Concordato in Appello: Limiti e Conseguenze del Ricorso in Cassazione
L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, l’adesione a tale accordo comporta importanti conseguenze sulla possibilità di impugnare successivamente la decisione. Con la recente ordinanza n. 13912 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del ricorso avverso una sentenza che recepisce un accordo sulla pena, dichiarandolo inammissibile qualora si sollevino questioni a cui si è implicitamente rinunciato.
Il Caso in Esame: Dall’Accordo al Ricorso per Cassazione
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva rideterminato la pena nei confronti di un imputato. Tale rideterminazione era avvenuta proprio in accoglimento di una proposta di concordato in appello formulata dalle parti durante l’udienza.
La Contestazione dell’Imputato
Nonostante l’accordo raggiunto, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione della sentenza d’appello. Nello specifico, si contestava il fatto che i giudici di secondo grado non avessero valutato la sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, una valutazione che, secondo la difesa, avrebbe dovuto precedere l’accoglimento del patteggiamento.
La Decisione della Cassazione sul concordato in appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, seguendo un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno chiarito che l’istituto del concordato in appello si fonda su una logica precisa: l’imputato, accettando di accordarsi sulla pena, rinuncia di fatto agli altri motivi di impugnazione. Di conseguenza, il potere decisionale del giudice d’appello viene circoscritto dall’effetto devolutivo dell’impugnazione e si limita a verificare la correttezza dell’accordo e a recepirlo, senza poter entrare nel merito di motivi che non sono più oggetto del contendere.
Le Motivazioni: L’Effetto della Rinuncia ai Motivi
La Corte ha spiegato che, una volta che l’imputato rinuncia ai motivi d’impugnazione per accedere al concordato in appello, la cognizione del giudice deve limitarsi ai soli aspetti non rinunciati. Il principio, elaborato già in vigenza del precedente istituto previsto dall’art. 599, comma 4, c.p.p., stabilisce che il giudice d’appello non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato quando accoglie una richiesta di pena concordata.
Il ricorso in Cassazione contro una tale sentenza è ammissibile solo per vizi specifici, quali:
1. Difetti nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Mancanza o vizio del consenso del pubblico ministero.
3. Contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.
4. Illegalità della sanzione inflitta (ad esempio, una pena non prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali).
Qualsiasi doglianza relativa a motivi rinunciati, come la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p., è pertanto inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche del Provvedimento
La decisione in esame conferma che la scelta di aderire al concordato in appello è strategica e irreversibile per quanto riguarda i motivi di impugnazione. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che, barattando la certezza di una pena ridotta con la rinuncia ai motivi di appello, si preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni di merito o di procedura che non attengano strettamente alla validità dell’accordo stesso. Questa pronuncia rafforza la natura negoziale dell’istituto, sottolineando che non può essere utilizzato come un espediente per poi tentare di riaprire, in sede di legittimità, una discussione su punti ormai superati dalla volontà concorde delle parti.
È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello per contestare la mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p.?
No. La Corte stabilisce che, accettando il concordato, l’imputato rinuncia ai motivi di impugnazione e la cognizione del giudice si limita ai punti non rinunciati, escludendo la valutazione sulle cause di proscioglimento.
Quali sono i motivi per cui è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza di “patteggiamento in appello”?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, oppure se la pena applicata è illegale (perché non prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).
Cosa comporta l’accettazione di un concordato in appello riguardo agli altri motivi di impugnazione?
L’accettazione del concordato comporta una rinuncia ai motivi di impugnazione che non sono legati all’accordo sulla pena. A causa dell’effetto devolutivo, il giudice d’appello non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per le cause previste dall’art. 129 c.p.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13912 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13912 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
viso al parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Visti gli atti e la sentenza impugnata, rilevato che la Corte di merito, con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale riforma della pronuncia emessa dal giudice di primo grado, ha rideterminato la pena inflitta a NOME, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., accogliendo la proposta formulata dalle parti in udienza.
Esaminato il ricorso proposto dall’imputato, rilevato che il difensore lamenta vizio di motivazione in relazione all’art. 129 cod. proc. pen.
Considerato che a seguito della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, di cui all’art. 599-bis cod. proc. pen, ad opera della legge n. 103 del 2017, rivive il principio – elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., successivamente abrogato – secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per taluna delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., in quanto, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, la cognizione del giudice deve limitarsi ai motivi non rinunciati (cfr., ex multis, Sez. 2, n 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102, così massimata: «In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, i quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quella prevista dalla legge»).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile secondo la procedura de plano (art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.), con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 marzo 2024
Il Consigliere estensore
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