Concordato in appello: i limiti al ricorso secondo la Cassazione
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo con cui le parti possono accordarsi sulla rideterminazione della pena in secondo grado, rinunciando ai motivi d’appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 22780/2024) chiarisce in modo netto i confini dell’impugnabilità di una sentenza emessa a seguito di tale accordo, stabilendo principi importanti per la prassi legale.
I Fatti del Caso
Nel caso di specie, la Corte di Appello di Genova, accogliendo la richiesta concorde delle parti, aveva ridotto la pena per un imputato a 3 anni e 8 mesi di reclusione e 100.000,00 euro di multa. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ugualmente ricorso per Cassazione contro tale sentenza, sollevando censure su profili di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione sul concordato in appello
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza: l’adesione al concordato in appello comporta una rinuncia implicita a far valere determinate doglianze. Di conseguenza, l’imputato non può, in un secondo momento, tentare di rimettere in discussione aspetti che sono stati superati dall’accordo stesso. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. in caso di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte Suprema ha motivato la sua decisione richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato (in particolare, la sentenza n. 30990 del 2018). Secondo tale orientamento, il ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa ex art. 599 bis c.p.p. è consentito solo per motivi specifici e circoscritti. In particolare, è possibile contestare:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Problemi relativi al consenso del Procuratore generale.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è da considerarsi inammissibile. Ciò include le censure relative a motivi di appello a cui si è rinunciato con l’accordo, così come la mancata valutazione da parte del giudice di merito delle condizioni per il proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. (la cosiddetta “evidenza della prova dell’innocenza”). Il giudice d’appello, infatti, non è tenuto a svolgere un’ulteriore e approfondita motivazione su profili che le parti stesse hanno deciso di non contestare più.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza la natura dispositiva e la stabilità del concordato in appello. La scelta di aderire a questo istituto processuale è una decisione strategica che deve essere ponderata attentamente, poiché preclude quasi ogni successiva possibilità di impugnazione nel merito. Questa pronuncia serve da monito: non è possibile beneficiare della riduzione di pena derivante dall’accordo e, contemporaneamente, mantenere aperta la possibilità di contestare la decisione su altri fronti. La dichiarazione di inammissibilità e la conseguente condanna a spese e sanzione pecuniaria sottolineano l’importanza di non presentare ricorsi meramente dilatori o privi dei requisiti di legge, specialmente quando la sentenza deriva da un patto processuale liberamente sottoscritto.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza decisa con “concordato in appello”?
Sì, ma solo per motivi molto specifici: vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato, nel consenso del Procuratore generale, o se la sentenza finale è difforme da quanto pattuito.
Quali motivi di ricorso sono considerati inammissibili in caso di concordato in appello?
Sono inammissibili i ricorsi basati su motivi a cui si è rinunciato con l’accordo (come la valutazione del merito della causa) o sulla mancata valutazione da parte del giudice delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.
Cosa succede se un ricorso contro un concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo specifico caso è stata determinata in 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22780 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22780 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
ldato avviso alle partiR
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza in data 16/01/2024, con la quale la Corte di Appello di Genova, su concorde richiesta delle parti, riduceva la pena per NOME a 3 anni e 8 mesi di reclusione ed C 100.000,00 di multa;
Ritenuto che la censura verte su profili sui quali il giudice di merito non era tenuto a svolgere ulteriore motivazione, dovendosi in proposito, richiamare la giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui: «In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599 bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del AVV_NOTAIO generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen» (così Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Rv. 272969);
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 3.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 maggio 2024
Il Consigliere estensore
fl COGNOME