LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5892/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza basata su un concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.). L’imputato lamentava una carenza di motivazione, ma la Corte ha ribadito che l’impugnazione è consentita solo per vizi specifici legati alla formazione dell’accordo, e non per motivi di merito rinunciati. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: I Limiti al Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, permettendo alle parti di accordarsi sull’esito del giudizio di secondo grado. Tuttavia, la scelta di questa via processuale comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Con la recente ordinanza n. 5892 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini entro cui è possibile ricorrere contro una sentenza emessa a seguito di tale accordo.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello. Quest’ultima aveva applicato la pena concordata tra le parti ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. L’imputato, tramite il proprio difensore, decideva di impugnare tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge per carenza di motivazione in relazione all’accoglimento dell’accordo stesso.

La Decisione della Corte e il concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la sentenza pronunciata a seguito di concordato in appello è ricorribile in Cassazione solo per un novero molto ristretto di motivi. La doglianza sollevata dal ricorrente, relativa a un presunto difetto di motivazione, non rientrava tra le ipotesi consentite dalla legge e dalla giurisprudenza.

Le Motivazioni della Scelta

La Suprema Corte ha chiarito che l’istituto del concordato in appello si basa sulla rinuncia ai motivi di ricorso originari in cambio di una determinazione concordata della pena. Accedere a questa procedura significa, di fatto, accettare l’esito del giudizio d’appello così come definito dall’accordo. Di conseguenza, non è più possibile sollevare questioni che sono state implicitamente superate dall’accordo stesso.

La giurisprudenza, richiamata nell’ordinanza (in particolare la sentenza n. 944/2020), ha delineato con precisione i motivi per cui è ancora possibile impugnare:

1. Vizi della volontà: se la volontà dell’imputato di accedere al concordato si è formata in modo viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Mancato consenso del PM: qualora manchi il consenso del pubblico ministero all’accordo.
3. Pronuncia difforme: se la sentenza del giudice è diversa, nel suo contenuto, rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Al di fuori di questi casi, sono inammissibili le doglianze relative ai motivi d’appello rinunciati, alla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o a vizi nella determinazione della pena, a meno che quest’ultima non sia illegale (cioè fuori dai limiti edittali o di tipo diverso da quello previsto).

Nel caso specifico, la critica sulla ‘carenza di motivazione’ non rientra in nessuna delle categorie ammesse, configurandosi come una questione di merito superata dalla scelta processuale del concordato.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rafforza un punto cruciale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica che preclude quasi ogni ulteriore via di impugnazione. Gli avvocati devono informare chiaramente i propri assistiti delle conseguenze di tale scelta, che cristallizza la sentenza d’appello rendendola quasi definitiva. Presentare un ricorso per motivi non consentiti, come la mancanza di motivazione, non solo è inutile ma anche controproducente. Come stabilito dall’art. 616 c.p.p., l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nel determinare la causa di inammissibilità. Questa pronuncia serve quindi da monito sull’importanza di valutare attentamente i presupposti e i limiti di ogni strumento processuale.

È sempre possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa dopo un ‘concordato in appello’?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà di accordarsi, il consenso del pubblico ministero, o se la sentenza del giudice è diversa dall’accordo raggiunto.

La mancanza di motivazione da parte del giudice d’appello nell’accettare l’accordo è un motivo valido per ricorrere?
No. Secondo la Corte, le doglianze relative alla motivazione o a questioni di cui si è rinunciato con l’accordo sono inammissibili e non possono essere fatte valere in Cassazione.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver avviato un’impugnazione non consentita dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati