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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza Num. 27034 del 2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di concordato in appello. La difesa lamentava la mancanza di motivazione sulla responsabilità penale, ma la Corte ha ribadito che, accettando il patteggiamento, l’imputato rinuncia implicitamente a contestare tali aspetti, rendendo il ricorso non deducibile.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Conferma l’Inammissibilità del Ricorso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione avverso una sentenza che applica un concordato in appello. Questa procedura, nota anche come patteggiamento in appello, permette alle parti di accordarsi sulla pena, ma comporta importanti rinunce. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: chi accetta il concordato non può poi lamentare, nel successivo ricorso per cassazione, una carenza di motivazione su aspetti ai quali ha implicitamente rinunciato, come la valutazione della propria responsabilità penale.

I Fatti del Caso: Dall’Accordo al Ricorso

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Torino. In quella sede, l’imputato e la procura avevano raggiunto un accordo, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, per l’applicazione di una pena di un anno e sette mesi di reclusione per il reato di tentata rapina aggravata. La Corte di Appello, verificata la correttezza dell’accordo, lo aveva recepito con una sentenza.

Tuttavia, il difensore dell’imputato ha deciso di proporre ricorso per cassazione contro tale decisione. La doglianza principale era incentrata sulla presunta violazione di legge, in particolare per mancanza di motivazione in relazione alla valutazione sulla sussistenza di eventuali cause di assoluzione.

La Questione Giuridica sul concordato in appello

Il punto centrale del ricorso era se un imputato, dopo aver accettato un concordato in appello e quindi aver concordato la pena, potesse ancora contestare davanti alla Cassazione la mancata valutazione da parte del giudice d’appello dei presupposti per un’assoluzione. In sostanza, la difesa sosteneva che il giudice del concordato avrebbe dovuto comunque motivare l’assenza di cause di proscioglimento prima di ratificare l’accordo sulla pena.

La Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha invece ritenuto che tale motivo di ricorso fosse inammissibile, proprio perché la richiesta di concordato implica una rinuncia a contestare la responsabilità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto la tesi della Procura, dichiarando il ricorso inammissibile con una procedura snella, cosiddetta de plano, senza udienza pubblica. La motivazione della decisione è netta e si allinea a un orientamento giurisprudenziale consolidato.

I giudici hanno affermato che il ricorso per cassazione avverso una sentenza di concordato in appello è inammissibile quando le doglianze si riferiscono a motivi che sono stati oggetto di rinuncia. Nel momento in cui l’imputato chiede di applicare questa procedura, rinuncia implicitamente a contestare la sussistenza del reato e la sua commissione. Pertanto, lamentare successivamente la mancanza di motivazione sull’affermazione di responsabilità è una contraddizione logica e giuridica.

La Corte ha richiamato una sua precedente pronuncia (Ordinanza n. 30990 del 2018) per sottolineare che l’accordo sulla pena presuppone l’accettazione del merito dell’accusa. Di conseguenza, i motivi di ricorso che mettono in discussione tale merito non possono essere proposti.

Le conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame ha importanti implicazioni pratiche. Anzitutto, conferma che la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica che preclude quasi ogni possibilità di un successivo ricorso per cassazione sul merito della vicenda. I motivi di ricorso ammissibili sono estremamente limitati e non possono riguardare la valutazione della colpevolezza.

In secondo luogo, la decisione comporta conseguenze economiche per il ricorrente. Essendo il ricorso stato dichiarato inammissibile per colpa, l’imputato è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questo serve da monito contro la presentazione di ricorsi palesemente infondati, che hanno il solo effetto di appesantire il sistema giudiziario.

È possibile impugnare una sentenza di concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici che non riguardino gli aspetti a cui le parti hanno rinunciato con l’accordo, come la sussistenza del reato o la responsabilità dell’imputato. Non si può, ad esempio, contestare la valutazione della colpevolezza.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la difesa lamentava la mancanza di motivazione sulla sussistenza di cause di assoluzione. Tuttavia, richiedendo e ottenendo il concordato in appello, l’imputato aveva implicitamente rinunciato a contestare la propria responsabilità, rendendo il motivo di ricorso non deducibile.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un’impugnazione infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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