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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro il rigetto della sua richiesta di concordato in appello. La decisione si fonda su due motivi principali: la mancanza di interesse ad agire, dato che la pena inflitta in appello era inferiore a quella concordata, e la manifesta infondatezza del motivo, poiché la richiesta di patteggiamento era formulata in modo legalmente scorretto (contra legem). Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: Inammissibile il Ricorso se la Pena Finale è Migliorativa

Il concordato in appello, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare nel secondo grado di giudizio. Tuttavia, cosa accade se il giudice d’appello rigetta la richiesta e, al termine del processo, irroga una pena ancora più favorevole di quella proposta? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione in questi casi, stabilendo un principio fondamentale sull’interesse ad agire.

I Fatti di Causa

Nel caso in esame, un imputato aveva proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva respinto la sua richiesta di concordato in appello. La particolarità della vicenda risiedeva nel fatto che la pena concordata tra le parti era di due anni di reclusione e 600 euro di multa. All’esito del giudizio di secondo grado, tuttavia, la Corte territoriale aveva condannato l’imputato a una pena inferiore, pari a un anno e quattro mesi di reclusione e 500 euro di multa. Nonostante l’esito più favorevole, l’imputato decideva comunque di impugnare la decisione, lamentando il mancato accoglimento della sua originaria richiesta di patteggiamento.

L’Analisi della Corte sul Concordato in Appello e l’Interesse ad Agire

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su una duplice argomentazione: il difetto di interesse e la manifesta infondatezza del motivo di ricorso.

Il Principio del ‘Difetto di Interesse’

Il fulcro della decisione risiede nella constatazione che l’imputato non aveva alcun interesse concreto e attuale a impugnare la sentenza. L’interesse ad agire, infatti, è un presupposto processuale essenziale che richiede che il ricorrente possa ottenere un vantaggio pratico dall’accoglimento del suo ricorso. Nel caso specifico, avendo ottenuto una pena significativamente più bassa di quella che lui stesso aveva proposto nell’ambito del concordato in appello, l’eventuale annullamento della sentenza e l’accoglimento della sua richiesta originaria lo avrebbero di fatto danneggiato, portandolo a scontare una pena più severa. Viene meno, quindi, qualsiasi utilità pratica derivante dall’impugnazione.

La Proposta ‘Contra Legem’

Oltre al difetto di interesse, la Corte ha rilevato che il motivo di ricorso era anche manifestamente infondato. Il giudice d’appello aveva correttamente evidenziato come la proposta di concordato fosse formulata in modo illegittimo (contra legem). Nello specifico, la richiesta prevedeva l’esclusione della recidiva, ma ometteva di considerare la sanzione per alcuni reati che, nel frattempo, avrebbero dovuto essere dichiarati prescritti. Questa incongruenza rendeva la proposta legalmente insostenibile e, di conseguenza, il suo rigetto da parte della Corte d’Appello era pienamente giustificato.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha ribadito che il ricorso deve essere supportato da un interesse giuridicamente rilevante. L’aver conseguito un risultato processuale più vantaggioso di quello perseguito con la richiesta di rito alternativo esclude in radice tale interesse. Inoltre, la Corte sottolinea l’importanza di formulare proposte di concordato che siano conformi alla legge, complete e coerenti in ogni loro parte. Una richiesta che presenti vizi sostanziali, come quella nel caso di specie, non può che essere respinta.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che l’impugnazione di una sentenza non è un diritto esercitabile in astratto, ma deve sempre essere ancorata a un interesse concreto a ottenere una decisione più favorevole. Un imputato che riceve una pena più mite di quella patteggiata non può lamentarsi del mancato accordo. In secondo luogo, evidenzia la necessità per la difesa di redigere richieste di concordato in appello con la massima attenzione, assicurandosi che siano legalmente ineccepibili e non contengano contraddizioni o violazioni di legge, pena il rigetto e la successiva inammissibilità di un eventuale ricorso.

È possibile ricorrere contro il rigetto di un concordato in appello se la pena finale è più bassa di quella proposta?
No, secondo la Corte di Cassazione, in questo scenario manca l’interesse ad agire, poiché l’imputato ha già ottenuto un risultato più favorevole. Il ricorso sarebbe quindi dichiarato inammissibile.

Cosa ha reso la proposta di concordato ‘contra legem’ in questo caso?
La proposta era illegittima perché chiedeva l’esclusione della recidiva senza però escludere la sanzione per reati che, nel frattempo, avrebbero dovuto essere dichiarati prescritti, creando una contraddizione giuridica.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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