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Concordato in appello: quali nullità si possono far valere?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10666/2024, ha stabilito principi cruciali in tema di concordato in appello e espulsione dello straniero. Due ricorrenti, che avevano stipulato un concordato sulla pena, hanno visto il loro ricorso dichiarato inammissibile perché l’accordo sana le nullità procedurali pregresse, come la mancata traduzione degli atti. Il ricorso di un terzo imputato, basato sulla richiesta di non luogo a procedere per avvenuta espulsione, è stato rigettato. La Corte ha chiarito che solo l’espulsione amministrativa, e non quella disposta come sanzione alternativa alla detenzione, può portare all’estinzione del procedimento.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando l’Accordo sulla Pena Sana le Nullità Precedenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10666/2024) offre importanti chiarimenti su due istituti procedurali di grande rilevanza: il concordato in appello e la causa di non procedibilità per espulsione dello straniero. Questa pronuncia sottolinea come la scelta di un rito premiale come l’accordo sulla pena comporti una rinuncia implicita a far valere determinate nullità procedurali, anche se relative a diritti fondamentali come la traduzione degli atti per l’imputato alloglotta. Analizziamo i dettagli della decisione.

Il Caso: Tre Ricorsi, Due Questioni Giuridiche

La vicenda processuale giunge in Cassazione a seguito dei ricorsi presentati da tre imputati contro una sentenza della Corte d’Appello, emessa in sede di rinvio. Le posizioni dei ricorrenti, tuttavia, si basavano su presupposti differenti.

La Posizione degli Imputati con Concordato in Appello

Due degli imputati avevano definito la loro posizione in appello attraverso un concordato in appello, accordandosi con la Procura sulla pena da applicare. Nonostante ciò, hanno proposto ricorso in Cassazione lamentando una nullità assoluta e insanabile: l’omessa traduzione degli atti processuali in una lingua a loro comprensibile, in violazione del diritto di difesa.

La Posizione dell’Imputato Espulso

Il terzo imputato, invece, fondava il suo ricorso su un’altra questione. Essendo stato espulso dal territorio nazionale prima della definizione del giudizio, chiedeva che venisse dichiarata la non procedibilità dell’azione penale. La Corte d’Appello aveva respinto la sua richiesta, ritenendo che il tipo di espulsione subita (come sanzione alternativa alla detenzione) non rientrasse nei casi previsti dalla legge per l’estinzione del procedimento.

La Decisione della Cassazione sul Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi dei due imputati che avevano optato per il concordato in appello. La motivazione si basa su un principio consolidato in giurisprudenza.

L’Effetto ‘Sanante’ dell’Accordo

Secondo gli Ermellini, la scelta di accedere al concordato in appello implica una rinuncia a far valere eventuali nullità, diverse da quelle che viziano la volontà di patteggiare o che riguardano l’illegalità della pena. La nullità derivante dalla mancata traduzione degli atti è classificata come ‘a regime intermedio’, il che significa che deve essere eccepita tempestivamente per non essere sanata.

Scegliendo liberamente il rito, l’imputato presuppone di aver compreso il contenuto degli atti e accetta di superare le eventuali irregolarità procedurali pregresse. L’accordo sulla pena, quindi, svincola il giudizio dalle forme processuali precedenti e preclude la possibilità di sollevare tali eccezioni in Cassazione.

Espulsione dello Straniero e Non Procedibilità: Una Distinzione Fondamentale

La Corte ha rigettato anche il ricorso del terzo imputato, confermando la decisione della Corte d’Appello sulla questione dell’espulsione.

La Differenza tra Espulsione Amministrativa e Sanzione Alternativa

Il Collegio ha chiarito che la norma che prevede la sentenza di non luogo a procedere (art. 13, comma 3-quater, D.Lgs. 286/1998) si applica esclusivamente ai casi di espulsione amministrativa. Non può essere estesa, neanche in via interpretativa, all’espulsione disposta come sanzione alternativa alla detenzione (art. 16 dello stesso decreto).

Il legislatore ha volutamente limitato l’ambito di applicazione della causa di non procedibilità, escludendo i casi in cui l’espulsione non è un atto amministrativo per allontanare un irregolare, ma una vera e propria modalità di esecuzione della pena. Pertanto, l’espulsione subita dal ricorrente non poteva portare all’estinzione del procedimento a suo carico.

le motivazioni

La Corte Suprema ha basato la sua decisione su un’interpretazione rigorosa delle norme procedurali. Per quanto riguarda il concordato in appello, la ratio è quella di garantire stabilità agli accordi processuali, evitando che possano essere utilizzati come strumento per rimettere in discussione l’intero procedimento dopo aver beneficiato di un trattamento sanzionatorio concordato. La libera scelta del rito è vista come un atto che presuppone la piena consapevolezza e l’accettazione del quadro processuale esistente, incluse le eventuali nullità non assolute e non tempestivamente eccepite.
Sul fronte dell’espulsione, la motivazione risiede nella netta distinzione teleologica tra le diverse tipologie di allontanamento dello straniero. L’espulsione amministrativa mira a gestire i flussi migratori, mentre l’espulsione come sanzione alternativa è uno strumento di politica criminale. Confondere i due istituti porterebbe, secondo la Corte, a un’irragionevole estensione di un beneficio (la non procedibilità) a situazioni per le quali non era stato pensato, con il rischio di creare una sorta di impunità generalizzata per fatti, anche gravi, commessi prima dell’espulsione-sanzione.

le conclusioni

La sentenza consolida due importanti principi. In primo luogo, il concordato in appello è un istituto che, sebbene vantaggioso per l’imputato, comporta una significativa rinuncia alla possibilità di contestare vizi procedurali pregressi. Chi sceglie questa strada deve essere consapevole che la sua attenzione si sposta dalla regolarità formale del procedimento alla sola congruità e legalità della pena pattuita. In secondo luogo, non tutte le espulsioni sono uguali ai fini processuali. La possibilità di ottenere una sentenza di non luogo a procedere è strettamente legata alla natura amministrativa del provvedimento di allontanamento e non può essere invocata quando l’espulsione rappresenta l’esecuzione di una condanna penale.

Stipulare un concordato in appello impedisce di sollevare la nullità per mancata traduzione degli atti?
Sì. Secondo la sentenza, l’accesso alla modalità concordata della pena preclude all’imputato alloglotta la possibilità di eccepire la nullità derivante dalla mancata traduzione degli atti, poiché la libera scelta del rito presuppone la conoscenza del contenuto degli atti e il superamento delle nullità verificatesi.

L’espulsione dello straniero dal territorio nazionale comporta sempre l’archiviazione del procedimento penale a suo carico?
No. La causa di non procedibilità si applica solo nei casi di espulsione a carattere amministrativo (prevista dall’art. 13 del d.lgs. 286/1998) e non può essere estesa ai casi di espulsione disposta a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione (art. 16 dello stesso decreto).

È possibile contestare in Cassazione la mancata concessione di attenuanti generiche se la questione non era stata sollevata nel precedente ricorso che ha portato all’annullamento con rinvio?
No. Il giudice del rinvio è tenuto a uniformarsi alla sentenza di annullamento per le questioni di diritto in essa decise. Se un profilo, come quello delle attenuanti generiche, non è stato oggetto del precedente motivo di ricorso per cassazione, la questione si considera coperta da giudicato e non può essere riesaminata in sede di rinvio né, di conseguenza, nel successivo ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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