LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado per furto aggravato tramite la procedura di concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.), ha tentato di impugnare la decisione in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’accordo liberamente stipulato tra le parti ha natura di negozio processuale vincolante. Pertanto, non può essere unilateralmente messo in discussione, salvo il raro caso di pena illegale, poiché l’accordo stesso implica la rinuncia a ulteriori motivi di impugnazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: l’Accordo che ‘Blocca’ il Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che permette alle parti di accordarsi sull’accoglimento di alcuni motivi di appello, rinunciando agli altri. Spesso, questo accordo comporta una rideterminazione della pena. Ma cosa succede se, dopo aver raggiunto tale intesa, l’imputato decide di contestare ugualmente la sentenza davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce la natura vincolante di questo istituto e i limiti alla sua impugnabilità.

I Fatti del Caso: dall’Accordo al Ricorso

Nel caso di specie, un imputato, condannato per furto aggravato in abitazione, aveva proposto appello. In sede di secondo grado, la sua difesa e la Procura Generale avevano raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. La Corte di Appello, recependo l’intesa, aveva confermato la condanna ma aveva ‘rimodulato’ la pena secondo quanto concordato tra le parti.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione avverso tale sentenza, contestando proprio il trattamento sanzionatorio che era stato oggetto del patto processuale.

La Decisione della Cassazione e la Natura del concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato, già espresso in passato anche dalle Sezioni Unite: il concordato in appello è un vero e proprio negozio giuridico processuale.

Questo significa che l’accordo tra accusa e difesa non è una semplice richiesta al giudice, ma un atto di volontà che, una volta ratificato dalla Corte d’Appello, assume un carattere vincolante per le parti che lo hanno stipulato. Come un contratto, non può essere annullato o modificato per il semplice ripensamento di una delle parti.

L’Implica Rinuncia a Ulteriori Impugnazioni

La stipulazione di un accordo sulla pena e sui motivi di appello contiene in sé una rinuncia implicita a contestare i punti che sono stati oggetto dell’accordo stesso. Proporre un ricorso in Cassazione per rimettere in discussione la misura della pena concordata si traduce, secondo la Corte, in un tentativo di modificare unilateralmente un patto liberamente sottoscritto.

L’unica eccezione a questa regola ferrea riguarda l’ipotesi di ‘illegalità’ della pena concordata, ad esempio se la sanzione pattuita fosse inferiore ai minimi di legge o di una specie non prevista dall’ordinamento. In assenza di tali vizi, la porta della Cassazione rimane chiusa.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte sono chiare e si basano sulla necessità di dare stabilità e serietà agli accordi processuali. Permettere all’imputato di impugnare una pena che lui stesso ha contribuito a determinare svuoterebbe di significato l’istituto del concordato, concepito per velocizzare i processi e definire le controversie in modo consensuale. La Corte sottolinea che la richiesta di applicazione della pena e il consenso prestato sono ‘espressioni della volontà delle parti di esercitare il potere dispositivo riconosciuto loro dalla legge’. Una volta che il giudice ratifica questo accordo, confermandone la conformità ai canoni legali, l’intesa diventa intangibile per iniziativa unilaterale di chi vi ha aderito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale della procedura penale: pacta sunt servanda (i patti devono essere rispettati), anche nel contesto processuale. Per gli avvocati e i loro assistiti, questo significa che la decisione di accedere a un concordato in appello deve essere attentamente ponderata. Se da un lato può portare a un beneficio immediato, come una riduzione della pena, dall’altro comporta la rinuncia definitiva a far valere ulteriori doglianze in Cassazione sui punti concordati. La scelta di questo strumento processuale segna, di fatto, la conclusione irrevocabile della vicenda processuale per quanto riguarda l’accordo raggiunto.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza che applica un ‘concordato in appello’?
No, di regola il ricorso è inammissibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’accordo processuale liberamente stipulato tra le parti e ratificato dal giudice non può essere modificato unilateralmente, in quanto implica una rinuncia a far valere altri motivi di impugnazione.

Cosa si intende quando si dice che il concordato in appello è un ‘negozio giuridico processuale’?
Significa che l’accordo tra le parti (pubblico ministero e imputato) è considerato un atto di volontà vincolante, simile a un contratto, che produce effetti diretti all’interno del processo. Una volta concluso e approvato dal giudice, non può essere ritrattato da una sola delle parti.

Esiste qualche eccezione alla regola di inammissibilità del ricorso?
Sì. Il provvedimento chiarisce che l’unica ipotesi in cui il ricorso sarebbe ammissibile è quella di ‘illegalità della pena concordata’, ovvero se la pena patteggiata fosse contraria alla legge (ad esempio, inferiore al minimo previsto dalla norma o di un genere non consentito).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati