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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. La decisione si fonda sul fatto che la sentenza di secondo grado era stata emessa a seguito di un ‘concordato in appello’, un accordo sulla pena che, secondo la legge, preclude un’ulteriore impugnazione. L’ordinanza ribadisce che l’accettazione del concordato implica una rinuncia ai motivi di appello, rendendo il successivo ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Il concordato in appello, introdotto dalla Riforma Orlando (L. 103/2017), rappresenta uno strumento fondamentale nel processo penale per definire la pena in secondo grado. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a ribadire le conseguenze processuali di tale scelta, chiarendo in modo inequivocabile i limiti all’impugnazione successiva. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I fatti del caso

Il caso trae origine da una condanna per violazione della normativa sugli stupefacenti (artt. 73 e 80 del d.P.R. 309/1990). In primo grado, il Tribunale aveva riconosciuto l’imputato colpevole. Successivamente, la Corte d’Appello, su richiesta concorde delle parti, aveva parzialmente riformato la sentenza applicando l’istituto del concordato in appello ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. In pratica, l’imputato ha ottenuto una riduzione della pena in cambio della rinuncia a contestare gli altri aspetti della sentenza di primo grado.

Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa ha deciso di presentare comunque ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge per la mancata verifica dei presupposti per un proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p.

Il ricorso dopo il concordato in appello: una scelta preclusa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione dei giudici supremi si basa su una chiara previsione normativa e su una logica processuale stringente.

L’istituto del concordato in appello si fonda su un accordo tra le parti (pubblica accusa e difesa) che, rinunciando a determinati motivi di appello, convergono su una nuova determinazione della pena, che la Corte è chiamata a ratificare dopo aver verificato la correttezza del calcolo e la congruità della sanzione.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è netta. L’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, introdotto anch’esso dalla Riforma Orlando, stabilisce espressamente che quando la sentenza d’appello è stata emessa in seguito a un concordato, il ricorso per cassazione è inammissibile. La logica del legislatore è quella di conferire stabilità e definitività alle decisioni che scaturiscono da un patto processuale.

L’accordo sulla pena implica, per sua natura, una rinuncia a tutti gli altri motivi di contestazione. Presentare un ricorso successivo, basato su motivi a cui si è implicitamente rinunciato, costituisce un atto processualmente non consentito. La Corte ha sottolineato che, aderendo al concordato, l’imputato ha accettato il quadro accusatorio e la sua responsabilità, concentrando la discussione unicamente sulla quantificazione della sanzione. Pertanto, ogni successiva doglianza sulla colpevolezza o sulla sussistenza di cause di proscioglimento è preclusa.

Di conseguenza, non ravvisando alcuna assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Se da un lato offre il vantaggio di una possibile riduzione della pena e di una rapida definizione del processo, dall’altro chiude la porta a un ulteriore grado di giudizio di legittimità. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione attenta e consapevole da parte della difesa prima di aderire a tale istituto, poiché l’accordo sulla pena cristallizza la decisione sulla responsabilità dell’imputato, rendendo vano ogni tentativo di rimetterla in discussione davanti alla Corte di Cassazione.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
No, di regola non è possibile. Come chiarito dall’ordinanza, l’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale prevede specificamente che il ricorso sia inammissibile, poiché l’accordo sulla pena implica la rinuncia agli altri motivi di impugnazione.

Cosa succede se si presenta ugualmente un ricorso dopo un concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione con un provvedimento de plano, cioè senza udienza. La conseguenza per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

Perché la legge prevede l’inammissibilità del ricorso in questi casi?
La ratio della norma è quella di assicurare l’efficienza processuale e la stabilità delle decisioni basate su un accordo tra le parti. Accettando il concordato, l’imputato ottiene un beneficio sulla pena e, in cambio, accetta di porre fine alla controversia, rinunciando a ulteriori contestazioni sulla propria responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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