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Concordato in appello: quando è inammissibile il ricorso

Due imputati ricorrono in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’, lamentando l’erroneità dei criteri di determinazione della pena. La Suprema Corte dichiara i ricorsi inammissibili, ribadendo che l’impugnazione contro tale accordo è possibile solo per vizi sulla formazione della volontà o per illegalità della pena, non per contestare la congruità della sanzione pattuita tra le parti.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: i limiti al ricorso secondo la Cassazione

Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, a fronte della rinuncia a specifici motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile contestare la sentenza che ratifica tale accordo, stabilendo principi ferrei sulla sua impugnabilità.

Il caso: un accordo sulla pena e il successivo ricorso

Nel caso di specie, due imputati, condannati in primo grado dal Tribunale, avevano raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello. Questo patto prevedeva la rideterminazione delle pene (rispettivamente a dieci anni e sei mesi e a nove anni e dieci mesi di reclusione) in cambio della rinuncia ai motivi di appello che contestavano la loro responsabilità penale.

La Corte d’Appello, recependo l’accordo, emetteva la sentenza. Tuttavia, gli imputati decidevano di presentare ricorso in Cassazione, non per contestare l’esistenza o la validità del loro consenso, ma per criticare l’incongruità del percorso motivazionale seguito dai giudici d’appello nella commisurazione della pena concordata.

I limiti del ricorso in caso di concordato in appello

La questione centrale affrontata dalla Suprema Corte riguarda i motivi per cui si può impugnare una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. I giudici di legittimità hanno colto l’occasione per ribadire un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

Il ricorso è ammissibile solo ed esclusivamente per motivi molto specifici, che attengono alla regolarità procedurale dell’accordo e non al suo contenuto di merito. In particolare, è possibile ricorrere se si lamentano:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di aderire al concordato.
2. Vizi relativi al consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo pattuito tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, il ricorso è inammissibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibili i ricorsi, ha spiegato che le doglianze degli imputati non rientravano in nessuna delle categorie ammesse. Essi non contestavano la validità del loro accordo, ma la congruità della pena che loro stessi avevano contribuito a determinare.

I giudici hanno chiarito che, una volta rinunciato a determinati motivi di appello, non è possibile reintrodurli surrettiziamente in sede di legittimità. Inoltre, le critiche relative ai criteri di determinazione della pena sono inammissibili, a meno che la sanzione inflitta non sia palesemente illegale, ovvero inflitta al di fuori dei limiti previsti dalla legge o di tipo diverso da quello consentito.

Nel concordato in appello, le parti dispongono del proprio potere di impugnazione e accettano una certa pena. Il giudice, dal canto suo, ha il compito di verificare la correttezza dell’accordo e che la pena non sia frutto di un errore palese, ma non è tenuto a seguire i criteri ordinari di commisurazione come se non ci fosse stato un patto processuale. Pertanto, lamentare l’incongruità della pena concordata equivale a contraddire la propria precedente manifestazione di volontà, rendendo il ricorso inammissibile.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la stabilità delle sentenze emesse a seguito di concordato in appello. La decisione della Cassazione è un chiaro monito: l’accordo sulla pena in appello è un atto processuale serio, che preclude successive contestazioni sulla congruità della sanzione liberamente pattuita. Le uniche vie di impugnazione rimangono confinate ai vizi genetici dell’accordo o a palesi illegalità della pena, garantendo così la funzionalità e l’efficacia di questo importante istituto processuale.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi specifici. Il ricorso è ammissibile se contesta vizi nella formazione della volontà delle parti, nel consenso del pubblico ministero o se la decisione del giudice è difforme dall’accordo raggiunto.

Quali motivi di ricorso sono inammissibili contro una sentenza di patteggiamento in appello?
Sono inammissibili le contestazioni relative ai motivi di appello a cui si è rinunciato, alla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) e, in generale, ai vizi sulla determinazione della pena, a meno che essa non sia illegale (cioè fuori dai limiti edittali o di specie diversa da quella prevista).

Si può contestare la congruità della pena concordata in appello con un ricorso in Cassazione?
No, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, la doglianza relativa all’erronea determinazione dei criteri di commisurazione della pena concordata non è proponibile in sede di legittimità, poiché le parti, nell’accordo, non sono vincolate ai criteri ordinari di determinazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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