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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23087/2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di quattro imputati contro una sentenza di patteggiamento in appello. La decisione ribadisce che, in caso di accordo sulla pena, il ricorso è possibile solo per vizi di volontà o procedurali, non per contestare il merito della decisione. Questa pronuncia chiarisce l’ambito di applicazione e i limiti dell’impugnazione del cosiddetto concordato in appello.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: I Limiti al Ricorso per Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un importante chiarimento sui limiti di impugnabilità delle sentenze emesse a seguito di concordato in appello. Questa decisione, che dichiara inammissibili i ricorsi presentati da quattro imputati, rafforza un principio fondamentale: l’accordo sulla pena in secondo grado preclude la possibilità di contestarne successivamente il merito, salvo casi eccezionali. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e le motivazioni della Suprema Corte.

Il Contesto: Dal Patteggiamento in Appello al Ricorso

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Milano, la quale aveva rideterminato la pena inflitta in primo grado sulla base di un accordo tra le parti, secondo quanto previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo raggiunto, gli imputati decidevano di presentare distinti ricorsi per cassazione avverso tale sentenza.

Il loro tentativo era quello di rimettere in discussione aspetti che, di fatto, erano stati superati proprio dall’accordo siglato. La questione è quindi giunta al vaglio della Suprema Corte, chiamata a definire, ancora una volta, i confini dell’istituto del concordato in appello e le relative vie di ricorso.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e il Principio del “Concordato in Appello”

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, aderendo a un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il fulcro della decisione risiede nella natura stessa del concordato in appello: si tratta di un patto processuale attraverso il quale l’imputato, in cambio di una rideterminazione della pena, rinuncia a far valere determinati motivi di appello.

I Motivi Ammessi per l’Impugnazione

La Corte ha ribadito che il ricorso contro una sentenza frutto di un accordo è consentito solo per ragioni molto specifiche, che attengono alla regolarità del procedimento con cui l’accordo si è formato. I motivi ammissibili sono limitati a:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo pattuito.

I Motivi Respinti dalla Corte

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è considerata inammissibile. In particolare, la Corte ha specificato che non possono essere fatti valere motivi quali:

* Questioni a cui si è rinunciato con l’accordo.
* La mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.).
* Vizi nella determinazione della pena, a meno che la sanzione non sia palesemente illegale (cioè fuori dai limiti di legge o di tipo diverso da quello previsto).

Nel caso di specie, i ricorsi degli imputati non rientravano in nessuna delle categorie ammissibili, portando inevitabilmente alla loro reiezione.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di preservare la stabilità e l’efficienza deflattiva del concordato in appello. Se fosse consentito rimettere in discussione liberamente il contenuto di un accordo già raggiunto, l’istituto perderebbe la sua stessa ragion d’essere, che è quella di definire il processo in modo più rapido. Accettando il concordato, l’imputato compie una scelta processuale strategica, bilanciando il vantaggio di una pena concordata con la rinuncia a contestare altri aspetti della sentenza di primo grado. La giurisprudenza citata nell’ordinanza (Cass. n. 22002/2019) conferma questa linea interpretativa, sottolineando che il controllo della Cassazione deve limitarsi alla legalità dell’accordo e della pena irrogata, senza invadere il merito delle scelte compiute dalle parti. L’inammissibilità, pertanto, non è una mera formalità, ma la logica conseguenza della natura pattizia del procedimento.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame offre una lezione chiara: il concordato in appello è uno strumento efficace ma che comporta conseguenze definitive. La decisione di aderirvi deve essere ponderata attentamente, con la consapevolezza che preclude quasi ogni possibilità di ulteriore impugnazione sul merito della condanna e della pena. Per i professionisti del diritto, ciò significa dover illustrare con estrema chiarezza ai propri assistiti i pro e i contro di tale scelta. Per gli imputati, rappresenta la necessità di comprendere che l’accordo segna un punto di non ritorno nel percorso processuale. La condanna finale al pagamento delle spese e di una somma alla Cassa delle ammende funge da ulteriore monito contro la presentazione di ricorsi esplorativi e privi dei requisiti di legge.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
No. Il ricorso è ammissibile solo per motivi molto specifici che riguardano vizi nella formazione della volontà dell’imputato, nel consenso del pubblico ministero, o nel caso in cui la decisione del giudice sia difforme dall’accordo raggiunto tra le parti.

Quali tipi di contestazioni sono considerati inammissibili in questo contesto?
Sono inammissibili tutte le doglianze relative a motivi a cui si è rinunciato con l’accordo, alla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) e ai vizi nella determinazione della pena, a meno che la sanzione inflitta non sia palesemente illegale.

Cosa succede se un ricorso contro un concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, tale somma è stata fissata in quattromila euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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