Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione Diventa Inammissibile
L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma le sue implicazioni procedurali possono essere definitive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’accordo sulla pena in secondo grado preclude la possibilità di un successivo ricorso per motivi che si intendono rinunciati. Analizziamo questa importante decisione.
La Vicenda Processuale: Dal Concordato al Ricorso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda tre imputati che, in sede di appello, avevano richiesto e ottenuto l’applicazione del concordato in appello. Attraverso questo accordo con la pubblica accusa, avevano accettato una determinata riduzione della pena, rinunciando contestualmente agli altri motivi di gravame presentati. La Corte d’Appello, accogliendo la richiesta, aveva quindi confermato la condanna, rimodulando la sanzione secondo i termini pattuiti.
Nonostante l’accordo raggiunto, i difensori degli imputati hanno presentato ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione sia nella determinazione della pena, sia nella mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. (obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità).
La Decisione della Cassazione sul Concordato in Appello
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato i ricorsi presentati inammissibili. La decisione è stata presa senza le formalità di rito, attraverso una trattazione camerale non partecipata, una procedura snella riservata ai casi di manifesta inammissibilità. I giudici di legittimità hanno ritenuto che le questioni sollevate dai ricorrenti fossero precluse dall’accordo precedentemente siglato in appello. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La Corte ha fondato la sua decisione su un’interpretazione rigorosa della natura e degli effetti del concordato in appello. I giudici hanno spiegato che l’accordo sulla pena, ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p., non è solo un atto che definisce la sanzione, ma un vero e proprio atto dispositivo che limita la cognizione del giudice di secondo grado e produce effetti preclusivi sull’intero svolgimento del processo.
Nel momento in cui l’imputato accetta di concordare la pena, rinunciando agli altri motivi di appello, compie una scelta processuale che equivale a una rinuncia all’impugnazione per quei specifici punti. Questo atto di rinuncia, funzionale all’ottenimento di un trattamento sanzionatorio più mite, si estende logicamente anche al giudizio di legittimità. Pertanto, presentare un ricorso in Cassazione sollevando questioni a cui si era già rinunciato in appello costituisce un comportamento processualmente non consentito. La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui il potere dispositivo riconosciuto alla parte ha effetti che bloccano ogni ulteriore contestazione sui punti oggetto di rinuncia.
Le Conclusioni
La pronuncia della Cassazione offre un importante monito per la strategia difensiva. La scelta di accedere al concordato in appello deve essere attentamente ponderata, poiché comporta una rinuncia definitiva alla possibilità di contestare la condanna su tutti i motivi non relativi all’accordo. Se da un lato permette di ottenere una riduzione certa della pena, dall’altro chiude la porta a un eventuale giudizio di legittimità sui profili di doglianza abbandonati.
Questa decisione rafforza la natura pattizia dell’istituto, sottolineando come la volontà delle parti, una volta formalizzata nell’accordo, diventi il perno della decisione giudiziale e non possa essere rimessa in discussione in sedi successive. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’assistenza legale in questa fase deve essere particolarmente chiara nell’illustrare al cliente le conseguenze irrevocabili della scelta del concordato.
È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (art. 599 bis c.p.p.)?
No, secondo la Corte di Cassazione l’accordo sulla pena in appello ha un effetto preclusivo. Accettando il concordato, l’imputato rinuncia implicitamente a presentare ulteriori motivi di impugnazione sui punti oggetto di rinuncia, rendendo inammissibile un successivo ricorso.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita equitativamente dal giudice, in favore della cassa delle ammende.
Perché il concordato in appello limita il diritto di impugnazione?
Perché l’accordo è un atto dispositivo con cui la parte rinuncia volontariamente a far valere determinati motivi di appello in cambio di una riduzione della pena. Questa rinuncia ha effetti sull’intero processo, impedendo che le stesse questioni possano essere riproposte nel successivo giudizio di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 469 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 469 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato il 17/11/1991 NOME COGNOME nato il 12/08/1998
NOME COGNOME nato a CASTELLANA GROTTE il 13/08/1974
avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato,ei
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi presentati dai difensori di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME contro la sentenza n.5171/2023 con cui la Corte di appello di Venezia, accogliendo la richiesta di concordato sulla pena ex art. 599 bis cod. proc. pen., con rinuncia agli altri motivi di appello, ha confermato la condanna inflitta ai predetti ricorrenti con la conseguente riduzione della pena nella misura concordata dalle parti, sono inammissibili.
Nel dedurre vizio di motivazione in relazione sia alla determinazione della pena che in relazione alla mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., i ricorrenti pongono questioni inammissibili per avervi già rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello.
Il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599 bis cod. proc. pen. non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Rv. 2731940; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014; Sez. 6, n. 8912 del 20/02/2018, Rv. 272389).
L’inammissibilità dei ricorsi va dichiarata senza formalità di rito e con trattazione camerale non partecipata, con ordinanza ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014; Sez. 6, n. 8912 del 20/02/2018, Rv. 272389).
Dalla inammissibilità dei ricorsi deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende Così deciso il giorno il 2 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH