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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena tramite il cosiddetto “concordato in appello”, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche nella loro massima estensione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che l’adesione al concordato in appello comporta la rinuncia ai motivi di ricorso, precludendo un successivo riesame nel merito.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: L’Accordo che Preclude il Ricorso

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che offre all’imputato la possibilità di ottenere una pena ridotta in cambio della rinuncia ai motivi d’appello. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i limiti e le conseguenze di questa scelta processuale, sottolineando come l’accordo tra le parti abbia un effetto preclusivo su successive doglianze.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna emessa dal GIP del Tribunale per reati legati agli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990). In secondo grado, la Corte d’appello, su accordo delle parti, rideterminava la pena inflitta. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. Il motivo del ricorso era specifico: la violazione di legge e il vizio di motivazione in riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del concordato in appello: la natura negoziale dell’accordo. Una volta che le parti, liberamente, stipulano un patto processuale sulla pena e questo viene recepito dal giudice, non è più possibile modificarlo unilateralmente o rimetterlo in discussione, salvo l’ipotesi di una pena palesemente illegale.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato. L’istituto del concordato in appello, introdotto dalla novella del codice di rito, ricalca la logica del precedente “patteggiamento in appello”. L’essenza di questo strumento è la rinuncia ai motivi di impugnazione. Tale rinuncia ha un effetto devolutivo limitato: la cognizione del giudice è circoscritta esclusivamente ai motivi che non sono stati oggetto di rinuncia.

Nel caso di specie, l’accordo sulla pena implicava una rinuncia a contestare tutti gli aspetti della sentenza di primo grado che non fossero stati esclusi dall’accordo stesso. La doglianza relativa alla misura delle attenuanti generiche, pertanto, rientrava a pieno titolo tra i punti coperti dalla rinuncia. Di conseguenza, il potere del giudice di secondo grado era limitato a verificare la correttezza dell’accordo e a recepirlo, senza dover motivare su aspetti che le parti avevano deciso di non contestare più.

La Corte sottolinea come questo “potere dispositivo” riconosciuto alle parti produca effetti preclusivi che si estendono all’intero svolgimento processuale, incluso l’eventuale giudizio di legittimità. Il ricorso in Cassazione su un punto che è stato oggetto di rinuncia implicita tramite il concordato in appello è, quindi, irricevibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica sulle strategie processuali. La scelta di accedere al concordato in appello è una decisione che deve essere ponderata con attenzione. Se da un lato garantisce la certezza di una pena ridotta, dall’altro comporta la cristallizzazione della situazione processuale e la perdita della possibilità di contestare nel merito la decisione del primo giudice. Una volta consacrato nella decisione del giudice d’appello, l’accordo diventa vincolante e non può essere messo in discussione con un successivo ricorso, a meno di non eccepire un’illegalità della pena concordata. La decisione della Cassazione, dichiarando l’inammissibilità e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una somma alla Cassa delle ammende, rafforza la natura definitiva e vincolante di questo strumento processuale.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato aveva precedentemente aderito a un “concordato in appello”, un accordo che implica la rinuncia ai motivi di impugnazione. Di conseguenza, non poteva più contestare aspetti della sentenza, come la misura delle attenuanti, che erano coperti da tale rinuncia.

Che cos’è il “concordato in appello”?
È un accordo processuale tra imputato e pubblico ministero, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, con cui le parti concordano la pena da applicare in grado d’appello in cambio della rinuncia ai motivi di ricorso. L’accordo viene poi recepito dal giudice.

È possibile impugnare una sentenza basata su un concordato in appello?
No, di norma non è possibile. L’accordo, una volta accettato dal giudice, non può essere modificato unilateralmente. La giurisprudenza citata nel provvedimento chiarisce che l’unica eccezione rilevante è l’ipotesi di “illegalità della pena concordata”, che però non ricorreva nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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