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Concordato in appello: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che aveva ratificato un accordo sulla pena (concordato in appello). L’imputato sosteneva un vizio procedurale legato al momento in cui il Pubblico Ministero aveva dato il suo consenso. La Suprema Corte ha stabilito che, una volta raggiunto l’accordo, la rinuncia ai motivi di appello diventa definitiva e non può essere revocata, rendendo il successivo ricorso inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle Ammende.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: l’Accordo Processuale Rende il Ricorso Inammissibile

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 7389/2024, ha ribadito un principio fondamentale: una volta che l’accordo è perfezionato, la rinuncia ai motivi di appello diventa definitiva e irrevocabile. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello di Messina. In secondo grado, i giudici avevano accolto una proposta di concordato in appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, concedendo le attenuanti generiche e rideterminando la pena in due anni e sei mesi di reclusione.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di ricorrere in Cassazione, sollevando un unico motivo di impugnazione. A suo dire, la Corte territoriale avrebbe commesso un errore procedurale. In particolare, lamentava che la Corte avesse accolto la richiesta di rideterminazione della pena, nonostante il Pubblico Ministero, prima di prestare il proprio consenso, avesse depositato delle conclusioni scritte chiedendo la conferma della sentenza di primo grado. Secondo la difesa, questo comportamento avrebbe indotto l’imputato a insistere nei motivi di appello, rendendo invalido il successivo consenso del PM.

La Decisione della Corte di Cassazione sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando completamente la tesi difensiva. I giudici di legittimità hanno chiarito che il negozio processuale alla base del concordato in appello si perfeziona con il consenso del Pubblico Ministero, indipendentemente dal momento in cui questo interviene.

La conseguenza diretta del perfezionamento dell’accordo è la rinuncia ai motivi di appello, che diventa definitiva. Pertanto, qualsiasi successivo ricorso basato su tali motivi è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il punto centrale delle motivazioni risiede nella natura stessa del concordato in appello. Questo istituto processuale presuppone una rinuncia da parte dell’imputato ai motivi di appello che non vengono accolti nell’accordo. Tale rinuncia non è una semplice dichiarazione di intenti, ma un atto processuale con effetti definitivi.

Citando un proprio precedente (Sez. 2, n. 43893 del 04/11/2021), la Corte ha ribadito che la dichiarazione di rinuncia dell’imputato ai motivi sulla responsabilità non è suscettibile di revoca, neppure implicita. L’unico caso in cui tale rinuncia perde effetto, ai sensi del comma 3 dell’art. 599-bis c.p.p., è il mancato accoglimento della proposta di pena concordata da parte del giudice. Poiché nel caso di specie la Corte d’Appello aveva recepito l’accordo, la rinuncia era diventata irrevocabile, precludendo ogni ulteriore impugnazione.

La pronuncia di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante monito per la difesa. La scelta di percorrere la strada del concordato in appello è una decisione strategica che deve essere ponderata attentamente, poiché implica conseguenze processuali irreversibili. Una volta che il Pubblico Ministero esprime il suo consenso e il giudice ratifica l’accordo, la partita processuale sui motivi di appello rinunciati si chiude definitivamente. Non è possibile, in un secondo momento, tentare di rimettere in discussione l’accordo sollevando questioni procedurali superate dal consenso stesso delle parti, pena l’inammissibilità del ricorso e ulteriori condanne economiche.

Una volta accettato un concordato in appello, è possibile presentare ricorso in Cassazione?
No, una volta che il giudice accoglie la proposta di concordato in appello, la rinuncia ai motivi di appello da parte dell’imputato diventa definitiva e irrevocabile. Un eventuale ricorso basato sui motivi oggetto di rinuncia sarà dichiarato inammissibile.

Il consenso del Pubblico Ministero al concordato in appello può essere invalidato se espresso dopo una richiesta di conferma della condanna?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il consenso espresso dal Pubblico Ministero perfeziona l’accordo processuale, indipendentemente dal momento in cui viene manifestato o da eventuali precedenti conclusioni difformi.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, determinata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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