.

Un errore nel calcolo della pena, come un aumento ritenuto ingiusto per un’aggravante, rende la pena ‘illegale’?
No. Secondo la Corte, un percorso argomentativo viziato nel calcolo della pena (come un aumento errato per un’aggravante) non configura un’ipotesi di ‘pena illegale’, a condizione che la sanzione finale resti del tipo previsto dalla legge e all’interno dei limiti edittali. Con l’accordo, la parte accetta quel calcolo e rinuncia a contestarlo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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