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Concordato in appello: l’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di tre imputati che, dopo aver accettato un concordato in appello sulla pena, avevano comunque impugnato la sentenza. La Suprema Corte chiarisce che l’accordo implica una rinuncia a ulteriori motivi di gravame, producendo un effetto preclusivo che si estende anche al giudizio di legittimità. I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione Diventa Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma le sue implicazioni procedurali possono essere definitive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’accordo sulla pena in secondo grado preclude la possibilità di un successivo ricorso per motivi che si intendono rinunciati. Analizziamo questa importante decisione.

La Vicenda Processuale: Dal Concordato al Ricorso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda tre imputati che, in sede di appello, avevano richiesto e ottenuto l’applicazione del concordato in appello. Attraverso questo accordo con la pubblica accusa, avevano accettato una determinata riduzione della pena, rinunciando contestualmente agli altri motivi di gravame presentati. La Corte d’Appello, accogliendo la richiesta, aveva quindi confermato la condanna, rimodulando la sanzione secondo i termini pattuiti.

Nonostante l’accordo raggiunto, i difensori degli imputati hanno presentato ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione sia nella determinazione della pena, sia nella mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. (obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità).

La Decisione della Cassazione sul Concordato in Appello

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato i ricorsi presentati inammissibili. La decisione è stata presa senza le formalità di rito, attraverso una trattazione camerale non partecipata, una procedura snella riservata ai casi di manifesta inammissibilità. I giudici di legittimità hanno ritenuto che le questioni sollevate dai ricorrenti fossero precluse dall’accordo precedentemente siglato in appello. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su un’interpretazione rigorosa della natura e degli effetti del concordato in appello. I giudici hanno spiegato che l’accordo sulla pena, ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p., non è solo un atto che definisce la sanzione, ma un vero e proprio atto dispositivo che limita la cognizione del giudice di secondo grado e produce effetti preclusivi sull’intero svolgimento del processo.

Nel momento in cui l’imputato accetta di concordare la pena, rinunciando agli altri motivi di appello, compie una scelta processuale che equivale a una rinuncia all’impugnazione per quei specifici punti. Questo atto di rinuncia, funzionale all’ottenimento di un trattamento sanzionatorio più mite, si estende logicamente anche al giudizio di legittimità. Pertanto, presentare un ricorso in Cassazione sollevando questioni a cui si era già rinunciato in appello costituisce un comportamento processualmente non consentito. La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui il potere dispositivo riconosciuto alla parte ha effetti che bloccano ogni ulteriore contestazione sui punti oggetto di rinuncia.

Le Conclusioni

La pronuncia della Cassazione offre un importante monito per la strategia difensiva. La scelta di accedere al concordato in appello deve essere attentamente ponderata, poiché comporta una rinuncia definitiva alla possibilità di contestare la condanna su tutti i motivi non relativi all’accordo. Se da un lato permette di ottenere una riduzione certa della pena, dall’altro chiude la porta a un eventuale giudizio di legittimità sui profili di doglianza abbandonati.

Questa decisione rafforza la natura pattizia dell’istituto, sottolineando come la volontà delle parti, una volta formalizzata nell’accordo, diventi il perno della decisione giudiziale e non possa essere rimessa in discussione in sedi successive. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’assistenza legale in questa fase deve essere particolarmente chiara nell’illustrare al cliente le conseguenze irrevocabili della scelta del concordato.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (art. 599 bis c.p.p.)?
No, secondo la Corte di Cassazione l’accordo sulla pena in appello ha un effetto preclusivo. Accettando il concordato, l’imputato rinuncia implicitamente a presentare ulteriori motivi di impugnazione sui punti oggetto di rinuncia, rendendo inammissibile un successivo ricorso.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita equitativamente dal giudice, in favore della cassa delle ammende.

Perché il concordato in appello limita il diritto di impugnazione?
Perché l’accordo è un atto dispositivo con cui la parte rinuncia volontariamente a far valere determinati motivi di appello in cambio di una riduzione della pena. Questa rinuncia ha effetti sull’intero processo, impedendo che le stesse questioni possano essere riproposte nel successivo giudizio di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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