Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10666 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10666 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa 1’11/03/2021, la Corte d’appello di Milano ha parzialmente riformato la sentenza emessa il 12/07/2016 dal Tribunale di Milano e, specificamente in relazione alla posizione degli odierni ricorrenti: ha ridot pena per NOME, riconosciuta la continuazione con i fatti giudicati con sentenza del GUP del Tribunale di Lecco in data 23/05/2003, irrevocabile il 25/02/2010, ritenuti più gravi, complessivamente in anni 18 d’i reclusione ed C 68.000,00 di multa; ha ridotto la pena per NOME NOME, concesse l circostanze attenuanti generiche, ad anni 5 e mesi 3 di reclusione ed C 21.000,0 di multa; ha ridotto la pena per NOME, riconosciuta la continuazione co i fatti giudicati con la sentenza del GUP del Tribunale di Lecco in data 23/05/200 irrevocabile il 25/02/2010, ritenuti più gravi, complessivamente in anni 9, mesi di reclusione ed C 87.000,00 di multa.
1.1 La Corte di Cassazione, Sezione Terza, con sentenza n.34396 del 14/06/2022, ha disposto l’annullamento della pronuncia in ordine alla posizion dei tre predetti ricorrenti.
In particolare, con riguardo alla posizione dello COGNOME e della COGNOME – imputa di varie condotte contestate ai sensi dell’art.73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.3 la Corte ha ritenuto fondato il quarto motivo di ricorso, comune a entrambi prevenuti, relativamente alla mancanza di motivazione in ordine agli aumenti di pena apportati a titolo di continuazione; sul punto – riportandosi considerazioni spiegate in riferimento al ricorso proposto dal coimputato COGNOME Collegio ha evidenziato l’omesso rispetto, in punto di onere motivazionale richies sul punto, dei principi dettati da Sez. U, n.47172 del 24/06/2021, COGNOMECOGNOME RV 282269, rinviando quindi il giudizio alla Corte territoriale affinché ponesse rimed al relativo deficit motivazionale.
In relazione alla posizione del NOME, la Corte ha accolto il quarto motivo d ricorso, con il quale era stata dedotta la carenza di motivazione della sente impugnata in ordine alla omessa valutazione della richiesta di non dovers procedere per intervenuta espulsione ai sensi degli artt. 13, comma 3quater del d.lgs. n.286/1998 e dell’art.20bis del d.lgs. n.30/2007.
1.2 La Corte d’appello di Milano, decidendo in sede di rinvio, ha previamente dato atto che la difesa del COGNOME e della COGNOME aveva chiesto l’accoglimento d concordato con rinuncia ai motivi di appello; ha quindi ritenuto accoglibile l’ista medesima, essendo il calcolo degli aumenti di pena a titolo di continuazione conforme alle indicazioni della Suprema Corte anche in riferimento all’identità dell misura per tutti i concorrenti nei singoli reati; determinando quindi la pena pe
NOME in anni quattro di reclusione ed C 20.000,00 di multa e per lo Ziu in an quindici e mesi undici di reclusione ed C 67.30000 di multa.
In ordine alla posizione del NOME, la Corte territoriale ha rilevato ch stesso era stato espulso, con accompagnamento alla frontiera, il gior 08/11/2012 a seguito di provvedimento emesso dal magistrato di sorveglianza di Padova, mentre il decreto di citazione a giudizio relativo all’odierno provvedimen era sopravvenuto all’esito dell’udienza preliminare celebrata il 27/11/2013; però rilevato che, nel caso di specie, non era applicabile l’art.13 del n.286/1998, norma di stretta interpretazione e riferibile alle sole espul disposte ai sensi dei commi 3, 3bis e 3ter dello stesso art.13 e non alle espulsioni disposte a titolo di sanzione alternativa o sostitutiva alla detenzione, come caso dell’art.16 del d.lgs. n.286/1998, invece applicato nel caso di specie; s base di tale considerazioni, la Corte è quindi passata a esaminare i singoli ascritti al NOME, rideterminando la pena in anni otto e mesi sei di reclusione C 81.940,00 di multa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.
2.1 Con il primo motivo ha dedotto la violazione dell’art.606, comma 1, lett.b ed e), cod.proc.pen., in relazione all’art.62bis cod.pen. e agli artt. 121, 178, e 597, comma 5, cod.proc.pen., oltre che all’art.24, comma 2, Cost..
Ha dedotto che, con memoria difensiva del 24/02/2021, era stata richiesta l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche e che la Corte territoriale sede di rinvio – non aveva offerto alcuna motivazione sul punto.
2.2 Con il secondo motivo ha dedotto – in relazione all’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. – la violazione degli artt. 16, 20 e 20bis del d.lgs. n.286/1998.
Ha premesso di avere già fornito la prova, nel precedente giudizio di front alla Corte d’appello, dell’intervenuta espulsione dell’imputato dal territorio Stato prima dell’emissione del decreto di rinvio a giudizio, avvenuta a titol applicazione di sanzione alternativa alla detenzione ai sensi dell’art.16, comma d.lgs. n.286/1998; ha dedotto che la valutazione della Corte – in ordine alla applicabilità dell’art.13, comma 3quater del predetto T.U. alle espulsioni disposte ai sensi dell’art.16, comma 5 – non poteva trovare accoglimento atteso che la ratio sottesa a entrambi gli istituti era rappresentata dall’interesse pubblico a e giudizi inutili ogni volta il cittadino straniero non fosse presente nel territori Stato e dall’interesse del singolo a essere presente nell’ambito di un procedime a proprio carico con garanzia del diritto di difesa.
Hanno proposto altresì separato ricorso NOME COGNOME ed NOME COGNOME, tramite proprio il difensore, articolando un unico e sovrapponibile motivo impugnazione, con il quale hanno dedotto la violazione dell’art.606, comma 1, lett.c), cod.proc.pen., in relazione agli artt. 444 e ss., 143 e 179 cod.proc per mancata osservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità assolut e insanabile.
Hanno dedotto che la Corte territoriale non avrebbe rilevato la nulli derivante dall’omessa traduzione degli atti in lingua conosciuta ai ricorrenti, conseguente violazione del disposto dell’art.143 cod.proc.pen., tanto anche al luce dell’art.6, comma 3, della CEDU e dell’art.111, comma 3, Cdst..; deducendo che la violazione di tale precetto concretizzasse una nullità assoluta rileva anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo; deducendosi che la Cort territoriale avrebbe quindi dovuto ex officio rilevare la nullità del provvedimento disponente il giudizio e di tutti gli atti successivi.
Il Procuratore generale ha fatto pervenire requisitoria scrit:ta nella qual concluso per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto dal NOME è infondato, mentre sono inammissibili i ricorsi proposti dallo NOME e dalla COGNOME.
Il primo motivo articolato dalla difesa del NOME è inammissibile.
Va premesso che, in riferimento al disposto dell’art.527, comma 3, cod.proc.pen., il giudice del rinvio è tenuto a uniformarsi alla sentenz annullamento per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa, con la conseguente preclusione ad esaminare qualsiasi profilo da ritenere avente l valenza del giudicato.
Nel caso di specie, il profilo di diritto conseguente alla mancata concession delle circostanze attenuanti generiche non era neanche stato fatto oggetto motivo di ricorso per cassazione – e, in ogni caso, non era stato fatto oggett statuizione contenuta nella pronuncia di annullamento – risultando quindi inibita sede di giudizio di rinvio qualsiasi ulteriore valutazione in ordine ai presuppost la relativa concessione.
Il secondo motivo articolato dalla difesa del NOME è infondato.
Sul punto, la pronuncia della Terza Sezione aveva rimesso al giudice del rinvio la valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’emanazione di u
sentenza di non luogo a procedere in relazione al disposto dell’art.13, comm 3quater, del d.lgs. n.286 del 1998, ai sensi del quale «Nei casi previsti dai comm 3, 3-bis e 3-ter, il giudice, acquisita la prova dell’avvenuta espulsione, se ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere».
La Terza Sezione ha quindi rimesso alla Corte territoriale la valutazione i ordine alla sussistenza dei presupposti della pronuncia di non luogo a proceder anche nell’ipotesi – quale quella di specie – in cui (in riferimento alla necessi non sia stato emesso il provvedimento disponente il giudizio) nondimeno sussistessero le eventuali condizioni, attesa la data di esecuzione dell’espuls per poter emettere una pronuncia in tale senso (tanto sulla base del tenore de sentenza della Corte Costituzionale n.270 del 2019, che ha dichiarato l’illegitti costituzionale dell’art. 13, comma 3quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui non prevede che, nei casi di decreto di citazione di a giudizio ai sensi dell’art. 550 cod.proc.pen., il giudice possa rilevare, d’ufficio, che l’espulsione dell’imputato straniero è stata eseguita prima ch stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio e che ricorrono tutte condizioni per pronunciare sentenza di non luogo a procedere).
Va peraltro rilevato che, nel caso di specie, quella emessa nei confronti d ricorrente non era un’espulsione di carattere amministrativo disposta ai se dell’art.13 del d.lgs. n.286/1998, bensì quella prevista dall’art.16, comma 5, stesso testo normativo e ai sensi del quale «Nei confronti dello stranie identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell’a 13, comma 2, che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, è disposta l’espulsione».
Sul punto, va richiamata la giurisprudenza di questa Corte in base alla qual l’ambito di operatività del comma 3quater dell’art. 13 d.lgs. 286/1998 è limitato ai soli casi di cui ai commi 3, 3bis e 3ter del medesimo articolo e non può essere esteso anche ai casi di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativ detenzione disposta ai sensi dell’art. 16 del medesimo d.lgs.
E’ stato in particolare rilevato che il tenore letterale della disposizione può essere superato mediante una lettura estensiva, effettuata facendo ricorso criterio interpretativo della intenzione del legislatore
Difatti, la legge 30 luglio 2002, n. 189, recante «Modifica alla normativa i materia di immigrazione e di asilo», è intervenuta contestualmente sull richiamate disposizioni, cosicché l’esplicito richiamo, nell’art. 13, comma 3quater, ai soli casi previsti dai commi 3, 3bis e 3ter, deve ritenersi voluto, come voluta deve anche ritenersi la mancanza di richiami ad altre disposizioni e, segnatamente al successivo articolo 16. Neppure rileva, ai fini di una diversa lettura della no
il richiamo, contenuto in tale ultima disposizione, al comma 2 dell’art. 13, pres nell’ad. 16, comma 5, il quale, anzi, conferma che il legislatore, nell’apporta modifiche, ha tenuto conto delle diverse disposizioni (in tal senso, Sez. 3, n. 48 del 04/11/2015, Kodra, Rv. 265595; Sez. 2, n. 36510 del 28/08/2019, Sahnouni Rv. 277036); d’altra parte, in altra pronuncia, questa Corte ha altresì ritenut la causa di non procedibilità prevista dall’ad. 13 comma 3quater opera a seguito dell’esecuzione dell’espulsione soltanto nel procedimento avente ad oggetto i medesimo fatto all’esito del quale la misura è stata disposta ed eseguita e preclude l’inizio di altri procedimenti penali per fatti eventualmente commessi dal straniero prima della avvenuta espulsione stessa (come nel caso di specie); ciò quanto, altrimenti ragionando, si arriverebbe al risultato irrazionale di ritene straniero espulso beneficiato da una generale condizione di non procedibilità pe qualsiasi fatto, anche particolarmente grave, precedentemente commesso (Sez. 2, n. 29396 del 31/05/2018, Ago, Rv. 273074).
Deve quindi ritenersi che la Corte territoriale – investita dalla Terza Sezi del solo onere motivazionale riguardo alla sussistenza per la pronuncia di un sentenza di non luogo a procedere – abbia fatto corretta applicazione dei predet principi rilevando l’assenza dei presupposti per una pronuncia di tale tenore.
4. I motivi articolati dalla difesa dello NOME e della NOME sono inammissibili
Vedendosi in tema di pronuncia emessa a seguito di concordato disposto ai sensi dell’art.599bis cod.proc.pen. va ricordato che – nella fattispecie – è ammissibile il ricorso in cassazione che deduca i soli motivi relativi alla formazi della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblic ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudic mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancat valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Mariniell RV. 276102; Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, Rv. 278170).
Deve quindi escludersi l’ammissibilità del ricorso per cassazone con il qual si intenda far valere la dedotta nullità degli atti pregressi – nel caso di spe dal decreto disponente il giudizio – derivante dall’omessa traduzione degli ste in lingua conosciuta all’imputato.
Sul punto, va difatti premesso che – per consolidata giurisprudenza – la nulli derivante dall’annessa traduzione del decreto di citazione a giudizio per l’imput alloglotta che non comprenda l’italiano è di ordine generale a regime intermedio deve, pertanto, ritenersi sanata qualora non sia tempestivamente eccepita (Sez.6
n. 44421 del 22/10/2015, Rv. 265026; Sez. 5, n. 11060 del 17/11/2017, dep. 2018, Rv. 272861; Sez. 5, n. 48102 del 15/09/2023. Zerrouq, Rv. 285486 – 02); risultando quindi, nel caso di specie, tardiva la relativa deduzione operata nel ricorso per cassazione.
In ogni caso – vertendosi in ipotesi di applicazione concordata della pena richiamata la consolidata lettura giurisprudenziale in base alla quale l’applicaz concordata medesima postula la rinunzia a fare valere eventuali nullità, diverse d quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento e al consenso ad essa prestat ciò perché le dette nullità se verificatesi, devono ritenersi superate dall’ac intervenuto tra le parti.
Il giudizio di applicazione della pena deve infatti, ritenersi svincolato d specificità delle forme processuali nel corso delle quali esso si è innestato; d consegue, che l’accesso alla modalità concordata della pena preclude all’imputat alloglotta, che non conosca la lingua italiana, la possibilità di eccepire la derivante dalla mancata traduzione di parte degli atti del procedimento, anch perché proprio la libera scelta del rito lascia presupporre la conoscenza effett del contenuto di tali atti da parte dell’imputato e vi pieno rispetto, sotto tale del diritto di difesa (Sez. 6, n. 10983 del 19/11/2009, dep. 2010, Z., Rv. 24667 Sez. 2, n. 6575 del 02/02/2016, Vidroi, Rv. 266:198).
Ne consegue che, nel caso di specie, le questioni inerenti alla traduzione d decreto disponente il giudizio e delle sentenze di merito non potevano essere fat valere attraverso il ricorso per cassazione avverso la sentenza concordata; n avendo peraltro gli imputati – in relazione al suddetto principio – neanche dedot l’effettiva sussistenza di vizi attinenti alla formazione della volontà della pa accedere al concordato.
Al rigetto del ricorso proposto dal NOME segue la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.
Alla declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi proposti dallo RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE segue pure la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali; e inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzion e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la p abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della caus di inammissibilità», i suddetti ricorrenti vanno condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Rigetta il ricorso proposto da NOME COGNOME, che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi proposti da NOME COGNOME ed NOME COGNOME e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2024
Il Co igliere estensore
Il Presidente