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Concordato in appello: l’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un concordato in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. e rinunciato agli altri motivi, aveva impugnato la sentenza per la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. La Suprema Corte ribadisce che la rinuncia ai motivi preclude la loro riproposizione in sede di legittimità.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione Diventa Impossibile

L’istituto del concordato in appello, previsto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica fondamentale per l’imputato. Attraverso questo accordo con la Procura Generale, si può ottenere una ridefinizione della pena, ma a un prezzo ben preciso: la rinuncia agli altri motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze irreversibili di tale scelta, dichiarando inammissibile il ricorso presentato da un imputato che, dopo l’accordo, ha tentato di sollevare questioni precedentemente abbandonate.

Il Caso: Dal Concordato in Appello al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Brescia. Durante il giudizio di secondo grado, l’imputato e il Procuratore Generale avevano raggiunto un accordo sulla pena, applicando l’istituto del concordato in appello. Contestualmente alla richiesta di applicazione del trattamento sanzionatorio concordato, l’imputato aveva rinunciato espressamente agli altri motivi di gravame.

Nonostante ciò, lo stesso imputato ha successivamente proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione relativo alla mancata applicazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, che prevede il proscioglimento immediato in presenza di determinate cause. In sostanza, si tentava di rimettere in discussione un aspetto del merito a cui si era implicitamente rinunciato con l’accordo sulla pena.

La Decisione della Cassazione e il consolidato orientamento

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e pacifico. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio cardine: l’accordo sulla pena in appello comporta una rinuncia tombale ai motivi che non riguardano l’accordo stesso. Pertanto, tali motivi non possono essere riproposti in un successivo ricorso per cassazione.

Le Motivazioni: La Rinuncia ai Motivi è Vincolante e Irretrattabile

Il cuore della motivazione della Corte risiede nella natura stessa del concordato in appello. Tale istituto processuale si basa su un patto tra accusa e difesa che, una volta recepito dal giudice, cristallizza il trattamento sanzionatorio. La rinuncia ai motivi d’appello è un presupposto essenziale e inscindibile di questo accordo.

La Corte ha specificato che sono inammissibili non solo i ricorsi che ripropongono i motivi oggetto di rinuncia, ma anche quelli che contestano:

* La formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
* Il consenso prestato dal Procuratore Generale.
* Il contenuto della pronuncia del giudice, anche se difforme dall’accordo (salvo casi eccezionali).

Citando un proprio precedente (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018), la Corte ha rafforzato il concetto che le doglianze relative alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. rientrano a pieno titolo tra i motivi rinunciati e, di conseguenza, non possono trovare ingresso nel giudizio di cassazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Scelta del Concordato

L’ordinanza conferma che la scelta di aderire al concordato in appello è un bivio processuale dalle conseguenze definitive. Se da un lato offre il vantaggio di una potenziale riduzione della pena e della certezza del risultato sanzionatorio, dall’altro preclude ogni ulteriore discussione sui motivi di appello a cui si è rinunciato. La decisione di inammissibilità comporta, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, in questo caso quantificata in tremila euro. Questa pronuncia serve da monito: la difesa tecnica deve ponderare con estrema attenzione i pro e i contro di tale istituto, illustrando chiaramente all’assistito che la strada del concordato chiude definitivamente le porte a un ulteriore esame dei motivi di merito in sede di legittimità.

Cosa succede se, dopo aver accettato un concordato in appello, si presenta comunque un ricorso in Cassazione per motivi a cui si era rinunciato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione, seguendo un orientamento consolidato, ritiene che l’accordo sulla pena in appello implichi una rinuncia definitiva e vincolante ai motivi di impugnazione non legati all’accordo stesso.

È possibile contestare in Cassazione le modalità con cui si è arrivati al concordato in appello, come la formazione della propria volontà o il consenso del PM?
No, l’ordinanza chiarisce che sono inammissibili anche le doglianze relative alla formazione della volontà della parte, al consenso del Procuratore Generale o al contenuto della pronuncia del giudice, in quanto aspetti superati dall’accordo stesso.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile in questo contesto?
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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