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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello. L’ordinanza chiarisce che l’accordo sulla pena implica la rinuncia ai motivi di impugnazione, impedendo di sollevare in Cassazione questioni come la mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p. o la misura della pena concordata, salvo i casi di illegalità.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Limiti e Inammissibilità del Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente all’imputato e alla Procura Generale di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, a fronte di una rinuncia ai motivi di appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza i limiti del successivo ricorso, chiarendo quali motivi possono essere sollevati e quali, invece, determinano una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un imputato ricorreva in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva recepito un accordo sulla pena. Il ricorrente lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione a diversi punti: il mancato proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p., la ritenuta responsabilità penale e l’entità della pena applicata. In sostanza, dopo aver raggiunto un accordo, l’imputato tentava di rimettere in discussione il merito della vicenda davanti alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte: l’Inammissibilità del Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accesso al concordato in appello comporta una rinuncia ai motivi di impugnazione, creando una preclusione processuale che impedisce di riesaminare questioni di merito o di legittimità che sono state oggetto di tale rinuncia. Il ricorso per Cassazione avverso la sentenza che ratifica l’accordo è consentito solo per vizi specifici che attengono alla formazione dell’accordo stesso.

La Rinuncia ai Motivi come Preclusione Processuale

La Corte sottolinea che, aderendo al concordato, la parte accetta una ridefinizione della pena e, contestualmente, rinuncia a far valere le proprie doglianze. Questo potere dispositivo, riconosciuto all’imputato, non solo limita la cognizione del giudice d’appello ma preclude anche il successivo giudizio di legittimità su tali punti. Pertanto, lamentele relative al mancato proscioglimento ex art. 129 c.p.p. diventano inammissibili, poiché il giudice d’appello non è tenuto a motivare su questioni che non gli sono più devolute a seguito dell’accordo.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione richiamando un orientamento giurisprudenziale ormai granitico. L’accordo processuale stipulato tra le parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, assume la natura di un negozio giuridico processuale che non può essere modificato unilateralmente. L’impugnazione è ammessa solo in casi tassativi, quali:

1. Vizi della volontà: se il consenso della parte all’accordo è stato viziato.
2. Mancanza di consenso del Procuratore Generale: se l’accordo è stato recepito senza il necessario consenso dell’accusa.
3. Contenuto difforme: se la sentenza del giudice si discosta da quanto pattuito tra le parti.
4. Illegalità della pena: se la pena concordata è illegale (ad esempio, perché supera i limiti edittali o è di una specie diversa da quella prevista dalla legge), ipotesi non riscontrata nel caso in esame.

Al di fuori di queste circoscritte ipotesi, ogni altro motivo di ricorso, specialmente se attinente a questioni di merito o alla valutazione delle prove, è da considerarsi inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un’importante conferma dei limiti strutturali del concordato in appello. Questa procedura, sebbene vantaggiosa per l’imputato in termini di certezza e riduzione della pena, comporta la consapevole rinuncia a far valere i propri motivi di impugnazione. La scelta di accedere a tale rito deve essere ponderata attentamente, poiché preclude quasi ogni possibilità di un successivo ricorso per Cassazione. La decisione della Suprema Corte sanziona, quindi, l’uso strumentale dell’impugnazione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a causa dell’evidente infondatezza del ricorso.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello per lamentare la mancata assoluzione?
No, non è possibile. La stipula del concordato comporta la rinuncia ai motivi di appello, inclusa la richiesta di proscioglimento. Pertanto, un ricorso basato sulla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. è inammissibile.

Quali sono gli unici motivi per cui è ammesso un ricorso contro una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici che riguardano la formazione dell’accordo, come un vizio nella volontà dell’imputato, il mancato consenso del Procuratore Generale, una decisione del giudice non conforme all’accordo, o l’illegalità della pena concordata.

L’accordo sulla pena in appello può essere modificato unilateralmente con il ricorso?
No. L’accordo è un negozio processuale che, una volta recepito dal giudice, non può essere modificato unilateralmente. L’entità della pena concordata non può essere oggetto di ricorso, a meno che non sia palesemente illegale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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