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Concordato in appello: l’inammissibilità del ricorso

Un imputato, condannato per uso indebito di carte di credito, otteneva in appello una riduzione di pena tramite ‘concordato in appello’. Successivamente, proponeva ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che, secondo l’art. 610, comma 5 bis, c.p.p., le sentenze emesse a seguito di un concordato in appello non sono impugnabili. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 17 luglio 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Vietato

L’istituto del concordato in appello, introdotto dalla riforma Orlando (Legge n. 103/2017), rappresenta una scelta strategica fondamentale per la difesa. Con questo strumento, le parti possono accordarsi sulla pena da eseguire, chiudendo di fatto la vicenda processuale in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un punto cruciale: questa scelta comporta la rinuncia a ogni ulteriore impugnazione. Analizziamo come la Suprema Corte ha applicato il principio di inammissibilità del ricorso in un caso emblematico.

I Fatti del Caso

Il procedimento ha origine dalla condanna di un individuo in primo grado, con rito abbreviato, per i reati di concorso in indebito utilizzo di una carta di credito contraffatta e detenzione di altre carte clonate. La vicenda si è svolta a Roma, dove il reato è stato accertato nell’aprile del 2018.

Giunto dinanzi alla Corte d’Appello, l’imputato ha scelto la via del concordato in appello, ai sensi dell’art. 599 bis del codice di procedura penale. La Corte territoriale ha accolto la richiesta di pena concordata, riconoscendo le attenuanti generiche come equivalenti alla recidiva contestata e, di conseguenza, riducendo la sanzione finale. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa ha deciso di presentare ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 129 c.p.p.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere il tentativo di impugnazione, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito del motivo sollevato, ma si è fermata a una valutazione puramente procedurale. In conseguenza della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro a favore della cassa delle ammende.

Le Motivazioni: L’Impatto del Concordato in Appello sulla Ricorribilità

La motivazione della Corte è netta e si fonda su una precisa disposizione normativa. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché proposto avverso una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p. (il cosiddetto concordato in appello).

La stessa legge che ha introdotto questo istituto (L. n. 103/2017) ha contemporaneamente modificato l’art. 610 del codice di procedura penale, inserendo il comma 5 bis. Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che le sentenze emesse in applicazione dell’art. 599 bis non sono ricorribili per cassazione. La volontà del legislatore è chiara: l’accordo tra le parti in appello definisce la controversia e preclude ulteriori gradi di giudizio.

La Corte ha semplicemente applicato questa disposizione, che era in vigore al momento dei fatti. La condanna al pagamento della sanzione alla cassa delle ammende, inoltre, trova fondamento nell’art. 616 c.p.p. e nella giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 186/2000). Tale sanzione viene irrogata quando emerge un profilo di colpa nella proposizione dell’impugnazione, come nel caso di un ricorso presentato contro un divieto di legge esplicito. È una misura che mira a scoraggiare impugnazioni palesemente infondate o dilatorie.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa ordinanza offre un monito fondamentale per gli operatori del diritto. La scelta di accedere al concordato in appello è una decisione che implica una rinuncia definitiva al diritto di impugnare la sentenza in Cassazione. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente i vantaggi (certezza e riduzione della pena) contro lo svantaggio di perdere l’ultimo grado di giudizio. La norma è perentoria e non lascia spazio a interpretazioni: l’accordo sigillato in appello chiude la porta alla Suprema Corte. Ignorare questa regola non solo porta a una declaratoria di inammissibilità, ma espone anche a significative sanzioni economiche.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza decisa con ‘concordato in appello’?
No. L’ordinanza chiarisce che, in base all’art. 610, comma 5 bis, c.p.p., le sentenze pronunciate a seguito di accordo tra le parti in appello (art. 599 bis c.p.p.) non sono ricorribili per cassazione.

Cosa succede se si presenta comunque un ricorso contro una sentenza non appellabile?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla cassa delle ammende?
La condanna si fonda sull’art. 616 c.p.p. e sulla colpa del ricorrente nell’aver proposto un’impugnazione vietata espressamente dalla legge. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare la presentazione di ricorsi palesemente infondati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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