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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento in secondo grado, nota come concordato in appello. La Corte ha ribadito che, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, i motivi di impugnazione sono estremamente limitati e non possono riguardare aspetti del merito a cui si è implicitamente rinunciato. Il ricorrente è stato di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: i limiti al ricorso secondo la Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo con cui le parti possono accordarsi sulla rideterminazione della pena in secondo grado, rinunciando ai motivi d’appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 22780/2024) chiarisce in modo netto i confini dell’impugnabilità di una sentenza emessa a seguito di tale accordo, stabilendo principi importanti per la prassi legale.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Genova, accogliendo la richiesta concorde delle parti, aveva ridotto la pena per un imputato a 3 anni e 8 mesi di reclusione e 100.000,00 euro di multa. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ugualmente ricorso per Cassazione contro tale sentenza, sollevando censure su profili di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione sul concordato in appello

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza: l’adesione al concordato in appello comporta una rinuncia implicita a far valere determinate doglianze. Di conseguenza, l’imputato non può, in un secondo momento, tentare di rimettere in discussione aspetti che sono stati superati dall’accordo stesso. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. in caso di inammissibilità del ricorso.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato (in particolare, la sentenza n. 30990 del 2018). Secondo tale orientamento, il ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa ex art. 599 bis c.p.p. è consentito solo per motivi specifici e circoscritti. In particolare, è possibile contestare:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Problemi relativi al consenso del Procuratore generale.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è da considerarsi inammissibile. Ciò include le censure relative a motivi di appello a cui si è rinunciato con l’accordo, così come la mancata valutazione da parte del giudice di merito delle condizioni per il proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. (la cosiddetta “evidenza della prova dell’innocenza”). Il giudice d’appello, infatti, non è tenuto a svolgere un’ulteriore e approfondita motivazione su profili che le parti stesse hanno deciso di non contestare più.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la natura dispositiva e la stabilità del concordato in appello. La scelta di aderire a questo istituto processuale è una decisione strategica che deve essere ponderata attentamente, poiché preclude quasi ogni successiva possibilità di impugnazione nel merito. Questa pronuncia serve da monito: non è possibile beneficiare della riduzione di pena derivante dall’accordo e, contemporaneamente, mantenere aperta la possibilità di contestare la decisione su altri fronti. La dichiarazione di inammissibilità e la conseguente condanna a spese e sanzione pecuniaria sottolineano l’importanza di non presentare ricorsi meramente dilatori o privi dei requisiti di legge, specialmente quando la sentenza deriva da un patto processuale liberamente sottoscritto.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza decisa con “concordato in appello”?
Sì, ma solo per motivi molto specifici: vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato, nel consenso del Procuratore generale, o se la sentenza finale è difforme da quanto pattuito.

Quali motivi di ricorso sono considerati inammissibili in caso di concordato in appello?
Sono inammissibili i ricorsi basati su motivi a cui si è rinunciato con l’accordo (come la valutazione del merito della causa) o sulla mancata valutazione da parte del giudice delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.

Cosa succede se un ricorso contro un concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo specifico caso è stata determinata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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