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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver accettato un concordato in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. e rinunciato agli altri motivi, ha tentato di impugnare la sentenza dinanzi alla Suprema Corte. La decisione sottolinea che la rinuncia ai motivi ha un effetto preclusivo che si estende all’intero processo, impedendo ulteriori contestazioni sulle questioni oggetto dell’accordo. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione chiarisce l’Inammissibilità del Ricorso

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che permette di definire il processo nel secondo grado di giudizio. Tuttavia, la scelta di aderire a tale accordo comporta conseguenze irrevocabili, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha stabilito che la rinuncia ai motivi di impugnazione, funzionale all’accordo sulla pena, preclude la possibilità di presentare un successivo ricorso per Cassazione sulle medesime questioni. Analizziamo la vicenda e i principi di diritto affermati.

Il Caso: Dal Concordato in Appello al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imputato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. In sede di appello, la difesa dell’imputato ha raggiunto un accordo con la Procura Generale, formalizzando una richiesta di concordato in appello. In base a tale patto, l’imputato ha rinunciato agli altri motivi di gravame a fronte di una riduzione della pena, che la Corte d’Appello ha poi ratificato con la sua sentenza.

Nonostante l’accordo raggiunto e la conseguente definizione del giudizio di secondo grado, l’imputato ha deciso di presentare comunque ricorso per Cassazione, contestando la motivazione della sentenza riguardo all’elemento psicologico del reato. Si è posto quindi il problema di stabilire se tale ricorso fosse ammissibile, alla luce della precedente rinuncia ai motivi di appello.

Il Principio di Diritto: la Preclusione derivante dal Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato in giurisprudenza. La scelta di accedere al concordato in appello costituisce un atto dispositivo della parte, che manifesta la propria volontà di non contestare più determinati punti della decisione in cambio di un beneficio sanzionatorio.

Questa rinuncia non limita i suoi effetti al solo giudizio d’appello, ma ha una portata più ampia, producendo un “effetto preclusivo” che si estende all’intero svolgimento processuale. In altre parole, una volta che si rinuncia a un motivo di doglianza per ottenere uno sconto di pena, non è più possibile riproporre la stessa questione davanti al giudice di legittimità. L’accordo, una volta perfezionato, cristallizza la situazione processuale su quei punti, rendendo ogni successiva contestazione inammissibile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Nelle motivazioni, i giudici di legittimità hanno spiegato che il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599-bis c.p.p. ha una valenza analoga a quella della rinuncia all’impugnazione. Così come chi rinuncia formalmente all’appello non può più presentarlo, chi rinuncia a specifici motivi in funzione di un accordo sulla pena non può più farli valere in un’altra sede.

La Corte ha sottolineato che tale scelta limita la cognizione del giudice di secondo grado ai soli termini dell’accordo e, di conseguenza, preclude l’accesso al giudizio di legittimità per le questioni che sono state oggetto di rinuncia. Consentire il contrario significherebbe vanificare la funzione stessa dell’istituto del concordato, che mira a una rapida e definitiva conclusione del processo.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

La decisione in esame ha importanti implicazioni pratiche. Chi sceglie la via del concordato in appello deve essere pienamente consapevole che tale scelta è definitiva. La rinuncia ai motivi di appello è un atto tombale che chiude ogni possibilità di futura contestazione su quei punti. Pertanto, prima di aderire a un simile accordo, è fondamentale una valutazione attenta e ponderata con il proprio difensore.

L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende. Questa sanzione rafforza ulteriormente il principio secondo cui le impugnazioni non devono essere utilizzate in modo strumentale o dilatorio, specialmente quando si è già beneficiato di un accordo favorevole.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se l’accordo sulla pena in appello (art. 599-bis c.p.p.) comporta la rinuncia ad altri motivi di impugnazione, tale rinuncia ha un effetto preclusivo che impedisce di presentare un successivo ricorso in Cassazione sulle questioni a cui si è rinunciato.

Qual è l’effetto della rinuncia ai motivi di appello in un concordato?
La rinuncia ai motivi di appello limita il potere di esame del giudice di secondo grado e produce effetti preclusivi sull’intero svolgimento del processo, compreso l’eventuale giudizio di legittimità davanti alla Cassazione. È un atto dispositivo della parte che chiude definitivamente le questioni rinunciate.

Cosa succede se si presenta comunque un ricorso in Cassazione in questi casi?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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