Concordato in appello: i limiti al ricorso in Cassazione
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, permettendo alle parti di accordarsi sulla pena in secondo grado. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo, le possibilità di impugnazione si riducono drasticamente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile ricorrere contro una sentenza emessa a seguito di tale accordo, dichiarando inammissibile un ricorso basato sulla presunta illogicità della motivazione relativa alla quantificazione della pena.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che, in seguito a un annullamento con rinvio, aveva rideterminato la pena per un imputato per reati legati agli stupefacenti (artt. 73 e 74 d.p.r. 309/1990). Questa nuova determinazione era avvenuta in accoglimento di una richiesta concorde delle parti, appunto un concordato in appello. La pena era stata fissata in quattro anni e otto mesi di reclusione, previa esclusione della recidiva e riconoscimento delle attenuanti generiche.
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione (mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità) proprio in punto di dosimetria della pena. In sostanza, si contestava il modo in cui i giudici d’appello avevano motivato la quantità della sanzione penale, sebbene essa fosse il risultato di un patto processuale.
Il concordato in appello e i motivi di impugnazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il motivo di ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire un principio consolidato in materia. L’art. 599-bis c.p.p. stabilisce che il ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è consentito solo per motivi molto specifici, quali:
* Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo;
* Vizi riguardanti il consenso del Procuratore Generale alla richiesta;
* Contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo stipulato tra le parti.
Al di fuori di queste ipotesi, le doglianze relative ai motivi a cui si è rinunciato con l’accordo, come quelle sulla determinazione della pena, sono inammissibili. Non è possibile, quindi, ‘ripensarci’ e contestare in Cassazione la congruità della pena che si era precedentemente accettato.
L’illegalità della pena come unica eccezione
L’unica eccezione a questa regola si verifica quando la pena concordata e applicata dal giudice sia ‘illegale’. Ciò accade quando la sanzione non rientra nei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato, oppure è di una specie diversa da quella stabilita dalla norma. Nel caso di specie, nessuna di queste condizioni era presente.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha sottolineato che il ricorso dell’imputato non rientrava in nessuna delle categorie ammesse. La critica non verteva su un vizio della volontà o su una difformità della sentenza rispetto all’accordo, ma si concentrava esclusivamente sulla motivazione della dosimetria della pena. Questo è un punto su cui, aderendo al concordato, l’imputato aveva implicitamente rinunciato a sollevare contestazioni.
Inoltre, i giudici hanno osservato che la Corte d’Appello aveva comunque fornito una motivazione puntuale e congrua. Aveva dato atto dell’accordo, dell’esclusione della recidiva e del riconoscimento delle attenuanti generiche, specificando che la pena base era stata fissata al minimo edittale e che l’aumento per il reato satellite era modesto. Pertanto, anche volendo analizzare la motivazione, essa non presentava alcun vizio di illogicità.
Conclusioni
La decisione riafferma la natura pattizia del concordato in appello e la sua funzione di chiudere il contenzioso. Chi sceglie questa strada processuale accetta un compromesso, rinunciando a specifici motivi di appello in cambio di una pena certa e potenzialmente più mite. Pretendere di rimettere in discussione in Cassazione proprio gli aspetti oggetto dell’accordo, come la quantificazione della pena, svuoterebbe l’istituto della sua efficacia. L’ordinanza serve da monito: la scelta del concordato è una decisione strategica che preclude, salvo casi eccezionali e tassativi, un ulteriore sindacato di legittimità sulla congruità della sanzione patteggiata.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici: vizi nella formazione della volontà di aderire all’accordo, vizi nel consenso del Procuratore Generale, o se la decisione del giudice è diversa da quanto pattuito. Non è possibile contestare aspetti che sono stati oggetto di rinuncia, come la motivazione sulla quantità della pena.
La critica alla motivazione sulla quantità della pena è un motivo valido per ricorrere?
No, secondo la Cassazione, le doglianze relative alla motivazione sulla dosimetria della pena sono inammissibili se la sentenza deriva da un concordato, a meno che la pena applicata non sia illegale (cioè fuori dai limiti di legge o di tipo diverso da quello previsto).
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata inammissibile viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36291 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 36291 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/10/2025
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Catania il DATA_NASCITA rappresentato e difeso di fiducia dall’AVV_NOTAIO
avverso la sentenza del 13/05/2025 della Corte di appello di Catania, terza sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato nelle forme del rito de plano ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte d’appello di Catania, con la sentenza impugnata in questa sede, giudicando a seguito di annullamento con rinvio della pronuncia del 06/07/2022 della medesima Corte ed in accoglimento della concorde richiesta delle parti ex art. 599 bis cod. proc. pen. rideterminava la pena inflitta nei confronti di COGNOME NOME, previa esclusione della contestata recidiva e riconoscimento di attenuanti generiche, in anni quattro e mesi otto di reclusione in relazione ai reati di cui agli artt. 73 e 74 d.p.r. n. 309 del 1990.
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Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo con un unico motivo la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata in punto di dosimetria della pena, come rideterminata.
3. Il motivo proposto è manifestamente infondato.
In tema di concordato in appello, è consentito il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative ai motivi rinunciati, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta in quanto non rientrante nei limiti editta ovvero diversa da quella prevista dalla legge e al vizio di motivazione che è oggetto del presente ricorso (Sez. 2, del 16/11/2023 n. 50062, COGNOME, Rv. 285619; Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, Rv. 278170; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102; Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969).
Va peraltro osservato che, nel caso di specie, la Corte di appello ha recepito l’accordo intervenuto tra le parti fornendo puntuale motivazione in ordine alla congruità della proposta con riferimento al profilo della concordata esclusione della recidiva con riconoscimento di attenuanti generiche e dando conto che la pena base corrispondeva al minimo edittale applicabile e che l’aumento operato a titolo di continuazione per il reato satellite era stato determinato in misura modesta.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così determinata con riferimento ai profili di colpa evidenziabili nel ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 22/10/2025