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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. L’imputato contestava la logicità della motivazione sul mancato riconoscimento del vincolo della continuazione, ma la Corte ha ribadito che tali doglianze non rientrano nei motivi ammessi per impugnare un accordo processuale, che sono limitati a vizi della volontà, del consenso o a una pronuncia difforme dall’accordo stesso.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello e limiti all’impugnazione: l’analisi della Cassazione

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento di economia processuale che consente alle parti di accordarsi sull’accoglimento di alcuni motivi di appello, con una conseguente rideterminazione della pena. Tuttavia, la scelta di percorrere questa strada comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione successivo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza i confini entro cui è possibile presentare ricorso avverso una sentenza frutto di tale accordo, dichiarando inammissibile un’impugnazione basata sulla presunta illogicità della motivazione.

I fatti del caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze. Quest’ultima, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva rideterminato la pena sulla base di un accordo raggiunto tra le parti, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. L’imputato, tuttavia, decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando l’erronea applicazione dell’articolo 81 del codice penale e, in particolare, la illogicità della motivazione relativa al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati contestati.

La decisione della Corte di Cassazione sul concordato in appello

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno colto l’occasione per riaffermare un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è soggetta a limiti ben precisi. Non è possibile, infatti, rimettere in discussione il merito della decisione o contestare le valutazioni che sono state oggetto dell’accordo stesso.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che il ricorso per Cassazione contro una sentenza di concordato in appello è ammissibile solo per motivi specifici che attengono alla regolarità del procedimento e alla legalità della pena. Questi includono:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Vizi relativi al consenso del procuratore generale sulla richiesta.
3. Contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo pattuito tra le parti.

Sono invece inammissibili le doglianze relative a motivi ai quali la parte ha implicitamente rinunciato aderendo all’accordo, come la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p. o i vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non risulti illegale (ad esempio, perché al di fuori dei limiti edittali).

Nel caso specifico, contestare l’illogicità della motivazione sul mancato riconoscimento del vincolo della continuazione equivale a rimettere in discussione una valutazione di merito che è stata superata proprio dall’accordo sulla pena. Aderendo al concordato, l’imputato ha accettato la pena così come rinegoziata, rinunciando a contestare i criteri che hanno portato a quella determinazione.

La Corte ha inoltre menzionato una decisione delle Sezioni Unite del 2022, che ha aperto alla possibilità di ricorrere per dedurre l’estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza di secondo grado, ma ha chiarito che tale eccezione non si applica al caso di specie, che riguarda una valutazione di merito e non una causa estintiva del reato.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma la natura “pattizia” del concordato in appello e le sue conseguenze processuali. Chi sceglie questa via deve essere consapevole che sta barattando la certezza di una pena più mite con la rinuncia a far valere determinate doglianze in un successivo grado di giudizio. La decisione della Cassazione rafforza la stabilità delle sentenze emesse su accordo delle parti, limitando le impugnazioni a veri e propri vizi procedurali o a palesi illegalità, e non a un ripensamento sull’opportunità delle valutazioni di merito. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle Ammende serve da monito contro la presentazione di ricorsi palesemente inammissibili.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
No, il ricorso è ammesso solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà di aderire all’accordo, vizi nel consenso del procuratore generale, o nel caso in cui la sentenza del giudice sia difforme dall’accordo raggiunto. Non è possibile contestare il merito delle questioni oggetto di rinuncia.

Posso impugnare una sentenza di ‘concordato in appello’ se ritengo che la motivazione sia illogica, ad esempio sul mancato riconoscimento del vincolo della continuazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che contestare l’illogicità della motivazione su punti che sono implicitamente coperti dall’accordo sulla pena (come il riconoscimento o meno di attenuanti o del vincolo della continuazione) non è un motivo ammissibile di ricorso, poiché si tratta di una doglianza di merito a cui si è rinunciato.

Quali sono le conseguenze se il mio ricorso contro una sentenza di ‘concordato in appello’ viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, il cui importo è determinato dal giudice in base alle ragioni dell’inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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