Concordato in Appello: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
Il concordato in appello, introdotto dalla Riforma Orlando (L. 103/2017), rappresenta uno strumento fondamentale nel processo penale per definire la pena in secondo grado. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a ribadire le conseguenze processuali di tale scelta, chiarendo in modo inequivocabile i limiti all’impugnazione successiva. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.
I fatti del caso
Il caso trae origine da una condanna per violazione della normativa sugli stupefacenti (artt. 73 e 80 del d.P.R. 309/1990). In primo grado, il Tribunale aveva riconosciuto l’imputato colpevole. Successivamente, la Corte d’Appello, su richiesta concorde delle parti, aveva parzialmente riformato la sentenza applicando l’istituto del concordato in appello ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. In pratica, l’imputato ha ottenuto una riduzione della pena in cambio della rinuncia a contestare gli altri aspetti della sentenza di primo grado.
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa ha deciso di presentare comunque ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge per la mancata verifica dei presupposti per un proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p.
Il ricorso dopo il concordato in appello: una scelta preclusa
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione dei giudici supremi si basa su una chiara previsione normativa e su una logica processuale stringente.
L’istituto del concordato in appello si fonda su un accordo tra le parti (pubblica accusa e difesa) che, rinunciando a determinati motivi di appello, convergono su una nuova determinazione della pena, che la Corte è chiamata a ratificare dopo aver verificato la correttezza del calcolo e la congruità della sanzione.
Le motivazioni
La motivazione della Suprema Corte è netta. L’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, introdotto anch’esso dalla Riforma Orlando, stabilisce espressamente che quando la sentenza d’appello è stata emessa in seguito a un concordato, il ricorso per cassazione è inammissibile. La logica del legislatore è quella di conferire stabilità e definitività alle decisioni che scaturiscono da un patto processuale.
L’accordo sulla pena implica, per sua natura, una rinuncia a tutti gli altri motivi di contestazione. Presentare un ricorso successivo, basato su motivi a cui si è implicitamente rinunciato, costituisce un atto processualmente non consentito. La Corte ha sottolineato che, aderendo al concordato, l’imputato ha accettato il quadro accusatorio e la sua responsabilità, concentrando la discussione unicamente sulla quantificazione della sanzione. Pertanto, ogni successiva doglianza sulla colpevolezza o sulla sussistenza di cause di proscioglimento è preclusa.
Di conseguenza, non ravvisando alcuna assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Se da un lato offre il vantaggio di una possibile riduzione della pena e di una rapida definizione del processo, dall’altro chiude la porta a un ulteriore grado di giudizio di legittimità. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione attenta e consapevole da parte della difesa prima di aderire a tale istituto, poiché l’accordo sulla pena cristallizza la decisione sulla responsabilità dell’imputato, rendendo vano ogni tentativo di rimetterla in discussione davanti alla Corte di Cassazione.
È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
No, di regola non è possibile. Come chiarito dall’ordinanza, l’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale prevede specificamente che il ricorso sia inammissibile, poiché l’accordo sulla pena implica la rinuncia agli altri motivi di impugnazione.
Cosa succede se si presenta ugualmente un ricorso dopo un concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione con un provvedimento de plano, cioè senza udienza. La conseguenza per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Perché la legge prevede l’inammissibilità del ricorso in questi casi?
La ratio della norma è quella di assicurare l’efficienza processuale e la stabilità delle decisioni basate su un accordo tra le parti. Accettando il concordato, l’imputato ottiene un beneficio sulla pena e, in cambio, accetta di porre fine alla controversia, rinunciando a ulteriori contestazioni sulla propria responsabilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12250 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12250 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
( n
Motivi della decisione
NOME ricorre, tramite Difensore, per la cassazione della sentenza con cui il 17 novembre 2022 la Corte di appello di Brescia, decidendo ai sensi dell’art. 599-bis cod. pro pen., per quanto in questa sede rileva, in parziale riforma della decisione con la quale il Trib di Brescia il 3 maggio 2022, all’esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto l’im responsabile della violazione degli artt. 73, comma 1, e 80, comma 2, del d.P.R. 9 ottobre 199 n. 309, fatto commesso il 18 aprile 2022, condannandolo alla pena di giustizia, riconosciute circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti all’aggravante, ha rideterminat riducendola, la sanzione; con conferma nel resto.
Il ricorrente si affida ad un unico motivo con il quale denunzia violazione di legge, il profilo della mancanza di apparato giustificativo, quanto alla verifica circa la non ricor cause che impongano il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Infatti, la sentenza impugnata è stata adottata ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. (“Concordato anche con rinuncia ai motivi di appello”), introdotto dall’art. 1, comma 56, della legge 23 giugno 2017, n. 103, cioè previo accordo delle Parti, pubblica e privata, sulla rinu a tutti i motivi di appello diversi da quelli inerenti la determinazione della pena, pena che concordemente proposta come specificato nella sentenza impugnata e successivamente applicata, nei termini richiesti, dalla Corte territoriale, previa verifica, per quanto strin legittimità dell’iniziativa e della correttezza giuridica del concordato in appello.
L’art. 610, comma 5-bis, secondo periodo, cod. proc. pen. (introdotto dall’art. 1, comma 62, della richiamata legge n. 103 del 2017) prevede in tal caso la declaratoria di inammissibi del ricorso con pronuncia da emettersi de plano.
Essendo, dunque, il ricorso inammissibile e non ravvisandosi, ai sensi dell’art. 616 co proc. pen., assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Cor Costituzionale, sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla condanna del ricorrente pagamento delle spese consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima conforme a diritto ed equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2023.