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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. I motivi del ricorso sono stati giudicati oscuri e generici. La Corte ha ribadito che, in caso di pena concordata e non illegale, non sono ammesse doglianze sull’entità della stessa, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: i Limiti del Ricorso e le Conseguenze dell’Inammissibilità

Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta un importante strumento per la definizione accelerata dei processi. Tuttavia, una volta che le parti raggiungono un accordo sulla pena e il giudice lo ratifica, le possibilità di impugnare tale decisione diventano molto ristrette. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce proprio su questo punto, dichiarando inammissibile un ricorso basato su motivi generici e oscuri, e sottolineando le severe conseguenze per chi tenta di rimettere in discussione l’accordo.

I Fatti del Caso: un Ricorso Vago e Indecifrabile

Due imputati, dopo aver concordato la pena in secondo grado, hanno proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello. Nel loro ricorso, lamentavano in modo estremamente sintetico che “il giudice nell’operare il calcolo attraverso il quale perviene all’applicazione della pena omette alcuni passaggi fondamentali per la determinazione della sanzione penale da diminuire”.

Il motivo di impugnazione è stato ritenuto dalla Suprema Corte “assolutamente oscuro”, in quanto non specificava in alcun modo quali fossero i presunti passaggi omessi nel calcolo della pena, rendendo impossibile comprendere la reale doglianza.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi palesemente inammissibili. I giudici hanno chiarito che l’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è soggetta a limiti ben precisi. È possibile ricorrere solo per contestare vizi nella formazione della volontà delle parti, nel consenso del Procuratore Generale, o nel caso in cui il giudice abbia applicato una pena diversa da quella pattuita.

I Motivi di Inammissibilità del Ricorso

Nel caso di specie, i ricorsi non rientravano in nessuna delle categorie ammissibili. Le doglianze erano relative all’entità della pena, un aspetto su cui le parti avevano già trovato un accordo. La Corte ha ricordato che, una volta raggiunto l’accordo, sono inammissibili le lamentele relative a motivi a cui si è implicitamente rinunciato, come la valutazione di circostanze o il calcolo della pena, a meno che la pena applicata non risulti palesemente illegale.

La sentenza impugnata, al contrario, dettagliava con precisione il calcolo effettuato per entrambi gli imputati: partendo da una pena base, concedendo le attenuanti generiche, applicando l’aumento per la continuazione del reato e, infine, la riduzione per il rito abbreviato. La pena finale corrispondeva esattamente a quella richiesta e concordata.

Le motivazioni: l’Accordo tra le Parti Preclude Ulteriori Doglianze

La ratio della decisione risiede nella natura stessa del concordato in appello. Si tratta di un patto processuale con cui l’imputato accetta una determinata pena in cambio di una rinuncia a contestare nel merito la propria responsabilità. Permettere un successivo ricorso su aspetti già coperti dall’accordo, come il calcolo della sanzione (se non illegale), svuoterebbe di significato l’istituto e la rinuncia implicita che esso comporta.

La Corte ha sottolineato che, avendo le parti raggiunto un’intesa e avendo il giudice semplicemente ratificato tale accordo senza discostarsene, ogni successiva doglianza sulla congruità della pena è preclusa. La vaghezza e l’oscurità dei motivi di ricorso non hanno fatto altro che confermare la natura pretestuosa dell’impugnazione.

Conclusioni: le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: chi sceglie la via del concordato in appello deve essere consapevole dei limiti che questa scelta comporta. Non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione come un terzo grado di merito per rinegoziare la pena. Le uniche vie percorribili sono quelle legate a vizi genetici dell’accordo o a un’applicazione difforme da parte del giudice.

Inoltre, la decisione evidenzia le conseguenze negative di un ricorso inammissibile. Oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, i ricorrenti sono stati condannati a versare una sanzione pecuniaria di 4.000 euro ciascuno alla cassa delle ammende. Questa sanzione, prevista dall’art. 616 c.p.p., punisce l’abuso dello strumento processuale e serve da deterrente contro impugnazioni dilatorie o manifestamente infondate.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza che applica un “concordato in appello”?
No. Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, nel consenso del Procuratore Generale, o se il giudice applica una pena diversa da quella concordata. Non è ammissibile per contestare l’entità della pena se questa non è illegale.

Cosa succede se i motivi del ricorso sono generici o poco chiari?
Un ricorso basato su motivi generici, oscuri o non specifici viene dichiarato inammissibile. Come nel caso analizzato, se non si comprende quali siano i presunti errori commessi dal giudice, l’impugnazione non può essere esaminata nel merito.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, se non si ravvisa un’assenza di colpa nella proposizione del ricorso, il giudice condanna il ricorrente anche al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, il cui importo nel caso di specie è stato fissato in 4.000 euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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