Concordato in Appello: I Limiti del Ricorso in Cassazione
L’istituto del concordato in appello, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017 e disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza strategica. Esso consente alle parti di accordarsi sull’esito del giudizio di secondo grado, spesso con una riduzione della pena, a fronte della rinuncia a specifici motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 21706 del 2024, offre chiarimenti cruciali sui limiti dell’impugnabilità di una sentenza emessa a seguito di tale accordo.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Tale sentenza era stata emessa proprio in applicazione dell’art. 599-bis c.p.p., a seguito di un accordo tra le parti. L’accordo prevedeva l’accoglimento del solo motivo di appello relativo al trattamento sanzionatorio e alla misura della pena, con una conseguente rinuncia da parte dell’imputato a tutti gli altri “motivi di merito”, incluse le circostanze attenuanti generiche. Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, contestando la logicità e la completezza della motivazione della sentenza d’appello.
La Decisione della Corte di Cassazione e il concordato in appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, trattando la questione con la procedura semplificata “de plano” prevista per i casi di manifesta infondatezza. La decisione si fonda su un principio cardine che governa il concordato in appello: l’accordo processuale limita drasticamente le successive possibilità di impugnazione. L’imputato, accettando l’accordo e rinunciando a specifici motivi, cristallizza la decisione su quei punti, che passano di fatto in giudicato. La cognizione del giudice d’appello, e di conseguenza le possibilità di ricorso, vengono circoscritte esclusivamente ai punti non coperti dalla rinuncia.
Le Motivazioni della Sentenza: La Rinuncia ai Motivi di Appello
Le motivazioni della Corte si articolano su diversi punti chiave, che definiscono la natura e gli effetti del concordato in appello.
In primo luogo, la Cassazione ribadisce che le censure proposte in sede di legittimità non possono riguardare i motivi oggetto di rinuncia. Su tali capi e punti della sentenza si è già formato il giudicato, come diretta conseguenza delle scelte processuali liberamente compiute dall’imputato. L’accordo implica, infatti, una rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questioni rilevabili d’ufficio.
In secondo luogo, viene chiarito che, a seguito della rinuncia ai motivi di appello, la cognizione del giudice di secondo grado è limitata ai soli motivi non oggetto di rinuncia. Ciò significa che il giudice non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p. (le cosiddette cause di non punibilità evidenti), né a verificare l’eventuale sussistenza di nullità assolute o l’inutilizzabilità delle prove. L’effetto devolutivo dell’impugnazione, in questo contesto, circoscrive il potere del giudice ai soli aspetti concordati.
Infine, la Corte delinea con precisione i confini del ricorso per Cassazione avverso tali sentenze. Le uniche doglianze ammissibili sono quelle relative a:
1. Eventuali vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo.
2. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto a quanto concordato.
3. L’illegalità della pena inflitta, qualora questa non si sia trasfusa nell’accordo stesso.
Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a contestazioni generiche sulla logicità della motivazione, del tutto slegate dalla specifica vicenda processuale e dai limitati ambiti di ammissibilità del ricorso. Per questo motivo, il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche del Concordato in Appello
La decisione in esame conferma la natura strategica e preclusiva del concordato in appello. Per la difesa, rappresenta un’opportunità per ottenere una pena certa e potenzialmente più mite, ma al costo di una rinuncia definitiva alla possibilità di contestare altri aspetti della sentenza di primo grado. La scelta di aderire a un accordo deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché chiude la porta a quasi ogni ulteriore via di impugnazione. Questa pronuncia serve come monito: una volta siglato il patto processuale in appello, il perimetro per un successivo ricorso in Cassazione diventa estremamente ristretto e limitato a vizi specifici e non a una riconsiderazione generale del merito della vicenda.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammesso unicamente per contestare eventuali vizi nella formazione della volontà delle parti che hanno sottoscritto l’accordo, nel caso in cui la sentenza del giudice sia difforme da quanto pattuito, oppure se la pena applicata risulta illegale.
Se si accetta un concordato in appello, si rinuncia a far valere altre questioni come la nullità degli atti?
Sì. L’accordo delle parti sui punti concordati implica la rinuncia a dedurre ogni altra doglianza nel successivo giudizio. Questo include anche questioni rilevabili d’ufficio, come nullità assolute o inutilizzabilità delle prove, poiché la cognizione del giudice viene limitata ai soli motivi non oggetto di rinuncia.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le contestazioni sollevate dall’imputato erano generiche, riguardavano la logicità e completezza della motivazione e non rientravano in nessuna delle poche e specifiche categorie di vizi per cui è consentito impugnare una sentenza emessa a seguito di concordato in appello.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21706 Anno 2024
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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21706 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che l’impugnazione proposta da NOME COGNOME deve essere trattata nelle forme «de plano», ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. – come modificato dalla legge n. 103 del 2017 – e dichiarata inammissibile perché proposta avverso sentenza pronunciata a noma dell’art. 599-bis cod. proc. pen. a seguito di accordo delle parti per l’accoglimento del solo motivo riguardante il trattamento sanzionatorio e la misura della pena da applicare al caso di specie, previa rinuncia da parte dell’imputato ai “motivi di merito”, compresi quelli inerenti alle attenuanti generiche.
Ritenuto che non è consentito proporre col ricorso per cassazione censure che attengano ai motivi oggetto di rinuncia, poiché sui relativi capi e punti risult già essersi formato il giudicato in dipendenza delle scelte processuali liberamente effettuate dall’imputato. D’altra parte, «a seguito della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello ad opera dell’art. 1, comma 56, della legge n. 103 del 2017, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599- bis cod. proc. pen., non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità del prove, in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia»(Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, Bresciani e altro, Rv. 272853).
Ritenuto che non è nemmeno possibile censurare la qualificazione giuridica del fatto, in quanto l’accordo delle parti in ordine ai punti concordati implica l rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questione rilevabile di ufficio, con l’unica eccezione dell’irrogazione di una pena illegale (Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196).
Ritenuto che le uniche doglianze proponibili con il ricorso per cassazione avverso le sentenze emesse ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. sono quelle relative ad eventuali vizi della sentenza rispetto alla formazione della volontà delle parti di accedere al concordato in appello, ed all’eventuale contenuto difforme della pronuncia del giudice di appello, mentre alcuno spazio può essere ammesso per quei vizi che attengano alla determinazione della pena e che non si siano trasfusi
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in una illegalità della sanzione inflitta (Sez. 6, n. 4665 del 20/11/2019, dep. 2020, Furino, Rv. 278114 secondo la quale la richiesta concordata tra accusa e difesa in ordine alla misura finale della pena è vincolante nella sua integralità, senza che il giudice possa addivenire a una pena diversa, in quanto raccoglimento della richiesta postula la condivisione della qualificazione giuridica data al fatto e di ogni altra circostanza influente sul calcolo della pena.
Rilevato che il ricorrente, con deduzioni generiche del tutto sganciate dalla specifica vicenda processuale, si è limitato a contestare la logicità e l’incompletezza della motivazione e che pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Rilevato che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 18 aprile 2024
Il Consigliere estensore
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