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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso presentato dopo un ‘concordato in appello’. La decisione si basa sul principio che l’accordo sulla pena, con la conseguente rinuncia agli altri motivi di impugnazione, crea una preclusione processuale che limita la possibilità di ulteriori ricorsi, salvo casi eccezionali non riscontrati nella fattispecie. La Corte sottolinea che la scelta del concordato in appello preclude la discussione di questioni a cui si è rinunciato.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Ricorso Successivo

L’istituto del concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza strategica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 5256/2024, torna a ribadire le conseguenze irrevocabili di tale scelta, chiarendo quando un successivo ricorso per cassazione debba essere dichiarato inammissibile. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere la portata della rinuncia ai motivi di appello e l’effetto preclusivo che ne deriva.

Il Contesto del Ricorso: L’Accordo in Secondo Grado

Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. In quella sede, la difesa dell’imputato e il Procuratore Generale avevano raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. Nello specifico, le parti avevano concordato sull’accoglimento del motivo relativo alla misura della pena, con la contestuale rinuncia a tutti gli altri motivi di censura proposti.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha successivamente proposto ricorso per cassazione, cercando di sollevare questioni che, di fatto, erano state oggetto della sua precedente rinuncia. È su questo punto che la Corte è stata chiamata a pronunciarsi.

L’Effetto della Rinuncia ai Motivi nel concordato in appello

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella natura dell’accordo raggiunto in appello. L’articolo 599-bis c.p.p. stabilisce che le parti possono chiedere alla Corte d’Appello di concordare sull’accoglimento, totale o parziale, dei motivi, rinunciando agli altri. Questa rinuncia non è un atto formale privo di conseguenze; al contrario, produce un effetto giuridico ben preciso: la preclusione processuale.

In virtù dell’effetto devolutivo proprio delle impugnazioni, la cognizione del giudice è limitata esclusivamente ai punti della decisione che sono stati contestati. Se l’imputato rinuncia a determinati motivi, il giudice d’appello non ha più il potere (né il dovere) di esaminarli. La sua attenzione si concentra unicamente sui termini dell’accordo. Di conseguenza, le questioni oggetto di rinuncia escono definitivamente dal perimetro del giudizio.

La Decisione della Suprema Corte: L’Inammissibilità del Ricorso

Coerentemente con questi principi, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso. I giudici hanno ribadito che la rinuncia ai motivi determina una preclusione che impedisce al giudice di prendere in cognizione quanto non gli è stato devoluto. Pertanto, un ricorso per cassazione che ripropone questioni (anche se astrattamente rilevabili d’ufficio) a cui l’interessato ha rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena è inammissibile.

La Corte precisa che il ricorso sarebbe stato ammissibile solo in casi eccezionali e specifici, quali:
1. Vizi relativi alla formazione della volontà di accedere al concordato.
2. Mancanza del consenso del Procuratore Generale.
3. Applicazione di una pena difforme da quella concordata o palesemente illegale.

Poiché nel caso di specie non era stata dedotta alcuna di queste circostanze, il ricorso è stato respinto.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale, formatosi già sotto la vigenza del precedente art. 599, comma 4, c.p.p. La logica è quella di dare stabilità e certezza agli accordi processuali. Permettere all’imputato di beneficiare di un accordo sulla pena e, al contempo, di mantenere aperta la possibilità di contestare altri punti a cui ha espressamente rinunciato, svuoterebbe di significato l’istituto del concordato in appello. La rinuncia è l’elemento che bilancia l’accoglimento della richiesta sulla pena. Si tratta di una scelta difensiva ponderata che, una volta compiuta, cristallizza l’oggetto del giudizio, impedendo ripensamenti successivi che minerebbero l’economia processuale e la lealtà tra le parti.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la scelta del concordato in appello è una decisione strategica dalle conseguenze significative. L’imputato e il suo difensore devono valutare attentamente il bilanciamento tra il vantaggio di una pena concordata e la perdita definitiva della facoltà di far valere altri motivi di doglianza. La pronuncia della Cassazione serve come un chiaro monito: una volta intrapresa la via dell’accordo, non è possibile tornare indietro e rimettere in discussione i punti oggetto di rinuncia, se non per le limitatissime eccezioni previste dalla legge. La porta per ulteriori impugnazioni, di fatto, si chiude.

Cosa succede se si accetta un concordato in appello e si rinuncia ad altri motivi?
L’accettazione di un concordato in appello, con la rinuncia agli altri motivi, limita la cognizione del giudice ai soli punti concordati. Si verifica una preclusione processuale che impedisce di sollevare successivamente le questioni oggetto di rinuncia.

Dopo un concordato in appello, è sempre possibile fare ricorso in Cassazione?
No. Il ricorso per Cassazione è di regola inammissibile se riguarda questioni a cui si è rinunciato. È ammesso solo in casi eccezionali, ad esempio se vi sono vizi nella volontà di aderire all’accordo, se la pena applicata è illegale o se è difforme da quella pattuita.

La rinuncia ai motivi in appello impedisce al giudice di valutare un proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p.?
Sì. Secondo l’orientamento richiamato dalla Corte, a seguito della rinuncia ai motivi d’impugnazione in vista di un accordo sulla pena, il giudice d’appello non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per una delle cause previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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