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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4192/2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati che avevano precedentemente siglato un accordo sulla pena in secondo grado, noto come “concordato in appello”. La Corte ha ribadito che la rinuncia ai motivi di appello in funzione dell’accordo limita la possibilità di impugnare la sentenza in Cassazione solo a vizi specifici, escludendo questioni come la responsabilità penale o le attenuanti, che si intendono rinunciate.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Limiti e Conseguenze del Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale che consente alle parti di accordarsi sull’accoglimento di alcuni motivi di appello, con una conseguente rideterminazione della pena. Questa scelta strategica, tuttavia, comporta effetti preclusivi significativi per le successive fasi del giudizio, in particolare per l’eventuale ricorso in Cassazione. Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce i confini di tale impugnazione, confermando un orientamento consolidato.

I Fatti del Caso

Due imputati, dopo una condanna in primo grado, presentavano appello. Nel corso del giudizio di secondo grado, le loro difese raggiungevano un accordo con la Procura Generale, rinunciando a tutti i motivi di impugnazione ad eccezione di quelli relativi alla quantificazione della pena. La Corte d’Appello di Bari, recependo l’accordo, emetteva una sentenza ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.

Nonostante l’accordo, i difensori degli imputati proponevano ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione sulla responsabilità penale e sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ovvero proprio i motivi a cui avevano precedentemente rinunciato.

La Disciplina del Concordato in Appello e i suoi Effetti

L’istituto del concordato in appello si fonda su una logica di economia processuale. L’imputato, in accordo con il pubblico ministero, rinuncia a contestare alcuni o tutti i motivi di appello in cambio di una possibile riduzione della pena. Questa rinuncia non è un atto formale privo di conseguenze; al contrario, produce un effetto preclusivo che limita drasticamente l’oggetto della cognizione del giudice d’appello.

La cognizione del giudice di secondo grado viene circoscritta esclusivamente ai motivi non oggetto di rinuncia. Di conseguenza, tutte le altre questioni, comprese quelle rilevabili d’ufficio come le cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., non possono più essere esaminate.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, aderendo pienamente alla giurisprudenza dominante in materia.

Le Motivazioni della Suprema Corte

I giudici di legittimità hanno spiegato che la rinuncia ai motivi di appello, funzionale all’accordo sulla pena, cristallizza il giudizio su quei punti. L’acquiescenza prestata sulle questioni di responsabilità e sulle altre circostanze del reato preclude la possibilità di rimetterle in discussione davanti alla Corte di Cassazione.

Il ricorso avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo in casi eccezionali e specifici, quali:

1. Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Problemi legati al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Una pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.
4. L’applicazione di una pena illegale, perché non rientrante nei limiti edittali o diversa da quella prevista dalla legge.

Nel caso di specie, i ricorrenti avevano sollevato doglianze relative alla responsabilità penale e alle attenuanti, ovvero questioni che erano state esplicitamente oggetto di rinuncia. Tali motivi sono estranei al perimetro ristretto delle censure ammissibili e, pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche del Concordato in Appello

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che, accettando di rinunciare a determinati motivi, si chiudono la strada per contestare quegli stessi punti in Cassazione. La convenienza di un accordo sulla pena deve essere attentamente ponderata alla luce della quasi totale impossibilità di un successivo riesame nel merito. La sentenza diventa, per i profili oggetto di rinuncia, sostanzialmente definitiva, salvo i limitati e gravi vizi procedurali o sostanziali indicati dalla giurisprudenza.

È possibile fare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile se riguarda vizi nella formazione della volontà di accordarsi, il consenso del PM, una decisione del giudice non conforme all’accordo o l’applicazione di una pena illegale. Non è possibile ricorrere per motivi che sono stati oggetto di rinuncia.

Quali motivi di ricorso vengono esclusi dopo un concordato in appello?
Vengono esclusi tutti i motivi ai quali l’imputato ha espressamente rinunciato in funzione dell’accordo. Tipicamente, questi includono questioni sulla responsabilità penale, sulla qualificazione giuridica del fatto o sul riconoscimento di circostanze attenuanti.

Cosa succede se si propone un ricorso per motivi che sono stati oggetto di rinuncia?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. Ciò comporta non solo l’impossibilità di esaminare il merito della questione, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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