Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25835 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25835 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 18/10/1998 COGNOME nato a NAPOLI il 10/09/1996
avverso la sentenza del 17/01/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi in esame sono stati proposti, con atti di impugnazione separati, nell’interesse degli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli il 17 gennaio 2025, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., con cui veniva concordata, per il primo, la pena di dieci anni e sei mesi di reclusione, per il secondo, la pena di nove anni e dieci mesi di reclusione.
La sentenza impugnata, in particolare, veniva pronunciata a seguito dell’impugnazione della decisione di primo grado, emessa dal Tribunale di Napoli 1’11 luglio 2023.
Nel caso di specie, nel giudizio di appello, le parti hanno raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., previa rinuncia da parte dell’imputato ai motivi che avevano investito il giudizio di responsabilità formulato nei suoi confronti.
Pertanto, entrambi i ricorsi, incentrati sull’incongruità del percorso motivazionale formulato dalla Corte di appello di Napoli, censurata dalla difesa dei ricorrenti, relativamente ai criteri di determinazione, risulta proposto avverso sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., dopo l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, che ha reintrodotto nell’ordinamento processuale l’istituto del concordato sui motivi.
In questa cornice, nel ribadire l’inammissibilità delle doglianze poste a fondamento del ricorso in esame, ci si deve limitare a richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: «In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge» (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME Fabio, Rv. 276102 – 01).
Quanto, infine, all’erronea determinazione dei criteri di commisurazione della pena concordata in appello, deve rilevarsi che tale doglianza non è proponibile in sede di legittimità, come affermato da questa Corte, secondo cui: «Nel concordato in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., le parti non sono vincolate a criteri di determinazione della pena, sicché il giudice può sindacare
esclusivamente la congruità della pena finale concordata, senza che rilevino eventuali errori di calcolo nei passaggi intermedi» (Sez. 1, n. 50710 del
10/11/2023, COGNOME Rv. 285655 – 01).
Deve, infine, evidenziarsi che la declaratoria di inammissibilità dell’atto di impugnazione in esame deve essere pronunciata senza formalità, con
provvedimento emesso de plano,
in base al disposto dell’art. 610, comma
5-bis, cod. proc. pen., così come introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in relazione
all’art. 591, comma 2, cod. proc. pen. (tra le altre, Sez. U, n. 8914 del
21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271333 – 01).
Per queste ragioni, i ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME
COGNOME devono essere dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di
esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3 luglio 2025.