Concordato in Appello: La Cassazione Chiude le Porte al Ricorso sulla Pena
L’istituto del concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per deflazionare il carico giudiziario, consentendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di impugnabilità di una sentenza emessa a seguito di tale accordo, ribadendo un principio consolidato: patti chiari, amicizia lunga, anche nel processo penale.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato in primo grado per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, co. 1, D.P.R. 309/1990), presentava appello. In sede di giudizio di secondo grado, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo sulla pena, che veniva ridotta dalla Corte d’Appello a quattro anni e quattro mesi di reclusione e 20.000 euro di multa. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ugualmente ricorso per cassazione.
Il Concordato in Appello e il Motivo del Ricorso
Il ricorrente lamentava un vizio di motivazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse omesso di verificare la sussistenza di eventuali cause di proscioglimento, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, anche in presenza di un accordo sulla pena, il giudice ha sempre il dovere di accertare che non esistano le condizioni per un’assoluzione immediata.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. I giudici hanno spiegato che, quando un imputato accetta di definire il processo tramite un concordato in appello, non può successivamente contestare la misura della pena pattuita. L’accordo, infatti, presuppone una rinuncia a contestare l’accertamento di responsabilità effettuato dal giudice di primo grado.
In altre parole, l’intesa tra le parti si fonda sulla condanna di primo grado, che non viene più messa in discussione. L’oggetto dell’accordo è esclusivamente la quantificazione della sanzione, che, come nel caso di specie, risulta essere più favorevole per l’imputato rispetto a quella inflitta in precedenza. Di conseguenza, un ricorso che mira a rimettere in discussione la decisione, lamentando una mancata verifica delle cause di proscioglimento, è privo di fondamento. La Corte ha inoltre specificato che, data la manifesta inammissibilità, la decisione viene presa de plano, ovvero senza udienza, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche del Concordato in Appello
Questa pronuncia rafforza la natura dispositiva del concordato in appello. La scelta di accordarsi sulla pena rappresenta una strategia processuale che implica l’accettazione del verdetto di colpevolezza del primo grado. L’imputato ottiene un beneficio certo (la riduzione della pena) in cambio della rinuncia a contestare nel merito la propria responsabilità. Pertanto, ogni successivo tentativo di impugnare la sentenza per motivi che contraddicono la logica dell’accordo stesso è destinato all’inammissibilità. La decisione comporta, come conseguenza, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver adito inutilmente la Suprema Corte.
È possibile ricorrere in Cassazione per contestare la pena dopo aver raggiunto un accordo in appello (concordato)?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’imputato non può mettere in discussione la misura della pena liberamente concordata con la pubblica accusa, in quanto l’accordo stesso implica l’accettazione della sanzione pattuita.
Il giudice d’appello, in caso di ‘concordato’, deve comunque verificare la possibilità di prosciogliere l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
L’ordinanza chiarisce che l’accordo sulla pena in appello si basa sul pieno accertamento della responsabilità già effettuato in primo grado, che non è più oggetto di contestazione. Pertanto, un ricorso basato sulla presunta mancata verifica delle cause di proscioglimento è considerato inammissibile.
Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile in un caso come questo?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34744 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34744 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME;
N. NUMERO_DOCUMENTO Musella
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Che l’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe, che ha parzialmente modificato la sentenza di primo grado di condanna per il reato di cui all’art. 73 co. 1 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, riducendo la pena, su concorde richiesta delle parti, a anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 20.000 di multa;
che il ricorrente denuncia il vizio di motivazione in relazione alla mancata verifica delle cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.;
che è orientamento consolidato di questa Corte quello per cui l’imputato non può porre in discussione la misura della pena liberamente concordata con la pubblica accusa (comunque inferiore a quella inflitta dal giudice di primo grado) e ritenuta congrua dal giudice d’appello nel procedimento definito ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., nel quale peraltro l’accordo delle parti sulla pena avviene all’esito di un pieno accertamento della responsabilità dell’imputato effettuato dal giudice di primo grado e non più oggetto di contestazione da parte dell’appellante;
che alla relativa declaratoria d’inammissibilità del ricorso la Corte provvede «senza formalità di procedura», ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., aggiunto dalla legge n. 103 del 2017, cioè de plano con trattazione camerale non partecipata;
che l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma alla Cassa delle ammende che va fissata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/10/2025