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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15165/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza di Appello emessa a seguito di ‘concordato in appello’. La Corte ha ribadito che l’accordo tra le parti sui motivi di appello, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., implica una rinuncia a sollevare in sede di legittimità ulteriori doglianze, come la qualificazione giuridica del fatto, salvo il caso di pena illegale.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: L’Accordo che Chiude le Porte alla Cassazione

Il concordato in appello, introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo volto a velocizzare i processi. Tuttavia, la sua adozione comporta conseguenze significative per le successive fasi del giudizio. Con la recente ordinanza n. 15165/2024, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: l’accordo sui motivi di appello preclude la possibilità di presentare un successivo ricorso per cassazione su questioni oggetto di rinuncia, come la qualificazione giuridica del reato.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Salerno. In sede di appello, le parti – accusa e difesa – hanno raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. La Corte di appello, recependo tale accordo, ha riformato la sentenza di primo grado, rideterminando la pena inflitta all’imputato a cinque anni e nove mesi di reclusione e 1.800 euro di multa, confermando nel resto la decisione precedente.
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo alla corretta qualificazione giuridica dei fatti contestati.

La Decisione sul Concordato in Appello e l’Inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito della questione. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale che interpreta la natura stessa del concordato in appello. Secondo i giudici di legittimità, questo istituto si basa su un accordo che implica una rinuncia implicita da parte dell’imputato a contestare i punti che non sono stati oggetto di specifica pattuizione.
In altre parole, accettando di concordare i motivi di appello per ottenere una pena più mite, l’imputato accetta anche la qualificazione giuridica del fatto così come definita nella sentenza, rinunciando a sollevarla come motivo di doglianza in un successivo grado di giudizio.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha richiamato espressamente la propria giurisprudenza (in particolare la sentenza Sez. 6, n. 41254 del 2019), sottolineando come il principio di inammissibilità si applichi pienamente al concordato in appello. L’accordo tra le parti sui punti da devolvere al giudice d’appello costituisce una sorta di ‘cristallizzazione’ del perimetro della controversia. Di conseguenza, ogni diversa doglianza, anche se relativa a una questione che potrebbe essere rilevata d’ufficio dal giudice, non può essere fatta valere in Cassazione.
L’unica, e fondamentale, eccezione a questa regola è rappresentata dall’irrogazione di una pena illegale, ovvero una sanzione non prevista dall’ordinamento per quel tipo di reato o calcolata in modo palesemente errato. Poiché nel caso di specie il ricorso non verteva su una pena illegale ma sulla qualificazione giuridica del fatto, la Corte lo ha ritenuto inammissibile.
La pronuncia si conclude, come previsto dall’art. 616 c.p.p., con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un ricorso palesemente infondato.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce la natura negoziale e deflattiva del concordato in appello. Chi sceglie questa via processuale deve essere consapevole che sta compiendo una scelta strategica che limita le future possibilità di impugnazione. L’accordo sui motivi di appello non è solo un modo per ottenere uno sconto di pena, ma anche un atto che preclude, salvo eccezioni tassative, l’accesso al giudizio di legittimità per contestare aspetti non inclusi nell’accordo stesso. La decisione della Cassazione serve da monito: il concordato è un patto che, una volta siglato, va rispettato in tutti i suoi effetti, compresa la rinuncia a ulteriori contestazioni.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver stipulato un concordato in appello?
No, di norma non è possibile. La Cassazione ha stabilito che l’accordo sui motivi di appello implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questioni rilevabili d’ufficio.

Per quale motivo è stato dichiarato inammissibile il ricorso nel caso specifico?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la qualificazione giuridica dei fatti, un punto che si considera implicitamente accettato e rinunciato con la stipula del concordato in appello. L’accordo preclude la possibilità di censurare tale aspetto in Cassazione.

Esiste un’eccezione a questa regola di inammissibilità?
Sì, l’unica eccezione prevista dalla giurisprudenza per poter ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello è l’applicazione di una pena illegale, cioè una sanzione non conforme alla legge. Tutti gli altri motivi, inclusa la qualificazione del fatto, sono preclusi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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