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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24004/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso avverso una sentenza basata su un “concordato in appello”. La Corte ha ribadito che tale impugnazione è possibile solo per vizi relativi alla formazione dell’accordo e non per contestare nel merito la mancata assoluzione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: I Limiti del Ricorso per Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato i confini molto stretti entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. Questa procedura, nota anche come “patteggiamento in appello”, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma la sua adozione comporta conseguenze significative sulle possibilità di un successivo ricorso. Analizziamo la decisione per comprendere meglio la sua portata.

Il Fatto: Un Ricorso Contro il Patteggiamento in Appello

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Tale sentenza era stata pronunciata proprio sulla base di un accordo tra l’imputato stesso e il pubblico ministero, ai sensi dell’articolo 599-bis del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo raggiunto, il ricorrente ha deciso di adire la Corte di Cassazione, lamentando il mancato proscioglimento nel merito, ovvero chiedendo una piena assoluzione sulla base dell’articolo 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Cassazione sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata, senza udienza partecipata. La decisione si fonda su un principio consolidato: la sentenza emessa a seguito di concordato in appello può essere impugnata in Cassazione solo per motivi specifici, che non includono una riconsiderazione del merito della colpevolezza.

I Motivi Ammessi per l’Impugnazione

La Corte ha chiarito che il ricorso è ammissibile esclusivamente quando si contestano vizi legati alla formazione dell’accordo stesso. In particolare, è possibile ricorrere solo se si deducono motivi relativi a:

1. La formazione della volontà della parte di accedere al concordato (ad esempio, per violenza, errore o dolo).
2. Il consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Il contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo pattuito tra le parti.

Qualsiasi altro motivo, specialmente se attinente alla valutazione dei fatti o alla richiesta di una formula assolutoria, è considerato inammissibile.

Il Motivo Rigettato: La Richiesta di Proscioglimento

Nel caso specifico, la doglianza del ricorrente riguardava il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. Questo tipo di censura esula completamente dai casi consentiti. Accettando il concordato, l’imputato di fatto rinuncia a contestare la propria colpevolezza in cambio di una rideterminazione favorevole della pena, cristallizzando così l’accertamento di responsabilità.

Le Motivazioni

La ratio della decisione risiede nella natura stessa del concordato in appello. Questo istituto processuale si basa su una logica negoziale: le parti rinunciano a una parte delle loro pretese per ottenere un risultato certo e più rapido. L’imputato rinuncia a contestare nel merito la sentenza di primo grado in cambio di uno sconto di pena o altri benefici, mentre l’accusa ottiene una definizione celere del processo. Permettere un ricorso per motivi di merito, come la richiesta di assoluzione, svuoterebbe di significato l’istituto, contraddicendo la volontà stessa delle parti che hanno sottoscritto l’accordo. La limitazione dei motivi di impugnazione serve quindi a garantire la stabilità e l’efficacia di questi accordi processuali, evitando che vengano usati in modo strumentale per ottenere un riesame della vicenda che le parti avevano concordato di non contestare più.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. La scelta di accedere a un concordato in appello deve essere ponderata attentamente, poiché preclude quasi ogni possibilità di un successivo ricorso per Cassazione sul merito della vicenda. La decisione ha un’importante implicazione pratica: chi accetta un patteggiamento in appello deve essere consapevole che sta definendo in modo quasi tombale la propria posizione processuale. L’inammissibilità del ricorso, inoltre, comporta conseguenze economiche non trascurabili, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in tremila euro.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di “concordato in appello”?
No, il ricorso è ammesso solo in casi eccezionali e tassativamente previsti, che non riguardano il merito della colpevolezza.

Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
I motivi ammessi riguardano esclusivamente vizi procedurali legati alla formazione dell’accordo, come un difetto nella volontà dell’imputato di aderirvi, problemi nel consenso del pubblico ministero o una decisione del giudice non conforme a quanto pattuito.

Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non ammessi?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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