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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13595/2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati contro una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello. La Corte ha ribadito che, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, non è possibile contestarne l’entità o il bilanciamento delle circostanze, poiché tali punti sono stati oggetto di rinuncia. Il ricorso è ammesso solo per vizi nella formazione della volontà, nel consenso del PM o per pene illegali, motivi non riscontrati nel caso di specie.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Stabilisce i Limiti dell’Impugnazione

Il concordato in appello, noto anche come “patteggiamento in appello”, è uno strumento processuale che consente di definire il giudizio di secondo grado attraverso un accordo tra le parti sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 13595 del 2024, offre un’importante occasione per ribadire i confini entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa in seguito a tale accordo. La decisione sottolinea come la scelta del concordato comporti una rinuncia a contestare proprio i punti che sono stati oggetto dell’accordo stesso.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da due imputati avverso una sentenza della Corte di Appello di Bari. Tale sentenza era stata emessa proprio in esito a un concordato in appello ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo raggiunto in precedenza, i due ricorrenti si erano rivolti alla Suprema Corte lamentando, rispettivamente, la mancanza di motivazione sulla responsabilità, l’eccessività della pena determinata e l’errato bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti.

I Limiti del Ricorso dopo il Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, cogliendo l’occasione per riaffermare un principio giurisprudenziale consolidato. Secondo gli Ermellini, quando si accede al concordato in appello, si accetta una determinata pena in cambio della rinuncia a specifici motivi di appello. Di conseguenza, non è più possibile dolersi in Cassazione di aspetti che sono il frutto diretto di quell’accordo, come l’entità della pena o il bilanciamento delle circostanze.

L’impugnazione di una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentita solo in casi eccezionali e ben definiti. Il ricorso è ammissibile se riguarda:

* Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
* Vizi inerenti al consenso prestato dal pubblico ministero.
* Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.
* L’applicazione di una pena illegale, ovvero una sanzione non prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali.

Al di fuori di queste ipotesi, le contestazioni vengono respinte in rito, senza scendere nell’esame del merito.

Le Motivazioni della Decisione

Nel motivare la propria decisione, la Suprema Corte ha specificato che le lamentele dei ricorrenti erano generiche e si concentravano proprio sui punti che essi stessi avevano concordato con la pubblica accusa e richiesto alla Corte di Appello. Contestare l’eccessività della pena o il giudizio sulle circostanze dopo averli accettati in un accordo formale rappresenta una contraddizione processuale che il sistema non ammette.

La Corte ha inoltre chiarito che, con l’adesione al concordato, si rinuncia anche a far valere l’eventuale sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato secondo l’art. 129 c.p.p. (la cosiddetta “evidenza della prova dell’innocenza”), a meno che tale evidenza non emergesse già palesemente prima dell’accordo. La dichiaratoria di inammissibilità ha comportato, come conseguenza di legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, commisurata al loro grado di colpa nell’aver promosso un ricorso privo di fondamento.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la natura dispositiva e definitiva del concordato in appello. Questa procedura rappresenta una scelta strategica che, se da un lato può portare a una riduzione della pena e a una rapida definizione del processo, dall’altro implica una rinuncia irrevocabile a contestare i termini dell’accordo. La decisione della Cassazione serve da monito: la valutazione sull’opportunità di accedere a un concordato deve essere ponderata attentamente dalla difesa, poiché le porte per un’ulteriore impugnazione si chiudono quasi ermeticamente, salvo la presenza di vizi gravi e specifici che intaccano la legalità dell’accordo o della pena inflitta.

È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa dopo un concordato in appello?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è ammissibile solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà di aderire all’accordo, nel consenso del pubblico ministero, o qualora la pena applicata sia illegale o la decisione del giudice sia difforme dall’accordo.

Quali sono i motivi per cui un ricorso contro una sentenza di concordato in appello è tipicamente inammissibile?
Un ricorso è inammissibile se contesta punti che sono stati oggetto dell’accordo stesso e a cui si è rinunciato. Tra questi, le doglianze relative all’eccessività della pena concordata, al giudizio di bilanciamento tra le circostanze e alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
In caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, il cui importo è determinato dalla Corte in base al grado di colpa nella proposizione dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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