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Concordato in appello: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento in secondo grado, nota come concordato in appello. La Corte ha ribadito che, una volta accettato l’accordo sulla pena, non è possibile impugnare la sentenza per motivi generici sulla ricostruzione dei fatti, ma solo per vizi specifici legati alla formazione del consenso. Il ricorso, giudicato troppo generico, è stato respinto con condanna alle spese e a un’ammenda.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: I Limiti del Ricorso secondo la Cassazione

L’istituto del concordato in appello, previsto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per definire il processo in secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Tuttavia, una volta intrapresa questa strada, le possibilità di impugnare la decisione diventano molto limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con chiarezza quali sono i confini di ammissibilità del ricorso avverso una sentenza di questo tipo, fornendo indicazioni preziose per la difesa.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Torino, accogliendo una richiesta concorde delle parti, aveva applicato a un imputato la pena di quattro anni di reclusione per il reato di associazione per delinquere. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando un generico “vizio della motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti”.

In sostanza, dopo aver beneficiato di una pena concordata, il ricorrente tentava di rimettere in discussione la valutazione dei fatti che aveva portato alla sua condanna, un aspetto che si presume superato proprio dall’accordo stesso.

Il Concordato in Appello e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che la natura stessa del concordato in appello implica una rinuncia a far valere determinate censure. L’accordo sulla pena cristallizza il procedimento e limita drasticamente le successive possibilità di impugnazione.

Di conseguenza, la Corte non solo ha respinto il ricorso, ma ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende, sanzionando così l’abuso dello strumento processuale.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. La Corte ha chiarito che il ricorso in cassazione contro una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in circostanze molto specifiche, che non riguardano il merito della vicenda. I motivi validi sono:

1. Vizi nella formazione della volontà: è possibile contestare la sentenza se si dimostra che il consenso dell’imputato a stipulare l’accordo era viziato (ad esempio, per errore, violenza o dolo).
2. Vizi del consenso del pubblico ministero: analogamente, si può contestare un vizio nel consenso prestato dall’accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia: il ricorso è ammissibile se la pena applicata dal giudice è diversa da quella concordata tra le parti.

Al di fuori di questi casi, sono inammissibili tutte le doglianze relative a motivi a cui si è rinunciato con l’accordo, come la mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non sia palesemente illegale (cioè fuori dai limiti edittali previsti dalla legge).

Nel caso specifico, il ricorso è stato giudicato “del tutto generico”, poiché si limitava a criticare la motivazione senza addurre alcuna delle ragioni valide sopra elencate. La Corte ha quindi concluso che il ricorrente stava tentando di riaprire una discussione sul merito, preclusa dalla scelta di aderire al concordato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un punto fondamentale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato che accetta un accordo sulla pena rinuncia implicitamente a contestare la ricostruzione dei fatti e la valutazione della sua colpevolezza. Qualsiasi successivo tentativo di impugnazione deve essere fondato su motivi estremamente specifici e rigorosi, attinenti esclusivamente alla validità del consenso prestato. Proporre un ricorso generico, come nel caso esaminato, non solo è inutile, ma espone al rischio concreto di una condanna al pagamento di ulteriori spese e sanzioni pecuniarie.

È sempre possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
No, non sempre. Il ricorso è ammissibile solo per motivi molto specifici, come quelli relativi a vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo o se il giudice ha emesso una pronuncia con un contenuto difforme da quello pattuito.

Cosa succede se si propone un ricorso generico contro una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come conseguenza, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, commisurata alla sua colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

Lamentarsi della motivazione sulla ricostruzione dei fatti è un motivo valido per impugnare una sentenza di concordato in appello?
No. Secondo questa ordinanza, la scelta di accedere al concordato implica la rinuncia a sollevare doglianze relative a motivi che si sarebbero potuti far valere in un appello ordinario, inclusi quelli sulla valutazione dei fatti. Tali motivi sono considerati inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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