Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6585 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6585 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), nato in Gambia il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza in data 24/05/2023 della Corte di appello dì Milano, terza sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1 -bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5 -duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per
l’annullamento senza rinvio con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Milano.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 24/05/2023, la Corte di appello di Milano confermava la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Milano che, in data 21/06/2022, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni due di reclusione ed euro 400 di multa per i reati, avvinti dal vincolo della continuazione, di tentata rapina (capo 1) e di lesioni personali aggravate (capi 2 e 3).
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: violazione di legge in relazione agli artt. 599-bis, comma 3, cod proc. pen. e 598-bis, comma 1, cod. proc. pen.
In data 11/03/2023, a seguito di impugnazione presentata dalla difesa dell’imputato, la Corte d’appello di Milano emetteva decreto di citazione a giudizio per l’udienza del 24/05/2023.
In data 26/04/2023, la difesa depositava proposta di concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen. con il parere favorevole del Procuratore generale e rinuncia agli altri motivi di appello.
All’udienza del 24/05/2023, la Corte d’appello, in camera di consiglio, ritenendo di non accogliere la proposta di concordato, pronunciava l’impugnata sentenza, senza emettere alcun provvedimento che prevedesse la prosecuzione in udienza dibattimentale o camerale partecipata, con evidente violazione dei diritti di difesa.
La Corte d’appello avrebbe dovuto applicare l’art. 599-bis cod. proc. pen., così come riformato dal d.lgs. 10/10/2022, n. 150, entrato in vigore il 30/12/2022. Infatti, a partire dall’1/1/2023, il giudizio di appello si celebra ordinariamente i camera di consiglio, senza la partecipazione delle parti, ai sensi del nuovo art. 598-bis, comma 1, cod. proc. pen.; l’art. 94, comma 2, d.lgs. n. 150/2022 fissa l’applicazione di queste norme in seguito alla scadenza del termine fissato dall’art. 16, comma 1, d.l. n. 228/2021, convertito con modifiche dalla legge n. 15/2022, e cioè alla scadenza del termine (31/12/2022) fissato per la vigenza della normativa processuale emergenziale Covid-19.
In violazione delle riformate norme processuali, la Corte d’appello ha dichiarato in sentenza che il giudizio si è celebrato in camera di consiglio, senza
l’intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 -bis I. 176/2020, come era previsto nel procedimento di appello camerale cartolare emergenziale.
Invero, il procedimento avrebbe dovuto svolgersi nelle forme di cui all’art. 598-bis cod. proc. pen., poiché il giudizio è stato avviato sulla base di un decreto di citazione emesso dopo l’1/1/2023. Le parti hanno correttamente presentato proposta di concordato con le modalità e i termini previsti dalle novellate norme processuali, certamente applicabili sia allorquando è stato emesso il decreto di citazione (11/03/2023), che peraltro non conteneva alcun riferimento all’art. 23bis I. 176/2020, sia alla presentazione del concordato, sia all’udienza del 24/05/2023.
L’inosservanza delle suddette norme processuali, comportando una violazione delle disposizioni concernenti la partecipazione delle parti al procedimento ai sensi dell’art. 178, lett. b) e c) cod. proc. pen., determina la nullità della sentenza emessa in grado di appello e la necessità di annullamento con rinvio affinchè sia assicurata la piena attuazione dei diritti di difesa.
Secondo motivo: contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La Corte territoriale, con brevi argomentazioni, opinabili e tutt’altro che giuridiche, che “gli aspetti di gravità oggettiva e soggettiva dei fatti … osta all’accoglimento della proposta”. Non è dato comprendere per quale ragione la pena determinata dalle parti non sia “congruamente rapportata ai fatti”.
Terzo motivo: mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
La Corte d’appello ha liquidato in poche righe, contraddittorie, la rilevata assenza dell’elemento soggettivo del reato, e segnatamente della consapevolezza di adoperare violenza per garantirsi l’impunità, con conseguente richiesta difensiva di derubricare il reato di tentata rapina impropria in quello di tentato furto, olt che di disporre l’assoluzione per il capo 2).
Quarto motivo: violazione di legge in relazione all’omesso riconoscimento della prevalenza/equivalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata recidiva, per violazione dell’art. 69 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione al primo assorbente motivo.
Occorre premettere che, l’articolo 17 del decreto legge 22 giugno 2023, n. 75 (cosiddetto D.L. “Pubblica amministrazione”, entrato in vigore il 25 giugno 2023, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112), sostituendo il comma 2 dell’articolo 94 del D.Igs. 150/2022 (già modificato
dall’articolo 5 -duodecies del d.l. 162/2022 convertito, con modifiche, dalla legge 199/2022), stabilisce che: “Per le impugnazioni proposte sino al quindicesimo giorno successivo alla scadenza del termine del 31 dicembre 2023 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui agli articoli 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, e 23 -bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176”.
Fermo COGNOME quanto COGNOME precede, COGNOME occorre COGNOME rilevare COGNOME che la nuova norma di diritto intertemporale – esattamente come quella sostituita recepisce il generale principio tempus regit actum, sicché, per individuare la disciplina regolatrice dello svolgimento, nella specie, dei giudizi di impugnazione, occorre fare riferimento al regime giuridico vigente al momento in cui l’atto introduttivo di impugnazione è stato proposto.
Ne consegue che, per tutti i gravami proposti e proponendi entro il 15 gennaio 2024, anche le fasi successive del procedimento impugnatorio continueranno a essere disciplinate dalla vigente normativa emergenziale, indipendentemente dalla circostanza che l’udienza di trattazione sia, evidentemente, successiva alla scadenza di tale termine, con conseguente ulteriore slittamento della definitiva entrata in vigore della riforma Cartabia che, in concreto, vedrà la luce quando saranno esaurite le udienze celebrate col “vecchio” rito Covid.
Pertanto, in forza della novella recata dall’articolo 17 del d.l. 75/2023, per tutte le impugnazioni proposte fino al 15 gennaio 2024 si continueranno ad applicare ultrattivamente le disposizioni processuali già dettate dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 (più volte prorogate dopo la cessazione dello stato di emergenza) riguardanti:
la trattazione dei ricorsi per cassazione, di regola, in camera di consiglio e con modalità da remoto, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori, salvo che una delle parti o il Procuratore generale facciano richiesta di discussione orale (articolo 23, comma 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e comma 9, d.l. 137/2020);
la trattazione dei giudizi di appello anch’essa “cameralizzata” e con modalità da remoto, senza la partecipazione di pubblico ministero e dei difensori delle parti, salvo le ipotesi di rinnovazione dibattimentale ovvero di espressa richiesta scritta di trattazione orale (articolo 23 -bis, commi 1, 2, 3 e 4, d.l. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176/2020).
Nella fattispecie, il ricorrente ha articolato il motivo di impugnazione facendo leva sul nuovo dettato dell’art. 599-bis cod. proc. pen. così come
formulato a seguito della “Riforma Cartabia”, che ha introdotto a regime la possibilità della trattazione dei ricorsi – in appello e in cassazione – in forma partecipata o in forma cartolare.
3.1. Invero, il novellato art. 599-bis, comma 3, cod. proc. pen., nella parte che qui rileva, non è entrato in vigore il 31 dicembre 2022, in concomitanza con l’entrata in vigore del d.lgs. 150 del 2022. Invero, in base alla disciplina transitori prevista dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, le norme relative alla nuova disciplina del giudizio di appello entreranno in vigore dopo la cessazione del regime processuale introdotto, in via temporanea, dalla normativa emerg en zia le.
Alla data della pronuncia impugnata – 24 maggio 2023 – pertanto, il novellato art. 599, comma 3, cod. proc. pen. non era vigente e, quindi, la Corte di appello non era tenuta a fissare, sulla base della predetta norma, la discussione orale a fronte del mancato riconoscimento del concordato in appello.
3.2. Tuttavia, a prescindere dall’errato riferimento normativo, il motivo di ricorso – nella parte in cui lamenta la lesione del diritto di difesa a seguit dell’impossibilità di interloquire a seguito del rigetto della richiesta di concordato risulta ugualmente fondato.
Occorre rilevare, infatti, come al momento della decisione risultava applicabile la previgente previsione dell’art. 599-bis, comma 3, cod. proc. pen., interpretato nel senso che la citazione dell’imputato a comparire in dibattimento, in seguito al rigetto della richiesta di pena concordata ex art. 599-bis cod. proc. pen., è dovuta solo se tale richiesta sia stata formulata prima e fuori dall’udienza fissata ai sensi dell’art. 601 cod. proc. pen. (cfr., Sez. 6, n. 17875 del 22/04/2022, M., Rv. 283464-02; Sez. 6, n. 9650 del 27/01/2022, COGNOME, non mass.).
Nell’affermare tale principio, la Corte ha precisato che la sua applicabilità è limitata al caso in cui il giudice di appello decida sulla richiesta di concordato i una apposita udienza in camera di consiglio. Diverso è il caso in cui l’udienza anche se camerale non partecipata e con trattazione scritta – risulti fissata per l’esame dell’appello e, quindi, non per la sola pronuncia sulla richiesta di concordato. In buona sostanza, quindi, deve ritenersi che la fattispecie in esame era disciplinata dalla norma previgente, dettata per un sistema che, però, non contemplava la possibilità della trattazione scritta in alternativa a quella orale e che, di conseguenza, non disciplinava espressamente l’ipotesi in cui nell’udienza fissata per il giudizio di appello ex art. 601 cod. proc. pen. venisse rigettata la richiesta di concordato.
Nell’assetto codicistico originario, infatti, la necessaria presenza delle parti rendeva superfluo la fissazione di una nuova udienza nel caso di rigetto della richiesta di concordato, proprio perché le parti erano già presenti in udienza e,
quindi, in quella sede avevano la possibilità di interloquire e, eventualmente, rimodulare l’accordo. Tale possibilità non è più consentita nel regime emergenziale posto che, qualora si sia optato per la trattazione scritta, l’udienza si svolge senza la presenza delle parti e, quindi, queste non hanno la possibilità di interloquire in ordine al rigetto dell’accordo. Proprio per tale ragione, del resto, la novella introdotta con il d.lgs. 150 del 2022 ha ritenuto di prevedere espressamente il rinvio dell’udienza con la partecipazione in presenza, qualora non sia accolto il concordato sui motivi preventivamente formulato.
3.3. Quanto detto impone di individuare una soluzione idonea a salvaguardare il diritto all’effettiva partecipazione ed allo svolgimento del diritto di difesa con espresso riferimento alla disciplina emergenziale, che da un lato prevede la trattazione scritta in alternativa a quella orale, ma che al contempo non ha espressamente disciplinato (come avvenuto solo con il d.lgs. 150 del 2022) l’ipotesi del mancato accoglimento del concordato sui motivi.
A tal proposito, di ritiene che la soluzione corretta sia quella di valorizzare la ratio sottesa all’art. 599-bis cod. proc. pen. nella formulazione applicabile ratio temporis, ritenendo che la necessaria citazione dell’imputato a comparire in dibattimento, in seguito al rigetto della richiesta di pena concordata, è dovuta non solo se tale richiesta sia stata formulata prima e fuori dall’udienza fissata ai sensi dell’art. 601 cod. proc. pen., ma anche quando la richiesta è stata proposta nell’ambito del rito a trattazione scritta disciplinato dalla normativa emergenziale. In entrambi i casi, infatti, ciò che rileva è che la parte – legittimamente confidando nell’accoglimento della richiesta ex art. 599-bis cod. proc. pen. – non ha la possibilità, nel caso di rigetto, né di riformulare la richiesta, né di concludere ne merito, eventualmente articolando le difese con la memoria da depositare entro cinque giorni prima dall’udienza.
Si tratta, in sostanza, di un’interpretazione adeguatrice del dettato dell’art. 599-bis cod. proc. pen. ante riforma, volta a contemperare le esigenze della difesa con le forme della trattazione cartolare.
Tale soluzione, peraltro, è stata già ritenuta applicabile nel regime derogatorio introdotto a seguito dell’emergenza pandemica, essendosi affermato che è affetta da nullità a regime intermedio ex artt. 178, comma 1, lett. c), e 180 cod. proc. pen. la sentenza emessa nell’udienza cartolare prevista dalla disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, dopo il rigetto della richiesta di concordato e senza che sia disposto rinvio per consentire all’imputato la proposizione di un nuovo accordo (Sez. 2, n. 43198 del 16/09/2022, Deraga, Rv. 283853).
3.4. Questa Suprema Corte non ignora l’esistenza di un principio parzialmente difforme, secondo cui in tema di concordato con rinuncia ai motivi di
Pt. COGNOME
appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., nel caso in cui la richiesta sia avanzata per iscritto senza che sia stata formulata istanza di trattazione orale, il procedimento si celebra con rito cartolare anche nel caso in cui l’anzidetta richiesta sia rigettata, senza che ciò comporti lesione del diritto al contraddittorio e la Corte di appello decide avuto riguardo alle conclusioni rassegnate in via subordinata dalle parti nella richiesta di applicazione della pena concordata (cfr., Sez. 2, n. 23288 del 24/03/2023, COGNOME, Rv. 284731; Sez. 2, n. 45287 del 17/10/2023, Santacruz, Rv. 285347).
Tale affermazione, tuttavia, riguarda una fattispecie non del tutto assimilabile a quella in esame, nella quale l’appellante aveva concluso chiedendo la definizione con il concordato sulla pena e, in subordine, la fissazione di nuova udienza per la discussione, non avendo in ogni caso formulato le proprie conclusioni. Il caso che ci occupa, infatti, costituisce un’ipotesi ben diversa da quella esaminata nella richiamata sentenza, nella quale, invece, la parte aveva concluso anche nel merito, in tal modo esercitando il contraddittorio in maniera piena ed implicitamente accettando che l’epilogo potesse essere diverso dall’accoglimento del concordato sui motivi.
3.5. Tenendo conto di quanto finora affermato dalla giurisprudenza deve, pertanto, riaffermarsi nella fattispecie il principio secondo cui è affetta da nullità regime intermedio ex artt. 178, comma 1, lett. c), e 180 cod. proc. pen. la sentenza emessa nell’udienza cartolare prevista dalla disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, dopo il rigetto della richiesta di concordato e senza che sia disposto rinvio per consentire all’imputato la proposizione di un nuovo accordo, qualora l’appellante, con le proprie conclusioni scritte, abbia richiesto l’accoglimento del concordato in appello, senza concludere anche nel merito, sia pur in via subordinata, per l’ipotesi del rigetto dell’accordo ex art. 599-bis cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 37981 del 12/07/2023, COGNOME, Rv. 285182).
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata ed ordine di trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di appello di Milano per l’ulteriore corso. Ogni altra questione dedotta rimane assorbita.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte di appello di Milano per l’ulteriore corso. Così deciso in Roma il 11/01/2024.