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Concordato in appello: no ricorso sulla colpevolezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver ottenuto una riduzione di pena tramite un “concordato in appello”, ha cercato di contestare la propria colpevolezza. La Corte ha chiarito che l’accordo sulla pena implica una rinuncia a tutti gli altri motivi di impugnazione, limitando la cognizione del giudice ai soli punti concordati e precludendo una successiva discussione sulla responsabilità penale.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: L’Accordo sulla Pena Esclude il Ricorso sulla Colpevolezza

L’istituto del concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica per la difesa, ma comporta conseguenze definitive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: chi accetta di concordare la pena in secondo grado rinuncia implicitamente a contestare la propria colpevolezza. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado per il reato di furto aggravato, decideva di ricorrere in appello. In quella sede, le parti raggiungevano un accordo, noto come concordato in appello, per una rideterminazione della pena. La Corte d’Appello, accogliendo la richiesta, riduceva la condanna a 4 anni e 8 mesi di reclusione, oltre a una multa.

Nonostante l’accordo raggiunto e il beneficio ottenuto, l’imputato presentava ricorso per Cassazione. L’unico motivo di doglianza era la presunta violazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, sostenendo che i giudici d’appello avrebbero dovuto proscioglierlo nel merito, anziché limitarsi a ratificare l’accordo sulla pena.

La Questione Giuridica e i Limiti del Concordato in Appello

Il nucleo della questione giuridica verte sui limiti della cognizione del giudice e sui diritti dell’imputato una volta che si è scelto il percorso del concordato in appello. La domanda è: l’accordo sulla pena preclude la possibilità di contestare successivamente la propria responsabilità penale?

L’articolo 599-bis c.p.p. stabilisce che le parti possono chiedere alla Corte d’Appello di concordare sull’accoglimento, totale o parziale, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se l’accordo comporta una nuova determinazione della pena, le parti devono indicare anche la sanzione concordata. Questo meccanismo deflattivo del contenzioso si fonda su una logica di scambio: una pena più mite in cambio della rinuncia a contestare altri aspetti della sentenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara interpretazione della norma. Secondo gli Ermellini, la scelta di aderire al concordato in appello costituisce una rinuncia a tutti i motivi non inclusi nell’accordo. Di conseguenza, il ricorrente non poteva più mettere in discussione il giudizio sulla sua responsabilità, avendo volontariamente limitato il dibattito processuale alla sola entità della sanzione.

La Corte ha sottolineato la differenza fondamentale tra questo istituto e il patteggiamento in primo grado. Mentre nel patteggiamento il giudice è comunque tenuto a verificare l’assenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., nel concordato in appello la cognizione del giudice è circoscritta ai soli motivi che formano oggetto dell’accordo. Accettando il concordato, l’imputato prende atto della sentenza di condanna e si concentra esclusivamente sull’ottenimento di un trattamento sanzionatorio più favorevole.

Pertanto, non sussiste alcun obbligo per la Corte d’Appello di motivare il mancato proscioglimento quando le parti hanno già trovato un’intesa sulla pena. Il ricorso per Cassazione su questioni a cui si è rinunciato è, per definizione, inammissibile.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: il concordato in appello è un atto processuale che implica una scelta consapevole e definitiva. L’imputato che ottiene una riduzione della pena tramite questo strumento non può, in un secondo momento, tentare di riaprire la discussione sulla propria colpevolezza. Questa pronuncia rafforza la natura dispositiva dell’istituto, sottolineando che i benefici processuali comportano la rinuncia a determinate facoltà difensive. Per la difesa, è quindi cruciale ponderare attentamente questa opzione, essendo consapevoli che la via del concordato chiude definitivamente la porta a ogni contestazione sul merito della condanna.

Se accetto un “concordato in appello” per ridurre la pena, posso ancora fare ricorso in Cassazione sostenendo di essere innocente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’accordo sulla pena in appello implica la rinuncia a tutti gli altri motivi di ricorso, inclusi quelli relativi alla responsabilità penale. Accettando il concordato, ci si concentra solo sulla sanzione, precludendosi la possibilità di contestare la colpevolezza.

Qual è la differenza tra il “concordato in appello” e il patteggiamento in primo grado riguardo l’obbligo del giudice di prosciogliere?
Nel patteggiamento di primo grado, il giudice deve sempre verificare che non esistano cause di proscioglimento evidenti (art. 129 c.p.p.). Nel “concordato in appello”, invece, il giudice non ha questo obbligo, perché la sua valutazione è limitata ai soli motivi oggetto dell’accordo tra le parti, escludendo quelli a cui si è rinunciato.

Cosa succede se si propone un ricorso in Cassazione per motivi a cui si è rinunciato con il concordato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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