Concordato in appello: i limiti al ricorso in Cassazione
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sui motivi di appello e sulla conseguente rideterminazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 6352/2024) ribadisce un principio fondamentale: l’adesione a tale accordo limita drasticamente le possibilità di un successivo ricorso per cassazione. Vediamo nel dettaglio il caso e le implicazioni di questa decisione.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato per appropriazione indebita e tentata estorsione, decideva di accordarsi con la pubblica accusa in secondo grado. La Corte di Appello di Torino, recependo l’accordo tra le parti, riduceva la pena inflitta in primo grado. Nonostante l’accordo, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un errore nella qualificazione giuridica dei fatti, ovvero nel modo in cui i reati erano stati inquadrati legalmente.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che la scelta di accedere al concordato in appello implica una rinuncia a contestare aspetti che sono stati oggetto dell’accordo stesso o che comunque avrebbero potuto essere discussi. La questione della qualificazione giuridica dei fatti rientra tra i motivi ai quali l’imputato rinuncia implicitamente nel momento in cui accetta di ‘patteggiare’ la pena in appello.
Le motivazioni e l’inammissibilità del concordato in appello
La Corte ha fondato la sua decisione su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il ricorso in cassazione avverso una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello è consentito solo per un novero ristretto di motivi, quali:
1. Vizi della volontà: se il consenso dell’imputato all’accordo è stato viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Vizi del consenso del Pubblico Ministero: se l’adesione della procura presenta delle irregolarità.
3. Contenuto difforme della sentenza: se il giudice ha emesso una pronuncia che non rispecchia i termini dell’accordo raggiunto tra le parti.
4. Illegalità della pena: se la sanzione applicata è illegale, ad esempio perché non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge per quel reato o è di una specie diversa da quella prevista.
Nel caso di specie, il ricorrente non contestava nessuno di questi aspetti, ma sollevava una questione – la qualificazione giuridica – che si considera superata e rinunciata con l’adesione all’accordo. Di conseguenza, il ricorso è stato ritenuto proposto per motivi non consentiti dalla legge e, pertanto, dichiarato inammissibile. L’esito è stato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa pronuncia rafforza la natura ‘tombale’ del concordato in appello. Chi sceglie questa strada processuale ottiene il vantaggio di una pena concordata e potenzialmente più mite, ma deve essere consapevole di rinunciare a gran parte delle successive vie di impugnazione. La decisione di aderire a un simile accordo deve essere ponderata attentamente, poiché preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni di merito o di diritto, come la qualificazione giuridica dei fatti, che non rientrino nei limitati casi di illegalità o di vizi del consenso. La sentenza serve da monito: una volta firmato l’accordo, le porte per ulteriori contestazioni si chiudono quasi ermeticamente.
È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un concordato in appello?
Sì, ma solo per un numero molto limitato di motivi. Il ricorso è ammissibile se riguarda vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo, il consenso del pubblico ministero, un contenuto della sentenza difforme dall’accordo o l’illegalità della pena inflitta.
Dopo un concordato in appello, si può contestare la qualificazione giuridica del reato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’adesione al concordato implica la rinuncia a sollevare tale questione. Contestare la qualificazione giuridica dei fatti è un motivo non consentito e rende il ricorso inammissibile.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non consentita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6352 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 6352 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TORINO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 13/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Torino, con sentenza ex art. 599 bis cod.proc.pen. in settembre 2023, riduceva nei termini concordati tra le parti la pena inflitta a NOME in ordine ai reati di appropriazione indebita e tentata estorsione allo stesso ascritti
Avverso detta sentenza proponeva ricorso il difensore dell’imputato, deducendo, con motivo qui riassunto ex art. 173 disp.att. cod.proc.pen., violazione dell’art. cod.proc.pen. con riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è pro osto per motivi non consentiti e deve, pertanto, essere d pro inammissibileruuse
Ed invero deve esse 1e ricordato come in tema di concordato in appello, è ammissibile il ric in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al co pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutaz condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi a determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quella prevista dalla
2, n. 22002 del 10/04/2019, Rv. 276102 – 01). E nel caso di specie il ricorso investe la della qualificazione giuridica dei fatti pur rinunciata dall’imputato in sede di conco pena.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c terzo cod.proc.pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto de cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 10 gennaio 2024
NOME