Concordato in Appello: l’Accordo in Udienza è Definitivo
Il concordato in appello, noto anche come patteggiamento in appello, è uno strumento processuale che consente di definire il giudizio di secondo grado in modo più celere. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo, le possibilità di impugnarlo sono molto limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, chiarendo che l’accordo formalizzato in udienza supera ogni intesa precedente e rende inammissibile il ricorso basato su un presunto disaccordo sulla pena.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. Quest’ultima, in sede di rinvio a seguito di un annullamento da parte della Cassazione, aveva rideterminato la pena sulla base di un concordato in appello proposto e accettato dalle parti durante l’udienza.
Successivamente, la difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando che la pena applicata dai giudici fosse in realtà diversa da quella concordata. La difesa sosteneva, in sostanza, che l’imputato avesse in mente una pena differente da quella poi ratificata nel verbale d’udienza.
La Decisione della Corte sul concordato in appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso radicalmente inammissibile. I giudici supremi, avendo accesso agli atti processuali, hanno verificato che la pena inflitta dalla Corte d’Appello corrispondeva perfettamente a quella concordata tra le parti durante l’udienza del 28/11/2024, compresi i calcoli intermedi dettagliati nel verbale.
La Corte ha inoltre evidenziato che una precedente proposta di concordato, presentata in data anteriore all’udienza e priva del consenso del Pubblico Ministero, doveva considerarsi superata dall’accordo finale raggiunto e formalizzato in aula. Di conseguenza, ogni doglianza basata su intese pregresse era del tutto infondata.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si fonda su principi consolidati in materia di concordato in appello. La definizione del giudizio ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale comporta una rinuncia espressa ai motivi di appello. Questo determina una forte limitazione alle successive impugnazioni.
La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza (in particolare la sent. n. 22002/2019), secondo cui il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento in appello è ammissibile solo in casi tassativi:
1. Vizi nella formazione della volontà: Se si dimostra che il consenso della parte è stato viziato.
2. Mancanza del consenso del P.M.: Se l’accordo non ha ricevuto il necessario assenso dell’accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia: Se il giudice ha emesso una sentenza con un contenuto diverso da quello pattuito.
4. Illegalità della sanzione: Se la pena applicata è illegale, ovvero non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge o è di un tipo diverso da quello consentito.
Al di fuori di queste ipotesi, sono inammissibili le doglianze relative a motivi a cui si è rinunciato o alla quantificazione della pena concordata. Nel caso di specie, la pretesa dell’imputato di aver desiderato una pena diversa è stata giudicata sfornita di qualsiasi elemento di prova e, pertanto, irrilevante.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza rafforza la stabilità e la definitività degli accordi processuali raggiunti in udienza. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare:
* Il verbale d’udienza fa fede: Ciò che viene concordato e verbalizzato in udienza ha valore definitivo e prevale su qualsiasi bozza o proposta precedente.
* La rinuncia è vincolante: Aderendo al concordato in appello, le parti rinunciano ai motivi di impugnazione, limitando drasticamente le possibilità di un successivo ricorso in Cassazione.
* L’impugnazione è un’eccezione: È possibile impugnare la sentenza solo per vizi gravi e specifici che attengono alla legalità della procedura o della pena, non per un semplice ripensamento.
Per gli operatori del diritto, questa decisione sottolinea l’importanza di formalizzare con la massima chiarezza e precisione gli accordi in udienza, mentre per i cittadini ricorda che le scelte processuali, una volta compiute, hanno conseguenze vincolanti e difficilmente reversibili.
È possibile impugnare una sentenza basata su un ‘concordato in appello’ se si ritiene che la pena sia diversa da un accordo precedente?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’accordo formalizzato in udienza supera e sostituisce ogni proposta o accordo precedente, specialmente se, come nel caso di specie, non era munito del consenso del Pubblico Ministero.
Quali sono gli unici motivi per cui è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte, al consenso del pubblico ministero, a un contenuto della pronuncia del giudice difforme dall’accordo, oppure a vizi che rendono la sanzione illegale (ad esempio, perché superiore ai limiti di legge).
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di ‘concordato in appello’ viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32714 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32714 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Visti gli atti e la sentenza impugnata, rilevato che la Corte di merito, con la sentenza in epigrafe indicata, decidendo in sede di rinvio in seguito ad annullamento della Corte di Cassazione, ha rideterminato la pena inflitta ad COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., accogliendo la proposta formulata dalle parti in udienza.
Esaminato il ricorso proposto dall’imputato; rilevato che il difensore lamenta che i giudici hanno applicato una pena diversa da quella concordata.
Considerato che dal controllo degli atti, a cui questa Corte ha accesso in ragione della natura della doglianza proposta, risulta che la pena inflitta è corrispondente a quella concordata dalle parti all’udienza del 28/11/2024, anche con riferimento ai passaggi intermedi di calcolo, come riportati nel verbale d’udienza.
Considerato che il concordato formalizzato in udienza supera ogni altro precedente diverso accordo (agli atti è presente una proposta di concordato, non munita del consenso del P.M., inoltrata alla Corte d’appello in data anteriore all’udienza, che deve intendersi evidentemente superata dall’accordo raggiunto in udienza).
Considerato che la definizione del giudizio ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen. determina la radicale inammissibilità di doglianze che si riferiscano ai motivi ai quali la parte abbia espressamente rinunciato ed a quelli inerenti alla quantificazione di una pena diversa da quella concordata (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102, così massimata: «In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quella prevista dalla legge»).
Considerato che la prospettazione difensiva in base alla quale l’imputato avrebbe voluto una pena diversa da quella concordata è del tutto sfornita di elementi a sostegno.
Considerato che l’inammissibilità può dichiararsi senza formalità ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23/6/2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equa determinare in euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, tenuto conto delle ragioni d’inammissibilità.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2025
Il Consigliere estensore