LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in appello: no al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21396/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello emessa a seguito di un ‘concordato in appello’. La Suprema Corte ha ribadito che, secondo l’art. 599-bis del codice di procedura penale, le sentenze che recepiscono un accordo tra le parti sulla pena non possono essere ulteriormente impugnate, sancendo la definitività di tale accordo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Concordato in Appello: una Strada Senza Ritorno verso la Cassazione

Il processo penale offre diversi strumenti per definire una controversia in modo più rapido, evitando i tre gradi di giudizio. Uno di questi, introdotto dalla Riforma Orlando, è il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare la natura di questo istituto e, soprattutto, i suoi effetti sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Con questa pronuncia, la Suprema Corte ha infatti ribadito un principio fondamentale: la sentenza che accoglie l’accordo tra le parti in appello non è ricorribile per Cassazione.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un imputato. Quest’ultimo impugnava la sentenza della Corte di Appello di Genova, la quale aveva rideterminato la sua pena. Tale rideterminazione, però, non era il risultato di un ordinario processo d’appello, ma la conseguenza di una richiesta concorde delle parti e della rinuncia ai motivi di impugnazione, secondo la procedura del concordato in appello.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare un ulteriore ricorso alla Suprema Corte, lamentando vizi di motivazione in merito alla sua responsabilità penale.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le pretese del ricorrente, dichiarando il ricorso manifestamente inammissibile. I giudici hanno agito con una procedura snella, cosiddetta de plano, senza nemmeno la necessità di un’udienza, a riprova della palese impossibilità di accogliere l’impugnazione.

La Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per chi adisce la Suprema Corte con ricorsi inammissibili.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione della normativa che regola il concordato in appello. La Corte ha spiegato che l’articolo 599-bis del codice di procedura penale delinea un istituto basato su un accordo processuale. Le parti, ovvero accusa e difesa, concordano sulla qualificazione giuridica dei fatti e sull’entità della pena, rinunciando ai motivi di appello precedentemente presentati.

Il ruolo del giudice d’appello, in questo scenario, è quello di un controllore: deve verificare che l’accordo rispetti i limiti di legge e che la pena proposta sia congrua. Una volta effettuato questo controllo e ratificato l’accordo con una sentenza, la decisione acquisisce una stabilità particolare.

La legge stessa, all’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, preclude espressamente la possibilità di presentare ricorso per Cassazione contro le sentenze emesse ai sensi dell’art. 599-bis. Tentare di impugnare una tale decisione, come ha fatto il ricorrente, equivale a contestare un patto processuale a cui si è liberamente aderito, un comportamento che l’ordinamento non consente.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la natura definitiva del concordato in appello. Chi sceglie questa via processuale deve essere consapevole che sta compiendo una scelta che chiude la porta a ulteriori contestazioni nel merito. L’istituto mira a deflazionare il carico giudiziario e a garantire una rapida definizione del processo, ma ciò avviene al prezzo della rinuncia a un ulteriore grado di giudizio. La decisione della Cassazione funge da monito: l’accordo sulla pena in appello è un patto serio e vincolante, la cui violazione attraverso un ricorso pretestuoso comporta non solo l’inammissibilità, ma anche sanzioni economiche.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza d’appello che applica una pena concordata tra le parti?
No, la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, che recepisce un accordo tra le parti (‘concordato in appello’), non è ulteriormente impugnabile con ricorso per Cassazione, come stabilito dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p.

Qual è la funzione del ‘concordato in appello’ previsto dall’art. 599-bis c.p.p.?
È un istituto che permette alle parti processuali (accusa e difesa) di accordarsi sull’entità della pena e sulla qualificazione giuridica dei fatti, rinunciando ai motivi di appello. Il giudice d’appello ha il compito di verificare la correttezza dell’accordo e la congruità della pena prima di ratificarlo con sentenza.

Cosa succede se si presenta ugualmente un ricorso contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come nel caso di specie, la Corte di Cassazione lo rigetta con una procedura semplificata (‘de plano’) e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati