Concordato in Appello: Quando l’Accordo Chiude le Porte alla Cassazione
L’istituto del concordato in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza strategica. Permette alle parti di accordarsi sulla pena in secondo grado, ma quali sono le conseguenze di tale scelta? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che l’accordo preclude la possibilità di presentare un successivo ricorso per le questioni oggetto di rinuncia, rendendolo inammissibile. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato dal difensore di un imputato condannato per il reato di cui all’art. 385 del codice penale. In secondo grado, la difesa aveva richiesto e ottenuto l’applicazione del concordato in appello. La Corte d’Appello di Milano, accogliendo la richiesta, aveva ridotto la pena nella misura concordata, confermando nel resto la condanna.
Nonostante l’accordo, che presupponeva la rinuncia agli altri motivi di appello, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione relativo alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p.
La Decisione della Corte e gli Effetti del Concordato in Appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine: l’accordo raggiunto tramite il concordato in appello ha un effetto preclusivo che si estende all’intero svolgimento processuale, incluso il giudizio di legittimità.
Quando l’imputato, attraverso il suo difensore, accetta di concordare la pena, esercita un potere dispositivo riconosciutogli dalla legge. Tale scelta comporta necessariamente la rinuncia a far valere altre doglianze. Questa rinuncia non limita solo la cognizione del giudice d’appello, ma impedisce che le stesse questioni possano essere riproposte in sede di Cassazione.
Le Motivazioni della Scelta
La Suprema Corte ha spiegato che il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599 bis c.p.p. produce effetti analoghi a quelli della rinuncia all’impugnazione. Se un imputato rinuncia a determinati motivi per ottenere un beneficio (la riduzione della pena concordata), non può successivamente tentare di ‘riaprire’ la partita su quei punti in un grado di giudizio superiore.
Il ricorso è stato quindi ritenuto inammissibile perché verteva su questioni a cui l’interessato aveva implicitamente ma inequivocabilmente rinunciato in funzione dell’accordo. La Corte ha sottolineato che tale inammissibilità va dichiarata senza formalità di rito, con una trattazione non partecipata, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale.
In conseguenza dell’inammissibilità, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale per la difesa tecnica: la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Se da un lato offre il vantaggio certo di una riduzione della pena, dall’altro cristallizza la pronuncia di condanna su tutti i punti non contestati o oggetto di rinuncia. È quindi essenziale valutare attentamente tutti gli aspetti del caso prima di intraprendere questa strada, poiché preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni, anche potenzialmente fondate come quella sulla tenuità del fatto, che rientrano nell’ambito della rinuncia effettuata per raggiungere l’accordo.
È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver concluso un “concordato in appello”?
No, il ricorso è inammissibile per le questioni a cui si è rinunciato, implicitamente o esplicitamente, in funzione dell’accordo sulla pena in appello.
La rinuncia ai motivi di appello per ottenere il concordato preclude anche di sollevare in Cassazione la questione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Sì. Secondo la Corte, l’accordo sulla pena ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, compreso il giudizio di legittimità, per tutti i punti che sono stati oggetto di rinuncia per ottenere il beneficio della riduzione di pena.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che in questa specifica vicenda è stata quantificata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19668 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19668 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
ato avviso al GLYPH r udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso presentato dal difensore di NOME contro la sentenza n. 7242/2023 con cui la Corte di appello di Milano, accogliendo la richiesta di concordato sulla pena ex art. 599 bis cod. proc. pen., con rinuncia agli altri motivi di appello, ha confermato la condanna inflitta al ricorrente per il reato di cui all’art. 385 cod.pen., con la conseguente riduzione della pena nella misura concordata dalle parti, è inammissibile.
Nel dedurre, peraltro in termini del tutto generici, vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art.131-bis cod. pen. il ricorso per cassazione concernente questioni a cui l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello, è inammissibile perché il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599 bis cod. proc. pen. non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Rv. 2731940; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014; Sez. 6, n. 8912 del 20/02/2018, Rv. 272389). L’inammissibilità del ricorso va dichiarata senza formalità di rito e con trattazione camerale non partecipata, con ordinanza ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014; Sez. 6, n. 8912 del 20/02/2018, Rv. 272389).
Dalla inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende