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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8029/2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di alcuni imputati contro una sentenza di ‘concordato in appello’. Gli imputati contestavano la quantificazione della pena e il bilanciamento delle circostanze, ma la Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’accordo sulla pena, una volta raggiunto tra le parti e ratificato dal giudice, può essere controllato solo per la sua legalità e non per la sua congruità. Di conseguenza, le parti che hanno liberamente stipulato l’accordo non possono successivamente lamentarsene in Cassazione.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: L’Accordo sulla Pena Non Si Ridiscuta in Cassazione

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette alle parti di accordarsi sulla pena. Ma cosa succede se, dopo aver raggiunto l’accordo, l’imputato decide di impugnarlo in Cassazione? Con l’ordinanza n. 8029 del 2024, la Suprema Corte ribadisce i limiti invalicabili di tale impugnazione, dichiarando inammissibile un ricorso che contestava proprio gli elementi oggetto dell’accordo.

I Fatti del Caso

Quattro imputati, dopo una condanna in primo grado, avevano presentato appello. In quella sede, le loro difese avevano raggiunto un accordo con la Procura Generale, formulando una proposta di concordato. La Corte di Appello di Bari, accogliendo la proposta, aveva rideterminato la pena, dichiarando al contempo l’estinzione di un reato per remissione di querela. Nonostante l’accordo, gli imputati decidevano di presentare ricorso per Cassazione, lamentando una presunta carenza di motivazione sulla quantificazione della pena (la cosiddetta ‘dosimetria’) e sul giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti.

L’inammissibilità del Ricorso sul Concordato in Appello

La difesa di uno degli imputati aveva preliminarmente richiesto un rinvio dell’udienza per omessa notifica, istanza rigettata dalla Corte sul nascere. Il procedimento, infatti, veniva trattato con rito de plano, ovvero senza udienza orale, una procedura che non richiede la partecipazione delle parti e, di conseguenza, la notifica dell’avviso di udienza.

Entrando nel merito, la Cassazione ha considerato i ricorsi, essendo sovrapponibili, congiuntamente, per poi dichiararli inammissibili. La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui il controllo del giudice sulla pena concordata è limitato esclusivamente alla sua legalità. Questo significa che il giudice deve solo verificare che la pena rientri nella ‘forbice edittale’ prevista dalla legge per il reato contestato, senza poter entrare nel merito della sua congruità o adeguatezza al caso specifico.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha sottolineato che il concordato in appello è un ‘negozio processuale’ liberamente stipulato tra le parti. Il giudice d’appello non può modificare l’accordo, ma solo accoglierlo o rigettarlo in blocco. Se lo accoglie, il suo compito si esaurisce nella verifica della legalità della pena pattuita.

Nel caso di specie, non era stata ravvisata alcuna illegalità nella pena concordata. Di conseguenza, le lamentele degli imputati sulla dosimetria e sul bilanciamento delle circostanze erano infondate. Questi elementi, infatti, erano parte integrante dell’accordo che loro stessi avevano accettato. Consentire di rimetterli in discussione in Cassazione significherebbe snaturare l’istituto stesso del concordato, che si fonda proprio sulla rinuncia delle parti a contestare i punti oggetto dell’accordo in cambio di una pena certa e ridotta.

Le Conclusioni

L’ordinanza si conclude con una dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi. Come conseguenza, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende. La Corte ha ritenuto che vi fosse un profilo di colpa nella proposizione dei ricorsi, proprio perché basati su motivi che la giurisprudenza costante considera inammissibili. Questa decisione rafforza la natura vincolante del concordato in appello: una volta siglato l’accordo, non si può tornare indietro e contestare gli elementi che ne costituiscono il cuore, a meno che non si profili una palese illegalità della pena.

È possibile contestare in Cassazione la congruità della pena pattuita con un concordato in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il controllo del giudice sulla pena concordata è limitato alla sua legalità (cioè se rispetta i limiti minimi e massimi di legge) e non si estende alla sua congruità o adeguatezza al caso concreto.

Il giudice d’appello può modificare i termini di un accordo per un concordato?
No, il giudice non può modificare l’accordo liberamente stipulato dalle parti. Il suo ruolo è quello di accogliere o rigettare integralmente la richiesta di concordato, previa verifica della legalità della pena proposta.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro una sentenza di concordato in appello?
In caso di inammissibilità, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e, se la Corte ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso, anche al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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