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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 35575/2025, chiarisce i limiti di impugnabilità di una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. Due imputati avevano proposto ricorso lamentando, rispettivamente, un errore nel calcolo della pena e una carenza di motivazione sulla sua congruità. La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ribadendo che il concordato in appello può essere contestato solo per vizi relativi alla formazione della volontà, al consenso del PM, per difformità della pronuncia rispetto all’accordo o per illegalità della pena, ma non per una mera valutazione di congruità.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, rappresenta uno strumento processuale cruciale per la definizione celere dei giudizi di secondo grado. Tuttavia, i margini di impugnazione della sentenza che ratifica tale accordo sono strettamente definiti. Con la recente ordinanza n. 35575 del 2025, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su quali motivi possono legittimamente fondare un ricorso, dichiarando inammissibili le censure relative alla congruità della pena pattuita.

I Fatti del Caso: Due Ricorsi Contro la Pena Concordata

La vicenda trae origine dai ricorsi presentati da due imputati, condannati per reati contro il patrimonio, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che aveva accolto l’accordo sulla pena concluso con il Pubblico Ministero. Entrambi gli imputati, pur avendo rinunciato ai motivi di appello relativi alla responsabilità, hanno deciso di impugnare la sentenza per motivi legati esclusivamente al trattamento sanzionatorio.

I Motivi del Ricorso: Pena Errata e Motivazione Carente

Le doglianze presentate dai due ricorrenti erano distinte ma convergenti sull’esito sanzionatorio.

La Posizione del Primo Ricorrente: Un Errore di Calcolo?

Il primo imputato sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel calcolo della pena finale. A suo dire, i giudici non avrebbero tenuto conto di un’ulteriore riduzione di un sesto, già applicata in fase esecutiva per una precedente condanna irrevocabile (divenuta tale per mancata impugnazione). Secondo la sua tesi, la pena finale di 7 anni e 4 mesi di reclusione era difforme da quella che avrebbe dovuto essere applicata secondo i termini dell’accordo originario.

La Posizione del Secondo Ricorrente: La Congruità della Pena

Il secondo ricorrente lamentava, invece, una violazione di legge e un vizio di motivazione. Egli riteneva che i giudici di merito si fossero limitati a ratificare la pena concordata senza fornire un’adeguata giustificazione sulla sua congruità, ovvero sulla sua adeguatezza rispetto alla gravità dei fatti.

L’Analisi della Cassazione sul Concordato in Appello

La Suprema Corte ha respinto entrambe le tesi, dichiarando i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza: il ricorso in Cassazione avverso una sentenza di concordato in appello è consentito solo entro limiti ben precisi. In particolare, è ammissibile unicamente per motivi che attengono:

1. Alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Al consenso del Pubblico Ministero.
3. A un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo stipulato.
4. All’illegalità della pena inflitta (ad esempio, una pena superiore al massimo edittale).

Le Motivazioni della Decisione

Analizzando i singoli ricorsi, la Corte ha specificato perché le censure fossero infondate. Riguardo al secondo ricorrente, la sua doglianza sulla mancata motivazione della congruità della pena non rientra in nessuno dei motivi ammissibili. Una volta che le parti si accordano sulla pena e il giudice la ratifica, non è possibile contestarla successivamente sulla base di una mera valutazione di adeguatezza.

Per quanto riguarda il primo ricorrente, la Corte ha definito la sua doglianza ‘manifestamente infondata’. Dagli atti processuali, in particolare dal verbale d’udienza, emergeva chiaramente che le parti avevano formulato un nuovo accordo durante l’udienza stessa, dopo che una prima proposta era stata giudicata non congrua dal giudice. La pena finale di 7 anni e 4 mesi era esattamente quella contenuta in questo secondo e definitivo accordo, che l’imputato aveva liberamente accettato. Non vi era, quindi, alcuna difformità tra l’accordo finale e la sentenza. Inoltre, la pena non era illegale, in quanto rientrava ampiamente nei limiti previsti dalla legge per i reati contestati.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza rafforza la stabilità delle sentenze emesse a seguito di concordato in appello. La decisione sottolinea che l’accordo sulla pena è un atto negoziale che, una volta raggiunto e ratificato dal giudice, preclude successive contestazioni sulla sua opportunità o congruità. Gli unici rimedi esperibili sono quelli a tutela della genuinità del consenso e della legalità della pena. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la fase della negoziazione dell’accordo è cruciale e le parti devono essere pienamente consapevoli dei termini che accettano, poiché le possibilità di rimetterli in discussione in sede di legittimità sono estremamente limitate.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza che accoglie un “concordato in appello” perché si ritiene la pena non congrua?
No, la Cassazione stabilisce che le doglianze relative alla valutazione di adeguatezza del trattamento sanzionatorio sono inammissibili, a meno che la pena applicata non sia illegale (ad esempio, superiore ai limiti di legge).

Quali sono i motivi per cui si può ricorrere contro una sentenza di “concordato in appello”?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, al consenso del Pubblico Ministero, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo concluso, o all’illegalità della sanzione inflitta.

Cosa succede se durante l’udienza d’appello le parti modificano la proposta di concordato?
Se le parti, a seguito delle valutazioni del giudice, formulano un nuovo accordo in udienza, è questo accordo finale a essere vincolante. La sentenza che lo recepisce non può essere impugnata sostenendo una difformità rispetto a una proposta precedente e superata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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